L’ultimo punto dell’articolo «Tradita
dal padre fedifrago» l’avevo titolato «Alcune valutazioni
provvisorie»; bisognerebbe ripartire da esso.
Martina vide il padre andarsene di casa la prima volta, quando aveva sei anni.
Allora non capiva perché, ossia che c’era un’altra donna di mezzo. Poi, i
genitori si riconciliarono per un po’. Ma, come dice il proverbio, «il lupo
cambia il pelo, ma non il vizio». Per farla breve, l’ultima volta che il padre
abbandonò definitivamente il tetto comune, lei aveva 15 anni. Lei si
sentì profondamente tradita e ferita.
Il problema nel rapporto col padre non è che lei non lo abbia perdonato,
come qualcuno ha mal compreso, ma che ella non gli voglia concedere spazio nella
propria vita, ritenendolo invadente, non volendo far sindacare da lui le
proprie scelte di fede e di morale e non volendo avere nulla a che fare col
«nucleo di convivenza», in cui egli si trova. Per lui lei è una «mosca bianca»,
visto che ella crede ancora al matrimonio e alla sua sacralità, mentre molte
coppie oramai convivono, si sfasciano e si ricompongono. Lei, a circa
30 anni, dopo essere vissuta per metà della vita senza padre, ritiene di
essere grande abbastanza per gestire la sua vita in autonomia, senza le
invadenze e le determinazioni di un padre, che è stato lungamente assente e che
per lei non è un esempio morale. Per altri aspetti della
questione si veda sotto la
nota iniziale.
Diversi dei contributi, che seguono, derivano da lettori, che non hanno letto
l’articolo
interamente o che si sono concentrati solo su certi aspetti, seppur
importanti (p.es. perdono), tralasciando altri (p.es. la gestione concreta dei
rapporti attuali con un padre ritenuto troppo invadente). Chiaramente, ogni
punto di vista maturo è importante. Ciò vale specialmente per le
testimonianze di coloro, che sono passati per gli stessi o simili paraggi
come Martina.
Uno spunto interessante, presentato da una lettrice [►
3.], è il seguente:
▪ 1. la differenza fra perdonare e riconciliarsi; ▪ 2. la differenza fra perdonare nel cuore e davanti a Dio.
Approfondiamo ambedue queste differenze riguardo alla loro conformità con la Scrittura nel secondo contributo.
Che cosa ne pensate? Quali sono al riguardo le vostre esperienze, idee e
opinioni?
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Nota iniziale: Per la differenza fra per donare e riconciliarsi si veda il terzo
contributo. [► 3.] Nell’introduzione a questo tema abbiamo ribadito che Martina ha
perdonato il padre nel suo cuore, ma ella non vuole dargli spazio
nella sua vita, non condividendo gli stessi obiettivi morali e non volendo far
sindacare da lui (descritto come invadente) le proprie scelte di vita e di fede.
Ribadisco qui questi aspetti, per non doverli ripetere continuamente in alcune
note. Faccio qui presente, più dettagliatamente, che il problema di Martina non
è il perdono, cosa che lei dice di aver dato al padre nel suo cuore, ma è
quello di gestire il rapporto attuale con un padre, vissuto dapprima come
traditore, poi come lungamente assente e ora come troppo invadente per i suoi
gusti, che «pretende» di avere un diritto ad avere parte alla vita di
lei. Proprio tale irruenza, unita alle altre cose (la propria malattia, la nuova
famiglia del padre), la convince che a quasi 30 anni, per avere pace e serenità
di gestire la propria vita in conformità alla Parola di Dio e alle proprie
convinzioni, sia meglio tenere a una certa distanza il progenitore. Per lui le «famiglie
patchwork» (con matrimoni scombinati e «nuclei di convivenza» assemblati
diverse volte e in combinazioni variabili) sarebbero ora la normalità; per lui
sarebbe lei a vivere fuori della realtà, come fosse una «mosca bianca», e che
dovrebbe perciò accettare il mondo così, come va. Martina, avendo conosciuto il
Signore, a tale schema socio-familiare
non ci sta, né vuole mischiarsi con una famiglia (la nuova del padre), che
non le appartiene; anche perciò preferisce tenere a distanza lui e il suo
«nucleo di convivenza». |
1. {Maurizio
Marino}
▲
■
Contributo:
Certamente è difficile dare dei consigli su cosa dovrebbe fare o non fare
Martina. Questo significherebbe essere superficiali. La prima cosa che mi viene
però in mente, sono le parole che Gesù disse sulla croce: «Padre, perdona
loro perché non sanno quello fanno». Gesù chiedeva al Padre di perdonare
perché, io penso, che in se stesso Egli aveva già perdonato. Per quale motivo?
