Questo tema è nato dall’articolo «Mia
madre non mi ha mai amata». Al posto di un’introduzione
a esso, nel primo contributo riporto una breve testimonianza della
lettrice. Lei stessa, mandandomela, mi ha scritto: «È breve, ma racchiude parte
importante della mia vita e può farti comprendere meglio il mio dolore». È
evidente che i primi lettori, che hanno scritto, non conoscevano tale
testimonianza.
Che cosa ne pensate? Quali sono al riguardo le vostre
esperienze, idee e opinioni?
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I contributi sul tema
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1. {Patrizia Miceli}
▲
C’era una volta, una ragazzina di nome Patrizia, che aveva un carattere buono e
gioioso, nonostante vivesse in una famiglia, dove le liti fra i genitori
erano all’ordine del giorno, per incompatibilità di carattere. Lei era una
coccolona, desiderosa sempre di dare e ricevere affetto. Ma la sua mamma
era troppo presa a litigare col papà e non trovava il tempo neanche per fare una
carezza o un gesto d’amore a questa sua bimba desiderosa solo anche d’un
sorriso. La bimba, crescendo, era diventata una bella signorina
e finalmente conobbe quello che credeva il suo «principe azzurro».
Finalmente c’era una persona, che le voleva bene. Lo sposò e da questo amore
nacque un bimbo dolcissimo. Dopo 4 anni, Patrizia s’ammalò gravemente, e i
medici le avevano dato poco più di 2 mesi di vita, un’ombra maligna alle ovaie
faceva bella mostra di sé. Allora Patrizia pregò tanto, non per sé stessa, ma
perché non voleva che quel bimbo dolcissimo crescesse senza la sua mamma.
Il bimbo stesso, di nascosto s’inginocchiava nella sua stanzetta e pregava
dicendo: «Gesù, non fare morire la mamma mia, perché io sono piccolino». Il buon
Gesù ascoltò le preghiere del bimbo e miracolosamente i medici non
trovarono più nulla da operare e sbalorditi ricucirono tutto. Ma il diavolo è sempre in agguato e la natura dell’uomo
a volte è imperscrutabile, e il «principe» fuggì con la sua segretaria,
mentre Patrizia era ancora convalescente. Lei allora litigò con Gesù,
chiedendogli come mai le avesse salvato la vita, per poi
farla soffrire in questo modo, lasciandola sola con un bimbo piccolo, in un
paese dove la gente pugnala proprio chi non ha quasi più fiato per vivere. Lei trascinò la sua vita in mezzo a tante difficoltà, e
un giorno, quando era al massimo della disperazione, vide una sottile corda che
pendeva davanti a lei. La prese, la risalì, e all’altro capo c’era Gesù,
che le sorrideva e le diceva: «Non piangere più, ci sono io con te». Pian piano
la mia vita sta cambiando. Ho ritrovato la forza d’andare avanti e di sorridere
ancora, sperando che un giorno la mia solitudine finirà e Dio mi darà tutto
quello che la vita mi ha tolto. Grazie, Gesù. Scrivendomi successivamente, a tale testimonianza lei
ha aggiunto quanto segue: «Il giorno che volevo farla finita, aprii una
Bibbia impolverata, che m’avevano regalato. La aprii a caso, perché non sapevo
neanche, da dove cominciare. lessi Isaia 54... e mi sembrò che Dio parlasse a
me. Desistetti da quel gesto insano e affidai a Dio la mia vita.
{23-05-2010}
2.
{Andrea Gentile}
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Ciao, Nicola,
questa storia certamente rattrista e mette anche rabbia. Forse non sono la
persona migliore per dare consigli, e quello che scrivo qui sotto è molto
sintetico e limitato... ma valuta anche tu se c’è verità in quel che dico.
Premetto ancora che m’esprimo solo sulla base di ciò che è stato postato e non
pretendo di dire tutto, ma solo mettere in evidenza un altro aspetto che
potrebbe essere ulteriormente sviluppato e corretto...
