Indice delle parti
Probabilmente nessun altro aspetto dell’insegnamento di Gesù è stato frainteso
così tanto come quello del «regno dei cieli». Molti cristiani vedono
erroneamente il regno soltanto in funzione escatologica, ma questa
interpretazione è abbastanza lontana dal pensiero di Gesù, dato che il contesto
della preghiera riguarda «l’oggi» e non il mondo futuro.
Definizione del regno
Le parole di Gesù in «venga il tuo regno»
esprimono un desiderio, la realizzazione di qualcosa. Comunque, quando ci
occupiamo delle parole di Gesù bisogna sempre domandarsi, quale era il
significato del detto in ebraico? In questo speciale caso, il significato
ebraico delle parole di Gesù diventa cruciale.
In ebraico, uno normalmente non parlerebbe riguardo la
«venuta» di un regno (è un’espressione alquanto rara). Probabilmente si sarebbe
utilizzato il verbo lehamlîk
con il sostantivo malkût, (autorità regale, regno).
Quest’ultima è la parola utilizzata per Salomone quando è stato fatto re sopra
tutto Israele e questa parola è connessa all’idea del regno davidico perpetuo (1
Cr 28,4s). Come verbo significa in particolare «fare re qualcuno» o «stabilire
un regno».
La frase della preghiera del Signore può dunque essere
ricostruita come lehamlîk malkûtekā, «possa
tu continuare a stabilire la tua autorità regale…». È parallelo alla petizione
che segue: «sia fatta la tua volontà». Gli elementi finali della frase
successiva, «anche in terra come è fatta nel cielo», delineano l’ambito
del governo di Dio: la sua autorità regale è illimitata. Dio stabilisce il suo
regno in cielo e in terra. L’ebraico biblico sottolinea il tipo di azione e non
il tempo dell’azione. Nell’ebraico moderno il fattore tempo è diventato più
importante, ma l’enfasi di questa petizione non è temporale. L’enfasi è sulla
forza dinamica dell’autorità regale e perpetua di Dio che fa realizzare la sua
volontà in cielo e in terra.
Redenzione miracolosa
Il concetto di Gesù del regno deve essere visto
alla luce del suo intero messaggio. Gesù e i suoi discepoli hanno attribuito un
significato specifico al termine «regno». Quando fu accusato di cacciare i
demoni per mezzo della potenza di Beelzebub, per esempio, Gesù spiegò: «Ma se
è per il dito di Dio che io caccio i demoni, è dunque pervenuto fino a voi il
regno di Dio» (Lc 11,20). Come potrebbe, il regno, essere un evento futuro
se Gesù ha parlato di esso come già arrivato?
L’idioma «dito di Dio» è un’allusione alla redenzione
d’Israele. Questa espressione è rara nelle Scritture, ricorre solo due volte nel
V.T. Quando i maghi egiziani, che si sono confrontati con i potenti miracoli di
Mosè, sono rimasti impotenti davanti a Faraone, essi hanno dichiarato: «Questo
è il dito di Dio» (Es 8,19). Si può leggere anche in Es 31,18 che Dio ha
dato a Mosè le due tavole della legge, le tavole di pietra, scritte col «dito di
Dio». Utilizzando questa espressione in connessione con il «regno dei cieli» e
con la cacciata dei demoni, Gesù ha collegato la miracolosa redenzione
dall’Egitto con i suoi miracoli.
Il Signore regna
La prima volta che il concetto di regno appare
nelle Scritture è nel canto di vittoria innalzato dagli Israeliti dopo aver
attraversato il mare e aver visto la sconfitta dell’esercito di Faraone. Essi
hanno proclamato in trionfo, «L’Eterno regnerà per sempre, in perpetuo»
(Es 15,18).
La CEI traduce: «Il Signore
regna in eterno e per sempre».
I traduttori greci della Septuaginta si sono presi la cura di trasformare il
verbo nel tempo presente, impiegando il participio presente greco
basileuon (regnando). La traduzione riflette il significato che Dio sta ora
regnando eternamente. Questo è anche il contesto del verso nel testo biblico. Il
Signore ha stabilito il suo regno compiendo la redenzione del suo popolo. Es
15,18 è un riferimento all’autorità regale eterna di Dio, dimostrata nella
liberazione miracolosa del suo popolo dai suoi nemici.
Gesù ha visto la realizzazione del «regno di Dio» nel
suo insegnamento e nelle sue opere miracolose. I discepoli lo hanno visto anche
loro, e a essi fu detto di proclamare, mentre insegnavano e guarivano, che il
regno era arrivato (Mt 10,7). La Riveduta traduce: «E andando, predicate e
dite: “Il regno dei cieli è vicino”». Comunque, la parola greca per «è
vicino», ēggiken, è nell’indicativo perfetto, che indica un’azione
completata. Una traduzione migliore sarebbe: «Il regno dei cieli è qui».