Perché conosceva la malvagità del peccato e le sue conseguenze. Egli è morto per
liberare l’umanità da tale schiavitù. L’umanità è ignorante della malvagità del
peccato. E per ciò era disposto a perdonare, non perché lo meritassero.
Anch’io, per altre cose, mi sono trovato in
situazioni simili con mia madre. È stato durissimo per me accettare il male,
che mi veniva da lei. In punto di morte le ho concesso il mio perdono e
le ho chiesto di perdonarmi nelle cose, in cui io ero stato mancante nei suoi
riguardi. Ma la ferita sanguinò ancora per molto tempo, anche se ero poi
diventato un credente. Un giorno ho capito che, anche se lei era morta, dovevo
concederle il perdono davanti al mio Signore, perché mia madre non aveva
avuto l’opportunità di conoscere e capire la gravità del peccato e le
conseguenze, che esso porta. Se Gesù era stato disposto a perdonare i propri
carnefici, chi ero io a non dover perdonare mia madre! È vero, avrei tanto
desiderato che lei comprendesse il male, che aveva fatto verso di me, che si
ravvedesse, che cambiasse vita... ma questo non dipende da me! Molte volte il
perdono è dato con leggerezza, tanto per andare avanti, senza convinzione; ma,
alcune volte, siamo chiamati a perdonare... per fede!
Altra cosa è diventare «pappa e ciccia»,
non so se mi spiego! {13-08-2013}
▬ Nicola Martella: Riguardo al perdonare il padre, si veda
la nota iniziale.
La questione, per quanto ho capito da Martina, non è tanto il
perdono, che ella afferma di aver concesso al padre nel suo cuore, quanto
la gestione dei rapporti con un padre, che lei dapprima ha visto come
traditore dell’idillio famigliare, poi come assente nella sua vita (lui si è
dedicato al suo nuovo nucleo familiare) e negli ultimi anni come uno che,
sebbene estraneo, vuol fare il «padre» e invadere la sua vita.
■
Maurizio Marino:
Quindi, Martina non sa bene cosa fare? Ebbene, io sono convinto che tutto
deve passare attraverso il perdono concesso al padre. Senza di questo non
ci può essere comunicazione. Con le sue richieste il padre le sta chiedendo, a
suo modo, di essere perdonato.
Questo però non significa diventare «pappa e ciccia», come ho detto
precedentemente, e il papà lo deve capire. Se il padre ha veramente compreso e
maturato i suoi sbagli e vorrebbe cambiare, non può pretendere un colpo
di spugna, che cancella ogni cosa. E neanche pretendere dalla figlia cose, a cui
lui stesso ha mancato per primo. Se il papà ha acquisito un minimo di saggezza,
impari a fare i primi passi. Poi, il tempo mostrerà le cose come stanno. D’altro
canto, Martina deve concedere un minimo di apertura alla comunicazione,
anche per testare la veracità dei sentimenti e della volontà del padre. Capisco
che questo potrebbe riaprire le ferite e farle sanguinare di nuovo, ma ora lei
ha un Padre con la «P» maiuscola, che non la abbandonerà mai e si prende
cura di lei. {13-08-2013}
2. {Michela De
Rose}
▲
Ho vissuto personalmente ciò, che ora si
trova ad affrontare Martina. Nostro padre, quando avevamo appena qualche anno,
ci abbandonò, andando via di casa con una donna slava. Noi fummo
rinchiusi in un orfanotrofio, dopo un grave incidente che ebbe nostra
madre. Dopo tanti anni, lui ci cercò con la scusa di voler ricucire quei
rapporti strappati tanti anni prima. Noi tutti eravamo ormai diventati
credenti e avevamo compreso il bisogno di perdonare nostro padre, per
quanto male ci aveva causato da bambini. Ci fu allora un chiarimento, ma questo
non cambiò affatto il suo rapporto con noi, aveva la sua famiglia e noi
ormai la nostra vita. Per quanto pensammo che si potesse ricominciare, non fu
così, lui si rivelò incapace di fare il padre. Il suo modo di vivere era
ormai concentrato sulla vita con la sua nuova famiglia; e infatti dopo
pochissimo tempo ritornò nell’ombra. Ora sono anni che non lo vediamo più;
e nemmeno la sua voglia di essere padre anche per noi, sembra più interessargli.