L’essere pieni di grazia verso coloro che non ricambiano l’amore e il
servizio, che facciamo loro, è molto probabilmente un segno che lo Spirito di
Dio agisce in noi, ma questo non significa subire le ingiustizie. In
questo post non è stato ancora menzionato che il «confronto con la madre
è necessario», anzi è auspicato perché anche questo è un atto di grazia. Perfino
la Scrittura dice che bisogna denunciare il peccato affinché si metta in
luce il male e si dia l’opportunità al peccatore di restaurare il proprio
rapporto con Dio e con il prossimo; dare l’opportunità alla persona di
risvegliarsi... (cfr. Efesini 5). Naturalmente questo confronto (o denuncia)
deve essere fatto con amore e non spinti dal rancore (anche se capisco
che può essere difficile). Paolo comunque incoraggia proprio in questo, dicendo:
«Adiratevi e non peccate» (Efesini 4,26); il rancore
potrebbe spingerci a fare / dire qualcosa, di cui ci pentiremmo amaramente.
Si potrebbero portare tantissimi esempi di come Dio, Cristo e altri hanno agito
denunciando il peccato. Ma lo scopo è sempre stato lo stesso: non «vendetta» o
«lo sfogarsi» contro chi ci ha fatto e ancora ci fa del male, ma la
restaurazione «giusta» d’un rapporto.
Naturalmente non conosco tutto il contesto della situazione di questa nostra
sorella in Cristo, e suppongo che ella abbia parlato con sua madre apertamente
del suo cattivo esempio e delle ingiustizie, che ella ha fatto verso la figlia,
ma essendo questo un post di discussione m’auspico che non si dia l’impressione
che la sola unica strada per lei (o per qualsiasi figlio/a) sia il silenzio
sul peccato del genitore e servire subendo le ingiustizie. Anche Gesù
si è arrabbiato con sua madre... Anche questo è giusto.
Prima di chiudere, però, vorrei definire cosa intendo per giusto o giustizia.
Se comprendo bene il pensiero di Dio nella Scrittura, la sua giustizia non
consiste nel punire il peccatore o nella imparziale e fredda applicazione della
sua legge… La giustizia di Dio consiste nella sua azione compassionevole
che mira a risanare i corrotti, rendendoli sani; difendere gli indifesi,
diventando il loro scudo; graziare i peccatori, diventando peccato e morendo al
loro posto! Ora se questa immagine della giustizia di Dio è corretta, allora è
naturale che bisogna mettere in evidenza dove sta il peccato di questa madre,
affinché la si possa risanare; bisogna mettere in evidenza (davanti agli occhi
della madre) il suo peccato per difendere la figlia e proteggerla da
ulteriori danni spirituali ed emotivi; bisogna mettere in evidenza il peccato di
questa madre affinché quest’ultima possa avere la sua speranza nella salvezza,
che Cristo le offre.
Il
silenzio nutre l’ingiustizia. {22-05-2010}
3. {Vari e brevi}
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■ Patrizia Miceli: Grazie, fratello, ho
letto. Grazie per la cura pastorale, che mi stai dando, e il conforto umano,
accompagnato dal conforto della Parola. Dio ti benedica fratello, te lo dico con
tutto il cuore. {22-05-2010}
■ Antonio Catalano: Condivido con il
fratello Nicola Martella il suo parere. Dal canto mio posso dire solo questo,
che i veri genitori sono coloro che si dimostrano tali con i figli, non è
solo una questione di DNA o di gruppo sanguigno. La nostra parte come figli è
quella di aiutarli in caso di vero
bisogno. Come cristiani dobbiamo parlare loro di Gesù Cristo come
Salvatore e Signore, spiegando loro pure con fermezza che non ci si può beffare
di Dio, affinché diano luogo a ravvedimento per essere salvati! Dio ti benedica.