Concetto ebraico di regno
Come Gesù, anche i rabbini facevano di frequente
riferimento al ««regno dei cieli»». La benedizione ebraica che compare
abbastanza spesso nella letteratura rabbinica può aiutarci a capire ciò che Gesù
intendeva quando parlava di regno. Nella sua confessione nel Giorno
dell’Espiazione, il sommo sacerdote pronunciava il nome sacro di Dio. Quando lo
faceva, il popolo si prostrava con la faccia a terra e gridava, «Sia benedetto
il suo nome e il suo regno ora e per sempre» (Joma 6,2). Dio regna quando il suo
popolo riconosce la sua autorità regale.
Rabbi Joshua ben Korha ha insegnato che chiunque recita
lo Shema ha accettato il «regno dei cieli» (Berachot 2,2). Con la
recitazione dello Shema, una persona riconosce l’unico e vero Dio, e
nell’opinione di ben Korha questo è il primo passo per l’accettazione
dell’autorità di Dio ed entrare nel suo regno.
La parola malkut (regno), è un sostantivo
verbale che si basa sul verbo ebraico malak, (governo, regno). La
parola ebraica per «re», melek, è derivata dalla stessa radice. Il
termine «cieli» nell’espressione «regno dei cieli» si riferisce a Dio stesso ed
è stato usato al posto della parola «Dio» a motivo della speciale santità
riservata al suo nome. Questa sostituzione era già praticata quando fu scritto
il libro di Daniele (Dn 4,26) ed era comune ai giorni di Gesù.
Nella letteratura giudaica, il «regno dei cieli» è
spesso in relazione con il ricevimento della Torah o con la redenzione d’Israele
dall’Egitto. Ai piedi del monte Sinai, gli Israeliti hanno ricevuto il regno con
gioia. Rabbi Jehudah haNasi ha detto: «Quando essi sono stati in piedi del monte
Sinai per ricevere la Torah, hanno tutti deciso nei loro cuori di accettare il
regno dei cieli con gioia» (Mechilta, Bahodesh 5; su Esodo 20,2). Dio dimostra
di essere Re per i suoi atti potenti di redenzione e liberazione. Il suo popolo
dimostra l’accettazione del suo governo con l’ubbidienza gioiosa alla Torah.
Realizzazione del regno
La chiamata e sfida di Gesù al pentimento era un
aspetto essenziale della sua proclamazione del regno. Ma il suo potente
ministero d’opere miracolose e il suo insegnamento accattivante era la
realizzazione del regno.
Naturalmente, il regno deve anch’essere collegato con
le attività dei discepoli di Gesù. Tutti i suoi discepoli erano membri attivi
del «regno di Dio». Questo è il significato delle parole di Gesù in Mt 5,3, «Beati
i poveri in ispirito, perché di loro è il regno dei cieli».
«Poveri in ispirito» si riferisce ai seguaci di
Gesù. La frase «…perché di loro è il regno dei cieli» è una traduzione
povera, perché implica la proprietà. Come può uno possedere il regno? È
impossibile. Le parole greche
autōn estin dovrebbero essere capite nel senso che il «regno dei cieli è
composto di gente simile a questa», e non «è di loro».
Il verso sarebbe meglio tradotto: «Beati sono i poveri
in ispirito, perché essi fanno parte del regno dei cieli». Essi sono cittadini
del regno. Essi hanno accettato il governo del Re. I «poveri in ispirito» sono i
discepoli di Gesù che hanno accettato l’autorità di Dio nelle loro vite.
È ovvio comunque che rimane anche una aspettazione
escatologica del regno.
Sull’espressione «regno dei cieli» e sul concetto «regno» cfr. in Nicola Martella,
Manuale Teologico dell’Antico Testamento (Punto°A°Croce, Roma 2002), gli articoli: «Cielo e Dio», pp. 109-112;
«Jahwè è re», pp. 203s; «Jahwè: azione verso i re delle nazioni», pp. 207ss;
«Jahwè: azione verso i re d’Israele e di Giuda», pp. 204-207; «Jahwè: regno
universale», pp. 209s; «Re (ambito ministeriale)», pp. 292s; «Regno
escatologico», pp. 298s.
Sul «Padre nostro» vedi le domande di controllo in Nicola Martella,
Matteo, l’evangelista dei giudei (Punto°A°Croce, Roma 1999), pp. 17s. Vedi qui nel Dizionarietto finale i
termini: 1) «Regno [dei cieli]», p. 100; 2) «Regno [violenza al]», p. 100. /span> |
► URL: http://puntoacroce.altervista.org/_BB/A2-Padre_nostro3_UnV.htm
04-02-2007; Aggiornamento: 26-05-2010 |