Una cosa è certa: noi quattro suoi figli siamo «figli di Dio», ed è
questo che importa. Non preoccuparti, Martina, tu cerca di essere te stessa. Se
è da Dio, nulla potrà impedirti di provare ancora gioia, per un padre terreno;
altrimenti tutto finirà con un inizio senza seguito. Il fatto che lui ti abbia
tradito come padre... questo ti ha reso una persona speciale, perché pur
avendo vissuta una tempesta così grande, ne sei uscita rafforzata. Fidati
di Dio e Lui personalmente ti condurrà nel modo che Lo onori. {13-08-2013}
3. {Liliane
Vitanza Hoffer}
▲
■
Contributo:
Nelle valutazioni provvisorie, Nicola mette il dito sul comportamento di un
padre, alquanto strano direi. Non mi dà l’impressione di aver capito di che
si tratta; e ci si può chiedere che cosa lui voglia veramente. Un principio
fondamentale del perdono è che perdono non vuol dire riconciliazione!
Perdonare è un conto, riconciliarsi un altro. Questo lo possiamo vedere nei casi
di abusi, incesti eccetera. Martina può informare suo padre — a voce o
tramite lettera — rla di averlo perdonato nel cuore, ma
davanti a Dio l’ha fatto? Prova ancora rancore o amarezza?
▬ Nicola
Martella: Vorrei evidenziare due
cose molto interessanti in tale contributo, per poi poterle verificare: ▪ 1. la
differenza fra perdonare e riconciliarsi; ▪ 2. la differenza fra
perdonare nel cuore e davanti a Dio.
Sul
primo punto si noti che in
Romani 5,10 «riconciliati con Dio mediante la morte del Figlio
suo» e «saremo salvati mediante la sua
vita» sono due atti distinti (cfr. v. 11). Anche in 2 Corinzi 5,18-21 si
prende atto di una cosa simile: Duemila anni fa «Dio riconciliava
con sé il mondo in Cristo non imputando agli uomini le loro trasgressioni»
(v. 19), ossia ha offerto loro il perdono, ascrivendo agli uomini i meriti di
Cristo (v. 21); eppure ciò da solo non li salva, poiché manca ancora l’atto, in
cui gli uomini si riconcilino con Dio (v. 20).
Riguardo al
secondo punto, pur essendo
illuminante, sul piano logico, una differenza fra perdonare nel cuore
e davanti a Dio, bisognerebbe mostrare con la Bibbia dove e come essa sia
scritturalmente sostenibile. Cerco di abbozzare un cammino al riguardo. La
Scrittura insegna che si prova un rimorso nel cuore per qualcosa e poi ci si
rivolge a Dio per essa, quando si è commesso qualche stoltezza (2 Sm 24,10).
Salomone disse pubblicamente a Dio: «Tu conosci il cuore d’ognuno; poiché tu
solo conosci il cuore di tutti i figli degli uomini»
(1 Re 8,39); ciò suggerirebbe che ciò, che avviene nel cuore, avviene dinanzi a
Lui. Si noti che anche di ciò, che accadeva socialmente, in privato fra due
famiglie, come avveniva allora il matrimonio, Dio disse: «Io sono testimone»
(2,14). Si parla di perdonare o meno di cuore al proprio fratello (Mt 18,35). Di
un perdonare qualcun altro dinanzi a Dio — di là da ciò che possa
praticamente significare — non c’è una traccia concreta nella Scrittura (per un
generale atto di espiazione rituale cfr. Nu 15,25.28); l’unico caso è
all’opposto (Gr 18,23). Dinanzi a Dio si confessa specialmente il proprio
peccato, alfine di ottenere perdono (cfr. 2 Sm 12,13; 24,10; Sal 32,5). L’unico
brano, che ho trovato, riguarda qualcuno che aveva pesantemente criticato
pubblicamente Paolo, in sua assenza, dinanzi alla chiesa di Corinto; essa lo
rimproverò pubblicamente e lo mise sotto disciplina (2 Cor 2,5-11). L’apostolo
chiese alla chiesa di perdonarlo e confortarlo, visto che costui si era pentito.