{22-05-2010}
■
Salvatore Paone: Quant’anche tua madre e tuo padre t’abbandonassero,
l’Eterno non t’abbandonerà mai. Benedizioni in Gesù quale Messia Re.
{22-05-2010}
■ Volto Di
Gennaro: Queste ferite indelebili sono quelle che in «quel giorno» si
presenteranno al Signore Dio per dire: «Queste ferite le ho ricevuto nella casa
di mia madre!». Similmente lo diranno molti altri credenti! Solo Gesù Cristo
(il grande ferito) può consolare la sorella in Cristo. Dio ci benedica.
{22-05-2010}
4. {Pietro Calenzo}
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Coraggio, sorella
Patrizia, non siamo mai orfani, c’è il Signore che ci è Padre, e siamo
fratelli, sorelle e madri in Gesù Cristo, come Egli predicò al cospetto della
sua famiglia, quando ancora era qui sulla terra nel suo ministero terreno. Ora,
è alla destra del Padre che intercede per noi, ed è nel cuore d’ogni credente.
Chi ti parla, cara sorella, è celibe, e avendo perso da poco il papà,
dopo la scomparsa anteriore della mamma, può comprendere, forse meglio d’altri
credenti, il tuo sentire. Non siamo soli, non saremo mai soli; non è
facile, ma il Signore l’ha promesso, non saremo mai più soli.
Dio ti benedica grandemente, poiché solo Egli conosce ogni piega del
nostro cuore, e tergerà ogni lacrima dai nostri occhi, con il suo amore, nella
sua potenza e nella sua immensa gloria.
Al contrario di quanto affermano incauti credenti dell’Evangelo del benessere o
della prosperità, seguiamo la via della croce, la stretta via della
croce; e con l’aiuto della grazia che procede dal trono dell’Eterno, confidiamo
nelle sue eterne e certe promesse.
Dio ti benedica, e conduca coloro che non sono della fede alla luce della nuova
nascita, per la tua felicità e per la sua gloria. Amen. Tuo fratello...
{22-05-2010}
5. {Vincenzo Russillo}
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Rapporto madre e figli: quando non c’è amore, bisogna costruirlo
La storia
raccontata da Patrizia, è molto «amara» mi fa percepire quanto si possa essere
soli quando non si ha la stima dei propri parenti e soprattutto l’amore materno.
C’è un detto che dice: «La mamma è sempre la mamma», ma in questo caso,
senza entrare nello specifico, mi sembra che si sia andati oltre un limite
d’accettabilità.
Certamente anche nella Bibbia ci sono dei casi, in cui dei genitori hanno
avuto una preferenza verso alcuni figli: penso al caso di Giacobbe, che fu il
figlio prediletto di Rebecca; o a Giuseppe, che era il figlio prediletto di
Giacobbe e per questo motivo venne disprezzato dagli altri fratelli.
Arrivare a pentirsi d’aver partorito una nuova creatura, è una cosa che
fa riflettere. Il legame tra madre e figlio è qualcosa d’indissolubile, come ci
dice la Sacra Scrittura: «Una donna può forse dimenticare il bimbo che
allatta, smettere d’avere pietà del frutto delle sue viscere?» (Is 49,15a).
Io penso a tutte le notti, quando ero più piccolo e avevo l’influenza,
mia madre stava al capezzale, perché non riusciva a prendere sonno per la
preoccupazione. Oppure quando ogni mattina, pur essendo di salute cagionevole si
sveglia per prepararmi la colazione. Una mamma agisce sempre con sacrificio,
molti lo prendono come un «lavoro» ingrato e sgradevole; ma una donna ha premura
per il frutto che ha messo al mondo.
Nei testi Sacri c’è un termine specifico che indica questo particolare
legame; in Tito 2,4 vi è scritto: «Per incoraggiare le giovani ad amare i
mariti, ad amare i figli». Il legame affettivo, che si viene a creare, viene
indicato in questo versetto con il termine
philóteknos [= «amante i figlioli», N.d.R.], proprio per indicare un
rapporto di cura profonda. Questo sentimento può crescere, se nel nostro cuore
vi è un pari rivolgimento del nostro amore verso Dio.