Poi aggiunse: «Ora, a chi voi perdonate qualcosa, perdono anch’io;
poiché anch’io quel che ho perdonato, se ho perdonato qualcosa, l’ho fatto a
causa vostra, nel cospetto di Cristo» (v.
10). Tuttavia, ciò non significava altro che quando l’apostolo si decise in cuor
suo di perdonare a tale persona, ciò avvenne dinanzi a Cristo.
Forse qualche altro può
illuminarci in merito.
4. {Antonino
Cannatella}
▲
■
Contributo:
Certamente, Martina ha le sue ragioni riguardo a suo padre, alle sue
delusioni, alle frustrazioni, alle rabbia interiore per l’abbandono, alle
malattia che la colpita; nel momento che aveva bisogno del papà lui non c’era.
Capisco il suo cuore amareggiato, ma credo nello stesso tempo che il padre,
dietro alle quinte, l’ha seguita di nascosto, cercando anche qualche
contatto. Non so quanti anni sono passati,
il tempo porta a fare due cose: ▪ 1. indurire di più il cuore; ▪ 2.
chiudere la ferita (anche se rimane la cicatrice). Io consiglierei a
Martina di perdonare suo padre (sopratutto ora che ha conosciuto l’amore di Dio
Padre); magari per la grazia di Dio si può convertire anche il papà, e
riavere una famiglia unita. Ciò che il diavolo aveva distrutto, ora si
può tutto riconciliare, ed essere felici nel Signore. Che Dio
strabenedica Martina e che ella possa fare la giusta decisione. {13-08-2013}
▬
Nicola Martella: Riguardo al perdonare il padre, si veda la
nota iniziale.
Certamente, Martina può rispondere da sé, se vuole, spiegando i singoli punti.
Io faccio presente quanto segue.
■ Sono passati circa
15 anni dall’ultima separazione, quella definitiva tra i genitori di
Martina.
■ Il padre ha formato un
nuovo «nucleo di convivenza»
con prole acquisita. Come si fa ad avere quindi una «famiglia unita»?
■ Nel contributo precedente è stato mostrata la
differenza fra perdonare e riconciliarsi
o, come è stato espresso en primo contributo, tornare a essere «pappa e ciccia».
5. {Marisa
Fichera}
▲
Ci sono tantissimi casi come questi. Ho pure
ascoltato personalmente situazioni del genere vissute da ragazze, che poi sono
diventate credenti nel Signore. Tuttavia, hanno fatto fatica perché in
base alle ferite ricevute, per riuscire a perdonare e riprendere il rapporto con
la persona, che ti ha messo al mondo, ciò porta con sé davvero un duro lavoro
interiore e un supporto psicologico. Spero innanzitutto che abbia un buon
consiglio spirituale e amorevole dal parte di chi pastura questa pecorella
ferita, e che lei a mano a mano possa non solo perdonare il suo
papà — come Gesù ha perdonato noi sulla croce, esempio misericordioso e
amorevole — e poi che possa annunciare nel contempo la parola della grazia.
Il cammino forse sarà lungo e doloroso nella ricerca interiore del perdono,
ma dove c’è perdono, c’è conquista di anime e manifestazione del grande amore di
Dio, guarigione e benedizione. {13-08-2013}
N.d.R.: Riguardo al perdonare il padre, si veda la
nota iniziale.
6. {Michele
Savino}
▲
■
Contributo:
Dal punto di vista umano, Martina avrebbe tutte le ragioni per chiudere la
«porta» a suo padre; ma noi siamo chiamati dal Signore a valutare le cose in
modo diverso. Dio ci chiama sempre e comunque a perdonare (anche ai
«nemici», quelli con cui non si vorrebbe avere nessuna relazione), essendo
compassionevoli, come Lui è compassionevole. Anche il giovane della parabola
andò via da casa, tradendo la fiducia di suo padre. Dopo anni di esperienze
negative, questo giovane comprese i suoi errori e maturò in lui la convinzione
di poter riallacciare un rapporto con suo padre, anche da schiavo indegno. Il
fatto incredibile del racconto è che suo padre l’attendeva; probabilmente ogni
giorno aumentava in lui il desiderio di vedere il figlio tornare. Quando
s’incontrarono suo padre non volle sapere nulla del passato, gli interessava il
presente: suo figlio era perduto, ma era tornato in vita. Era tornato a casa,
nel senso che aveva riallacciato l’antico rapporto. Questa è una bellissima
figura del nostro Dio, che è un perfetto Padre, a differenza nostra.
Ora non so se il papà di Martina sia sincero o meno, sia o meno animato
da buone intenzioni, ma ha il diritto di avere una possibilità (quella
stesa che Dio non nega all’uomo) di essere perdonato! Se il papà non è sincero,
peggio per lui, anche questo Dio metterà in conto nel giorno del giudizio. Dio
possa benedirla e dargli la saggezza di fare la cosa giusta! {13-08-2013}
■
Salvatore Paone: Non tutti
hanno tale forza. È non tutti sono credenti spirituali. {13-08-2013}
■
Michele Savino: Il cammino
cristiano non è facile, neppure per i cosiddetti «spirituali». Un giovane
ricco andò via rattristato perché, secondo lui, era impossibile fare quello,
che gli ordinava Gesù. Non aveva bisogno di forza ma di fede. E se la sua
fede fosse stata grande anche «quanto un seme di senape» la «porta» del cielo si
sarebbe spalancata per lui! Non è questione di spiritualità, ma di fede e
di attaccamento alla Parola del Signore. Con i «se» e con i «ma» non si va molto
lontano. {13-08-2013}
▬ Nicola Martella: Non entro nel merito della questione del perdono,
rimandando alla nota iniziale. Faccio notare che amare il nemico non significa
adeguarsi ai suoi principi morali, diventare tollerante verso il male o
concorrere al male insieme a lui. Nessuno «ha il diritto di avere una
possibilità… di essere perdonato»; altrimenti, Dio sarebbe debitore dell’uomo.
Dove avviene il perdono (di Dio o degli uomini) è grazia. Che poi dobbiamo
imitare Dio, ciò è fuor di dubbio (Mt 6,12).
7. {Rita Fabi}
▲
■
Contributo:
Quando qualcuno ti fa un torto, di solito il primo sentimento, che hai, è
rabbia. Poi, quando ti sei calmato, ti trovi necessariamente davanti ad
alcune scelte da fare. Molti permetterebbero al proprio odio di crescere
e diventare un mostro, che domina la loro vita. Altri diventerebbero uomini o
donne pieni di amarezza e di risentimento, che non vedono l’ora di
avere tra le mani chi li ha offesi, per fargliela pagare. Infine, quelli più
diplomatici, terrebbero tutto dentro, senza mai dimenticare il male ricevuto e
senza mai aver veramente perdonato.
C’è un personaggio della Bibbia che ha subito questo tipo di tradimento da parte
dei familiari: è Giuseppe, il figlio di Giacobbe Sono passati 22 anni da
quando è stato venduto dai suoi fratelli: ora è viceré d’Egitto e ha il compito
di gestire 7 anni di carestia. Giacobbe ha saputo che in Egitto c’è grano,
perciò ci manda i suoi figli per comprarlo. Loro non sanno niente di Giuseppe,
da quando lo hanno venduto, e non sanno che è proprio lui a gestire la vendita
del grano; perciò si trovano inevitabilmente davanti a lui. Non lo riconoscono,
ma Giuseppe sì: quale migliore occasione per mettere in atto la vendetta, oppure
scacciarli lontano e non doverli vedere mai più; in fin dei conti loro erano i
suoi fratelli e l’hanno venduto come schiavo.