Adesso la domanda che pone questa cara sorella, mi fa un po’ pensare a una
canzone (perdonatemi se è un po’ irriverente) che ironizzava proprio sui
dieci comandamenti e pressappoco diceva così: «Onora il padre. Onora la madre e
onora anche il loro bastone, bacia la mano che ruppe il tuo naso perché le
chiedevi un boccone: quando a mio padre si fermò il cuore non ho provato
dolore….» («Il testamento di Tito» di Fabrizio De Andrè). Ho citato questo
passaggio perché è in antitesi al rapporto genitoriale che ho sopra descritto
dalla Bibbia.
E, quindi, come comportarsi quando non siamo ricambiati con lo stesso
amore? Rivolgendoci all’altro con amore perché Cristo ci ha insegnato proprio
questo: amare chi ci disprezza. Io credo che Patrizia debba recuperare
questo rapporto, partendo proprio da piccoli atteggiamenti. L’onore che
dobbiamo ai nostri genitori non è una cieca ubbidienza, di certo non dovrà
essere a disposizione solo nel bisogno. Bisogna procedere a piccoli passi,
dimostrandole col l’aiuto del Signore e una condotta impeccabile un amore che va
oltre quello di figlia; così potrà portare a compimento l’apertura del cuore di
sua madre. So che non è facile, ma dovremmo sforzarci di dare onore ai nostri
genitori, così come diamo gloria a Dio: soprattutto con le
nostre azioni. Anche se Patrizia, da quanto ho letto, è stata vicina a sua
madre nei momenti di dolore, credo debba insistere, comportandosi in
maniera esemplare e facendo ciò che è gradito al Signore (Col 3,20).
{23-05-2010}
6. {Giovanni Piu}
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Vorrei accennare a
un piccolo pensiero su questo tema. Tempo fa, ho dovuto confrontarmi con mia
madre sul perche non mia ha trasmesso il suo amore, cosa per la quale ho
sofferto tanto. E la risposta fu che a modo suo lei mi aveva dato il suo amore.
Oggi ringrazio Gesù
perche lui mi ha riempito del suo amore e mi rivelato che sia io ad amare mia
madre
cosi come ella è e togliendo dentro di me ogni pensiero di quello che ho
vissuto. Ora ringrazio il mio buon Gesù per il dialogo che abbiamo
con mia madre e di come posso capire che lei mi ha sempre amato. Possa Dio,
nostro padre, aiutare anche a questa sua creatura a comprendere che, se non
abbiamo l’amore di Gesù, noi ne soffriremo sempre. Dio vi benedica. {24-05-2010}
7. {Sara Iadaresta}
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Caro Nicola,
fratello in Cristo, ho letto il tuo scritto, «mia madre non mi ha mai amata», e
ne sono rimasta molto colpita. Credo sia la cosa più brutta, che possa esserci
in questo mondo, il non essere accettati dalla propria madre. Infatti non ho
voluto rispondere direttamente perché mi vengono solo dei pensieri cattivi verso
di lei; ma il Signore c’insegna ad amare i nostri nemici, tanto più se si tratta
di nostra madre, colei che dovrebbe amarci per prima... Come hai già detto tu, è
una cosa che ti segna per la vita, ma ringraziato sia il Signore che almeno lei
ha fede in Dio, che è l’unico che dà il vero amore! Non ho parole per
confortarla e consigliarla, ma se l’avessi qui accanto a me, l’abbraccerei
forte, come una sorella (perché tale è). Shalom! {25-05-2010}
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Liberazione interiore e pastorale esorcistica {Andrea Poggi - Nicola Martella} (A)
► URL:
http://puntoacroce.altervista.org/_TP/T1-Mai-amata_da-madre_R56.htm
24-05-2010; Aggiornamento: 26-05-2010 |