Ma stranamente il duro trattamento ricevuto non ha prodotto in lui l’amarezza e
l’odio che ci saremmo aspettati. Dopo essersi informato sulla salute di loro
padre e averli messi più volte alla prova, si fa riconoscere e il suo è un
comportamento completamente diverso da quello che odio, violenza e schiavitù
avrebbero naturalmente prodotto in un uomo. Non è difficile immaginare cosa si
aspettavano di sentire dalla bocca di Giuseppe: «Bene ragazzi, mi avete trattato
come spazzatura, mi avete fatto vivere il peggio che un uomo si aspetterebbe
dalla vita. Ho passato 22 anni ad attendere questo momento e ora che siete qui:
ve la farò pagare; d’altronde la vostra vita è nelle mie mani!».
Niente di tutto questo: nessun rancore, nessuna parola che rivanghi il passato,
a parte poche parole ma nessuna parola di vendetta: «Io sono Giuseppe; mio padre
vive ancora?». Giuseppe è interessato a farsi riconoscere e a sapere come sta
suo padre; non gli importa che i suoi fratelli sappiano quello, che ha passato a
causa loro. L’unico suo interesse è riconciliarsi con loro e, per farlo, è lui
che compie il primo passo.
Spesso siamo troppo concentrati sulla persona, che ci ha procurato del male, a
tal punto che siamo decisi a non perdonarla, fino a quando non vediamo un
cambiamento o almeno fino a che non viene a chiederci di essere perdonato.
Probabilmente uno può anche pensare: «Non mi riuscirà mai di perdonare quella
persona. Se devo essere onesto tutto quello che sento, è che paghi per il
male, che mi ha fatto. Come posso avere un atteggiamento di perdono, quando
dentro di me c’è
desiderio di vendetta o la speranza che Dio stesso infligga la sua vendetta
al posto mio?». Ma c’è un’altra scelta ed è quella, che ha fatto Giuseppe.
Probabilmente anche lui provò rabbia e amarezza, forse i primi tempi da schiavo
in casa di Potifar o quando fu messo in prigione ingiustamente; ma Giuseppe non
permise a questi sentimenti di dominare la sua vita. Giuseppe fece una scelta:
perdonare i suoi fratelli e lasciare a Dio di occuparsi di loro.
Questo è ciò che penso io. So che è difficile per un credente maturo
perdonare un familiare, che ci ha fatto tanto soffrire; per una ragazza e
per di più figlia lo è ancora di più. Tuttavia, ora lei è una credente, e
passare oltre sul sentimento dell’amarezza, è il passo giusto per iniziare quel
nuovo cammino con Dio, che Egli le ha concesso, perdonando lei dei suoi peccati.
Se posso riprendere le ultime parole della persona che mi ha preceduta anche io
direi: «Non è questione di spiritualità, ma di fede e di attaccamento alla
Parola del Signore». {13-08-2013}
■
Salvatore Paone:
Se fosse così facile, Paolo non avrebbe
avuto tante preoccupazioni; se fosse così facile perdonare e ingoiare dei rospi,
non staremmo neppure a commentare. Per fare questa nota, evidentemente il
problema c’è ed è anche molto complesso; non trovate? La Bibbia dice anche
riguardo ai genitori di non istigare i propri figli a ira; a tal
proposito una ragione ci sarà. Siamo chiamati a perdonare, a non rendere male
per male e così via. Inoltre, essere un credente spirituale
significa, a prescindere, avere fede, sennò, non sarebbe spirituale; è la fede a
determinare lo Spirito Santo nella nostra vita. {13-08-2013}
▬ Nicola Martella: Ringrazio Rita Fabi per
l’eloquente trattazione sul perdono e sulla dinamica del risentimento e delle
sue conseguenze, usando l’esempio luminoso di Giuseppe e dei suoi fratelli.
Riguardo al perdonare il padre, per non ripetermi, si veda la
nota iniziale.
8. {Pietro
Calenzo}
▲
Ritengo, caro Nicola, che sia un argomento
difficile. In linea di massima le situazioni di fatto non vanno alterate,
altrimenti si rischia d’ingarbugliare maggiormente le già precarie realtà
famigliari esistenti o consolidate. Se il papà, oltre allo «ius sanguinis»,
chiedesse col cuore perdono alla figlia, signora Martina, suggerirei
ovviamente di accogliere tale richiesta, specificando con franchezza quali
sarebbero le condizioni nuove per ristabilire dei contatti per
relazionarsi con il papà. Nella vita con il suo fidanzato, il papà non può
pretendere nulla, tantomeno d’interferire nel suo menage. Qualche saggio
consiglio del papà può essere ascoltato come tale: consiglio. In tutto il
quadro sarebbe opportuno ovviamente non scordarsi di un’altra persona, che ha
molto sofferto: la mamma; bisogna ascoltare profondamente il suo sentire.
Se il papà chiederà autenticamente perdono, mai nulla tornerà come prima;
ma è pur vero che qualche ponte levatoio, da ben ponderare e stabilire,
può essere gettato. Tutto dipende dal cuore del papà. Naturalmente, la
conversione del padre della sor. Martina renderebbe tutto più facile, lineare,
santo. Benedizioni in Gesù, il Cristo. {14-08-2013}
9. {Nunzio
Nicastro}
▲
C’e un proverbio
che dice: «Chi non c’è in mezzo al problema, non può capire e comprendere». Chi
ha fatto esperienze simili, è buono, che li racconta. Il consiglio che do
a Martina è di non avere risentimenti e amarezze. Pregare per suo
padre, perché si ravveda e riconosca gli sbagli che ha fatto, e metterlo nelle
mani del Signore, perché agisca Lui a farlo riflettere, a ravvedersi e
tornare da dove ha peccato.
Non avere
niente a che fare con suo padre, non vedo che sia la soluzione giusta;
quello che ha commesso suo padre non deve costituire un peccato imperdonabile.
Abbiamo un esempio del re Davide, un uomo credente e timorato di Dio, che
è caduto nel fango completo, trasgredendo metà dei comandamenti (cfr. 2 Sam
11,12; Sal 32,51). Davide meritava la morte secondo la legge; ma Dio usò
misericordia e grazia, parlandogli tramite il profeta Natan. Davide riflette,
ritorna in sé, chiede perdono; ma la conseguenza del suo peccato rimane:
Dio fa morire il nascituro. Dio non ritiene innocente chi ha peccato,
chiudendosi un occhio, ma agisce secondo il suo amore, la sua misericordia, la
sua grazia, la sua giustizia e il suo giudizio. Spesse volte non comprendiamo
noi, suoi figli, che siamo limitati.
Martina, cammina secondo ciò, che Gesù ha insegnato nel sermone del
monte, e agisci di conseguenza; e sicuramente troverai pace nel tuo cuore.
{14-08-2013}
10. {Franco
Cicala}
▲
Per qual causa dovrebbe intervenire nella vita
privata e nelle scelte di Martina, quando è stato assente durante la
maturazione della giovane e quando è stato un padre, che avrebbe aiutato la
figlia a prendere decisioni sagge per la sua vita?
Con quale coraggio
dovrebbe scavalcare la mamma di Martina, che le ha fatto da padre e da madre per
tutta la vita? Ora vorrebbe avere l’autorità di decidere per lei. È veramente
assurdo questo atteggiamento; e credo che Martina farebbe bene a evitarlo,
se questi continua con le sue assurdità di «datore-dittatore» delle scelte di
Martina.
Se Martina, solo dal
punto di vista affettivo, nutrisse qualcosa per il padre, che lo faccia, non se
ne privi, perdoni. Ma a parer mio, non è obbligata ad avere un rapporto col
padre, come se nulla fosse successo, se prima il padre non riconosce di aver
tradito
l’amore e gli affetti per Martina, fallendo nel compito di padre. Ora, egli
potrebbe ricercare delicatamente l’affetto della figlia e non entrare a piedi
uniti nella vita e nelle scelte di Martina. {19-08-2013}
11. {Santina
Rallo}
▲
Dio ha perdonato briganti, assassini, pedofili… ha
perdonato noi! Io credo che noi tutti non meritavamo il suo perdono! Ci ha
fatto grazia, ci ha usato misericordia. Chi siamo noi a non dovere perdonare gli
altri? Io personalmente l’avrei perdonato! In fin dei conti, quell’uomo è nelle
mani del diavolo, che lo palleggia, non è lui, è vittima di satana e di se
stesso! Martina se ha l’amore di Dio nel suo cuore, deve mostrare a suo
padre che è pronta a perdonarlo, accettarlo così com’è! Dio lo lavorerà,
non dorme e non sonnecchia, sa come compungere il suo cuore e piegarlo. Martina
faccia la sua parte; non avrà rimorso col passare degli anni, di non
averlo perdonato. Capisco che ha subito tanta amarezza, delusioni, ma una
cristiana deve perdonare, qualsiasi cosa abbia subito! Ancora non ci
hanno messo in croce come Gesù. Da innocente disse sulla croce: «Padre perdona
loro!».
Avevo dimenticato che Martina lo ha perdonato; però può avere sempre un
contatto con Lui. Potrebbe invitarlo, fare il primo passo, telefonargli; così
gli metterà carboni accesi sul suo capo, anche se lui non lo fa! Insomma, un
vero perdono con fatti! Così gli mostrerà l’amore di Dio! {22-08-2013}
12. {Tina
Campanella-Soccio}
▲
Si può capire
questa storia. Anche se Martina ha perdonato, se mi posso permettere (non
conosco la persona), c’è ancora un lungo camino, c’è da accettare questa
triste fase della sua vita. Si nota nel testo, che le ferite non
sono guarite, c’è ancora dietro tutta la sofferenza nell’attitudine
allergica; forse c’è il rifiuto di accettarlo ancora come padre? Credo che
questa situazione può anche mantenerla in uno stato di depressione, fin
quando non è totalmente guarita e consolata dal Signore; la cura
pastorale può essere un grande aiuto. (Forse l’ha già fatto?) Ma un giorno
riuscirà anche a dire a Dio: «Perdonalo, perche non sa quello che
ha fatto»?{17-08-2013}
13. {}
▲
14. {}
▲
15. {Vari e
medi}
▲
■
Salvatore Paone: È molto
difficile dare un consiglio a Martina in questa circostanza. Il padre si è
creato un nuovo nucleo familiare; così facendo ha perso la legittimità di
padre? Si può fare il padre a distanza, avendo lasciato nel cuore di
Martina delle ferite? Io personalmente ho dei seri dubbi. Il padre dovrà, per
conseguenza, rinunciare a voler sapere della vita di Martina. Se avesse avuto
interesse vero nei confronti della figlia (mi pare pure malata), non l’avrebbe
mai lasciata, pur avendosi creata una nuova famiglia. {13-08-2013}
■
Ivaldo Indomiti: Debbo
convenire con te, Nicola, che l’argomento non è né facile per chi ha subito il
problema, né facile per chi deve sostenere con consigli quell’anima ferita:
Martina. Anch’io concordo al 100% che sarà il Signore a dare a Martina la
«linea guida» giusta da seguire. Le soluzioni, che hai prospettate, possono
lenire una sofferenza a scapito di altre recondite. Chissà se quell’uomo
arriverà a conoscere personalmente Gesù! Se ciò avvenisse, cosa farebbe Martina
con un fratello in fede e padre nello stesso tempo? Sono domande di difficile
risoluzione. Comunque grazie per queste tue riflessioni. {13-08-2013}
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Franco Giudetti:
Se non fossi cristiano, direi: «Brava, Martina,
fai bene di non dialogare con tuo padre». Ma dato che
sono cristiano, le devo dire: «Ricordati che anche tu sei stata perdonata
dal tuo Padre spirituale, e ti ha accolto così come tu sei, senza chiederti
nessuna spiegazione del tuo operato di quando vivevi nel mondo». Certo non è
facile fare il passo. Prega, chiedi consiglio a Dio, e vedrai che ti
aiuterà; ascolta il tuo cuore. {22-08-2013}
16. {Vari e
brevi}
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Donatella Soldini: Penso che
come cristiani bisogna perdonare, come Dio perdona noi, tutte le volte
che sbagliamo. Penso che questo padre deve avere almeno una possibilità,
per poter riallacciare il rapporto con la figlia. {13-08-2013}
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Mariagrazia Valiri:
Solo con l’aiuto di Dio si può perdonare; umanamente non si può. {16-08-2013}
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Yrma De La Cruz:
Chi ha realmente conosciuto il sacrificio de Gesù per noi, può solo perdonare
con il cuore. {17-08-2013}
► URL: http://puntoacroce.altervista.org/_TP/T1-Padre_fedifrago_GeR.htm
15-08-2013; Aggiornamento: 18-09-2013 |