Nell’articolo «Leucemia:
una vita tra paura e speranza» di Inge Wende ho potuto vedere ancora una volta questo
principio della fede: «Dio guarisce o dal problema o nel problema». Le vie di
Dio sono misteriose e non si possono sindacare. Chi è stato toccato dalla grazia
di Dio, diventa uno strumento di benedizione prima della prova, durante e dopo.
Chi più di una persona, toccata da uno specifico problema, può aiutare altre che
si trovano nella stessa situazione? Eppure non tutti coloro che passano per una
dura prova, fanno del loro cammino, delle loro lotte di fede e della loro
guarigione una risorsa per gli altri.
Fra
coloro che sono passati per una dura prova quale è la leucemia, sia come persona
toccata, sia come persona cara dell’ammalato, ci sono le reazioni più disparate,
anche fra i credenti:
▪
1) gli uni guardano solo
indietro a ciò che hanno perso;
▪
2) gli altri si leccano le
ferite per il resto della vita, pensando solo a se stessi;
▪
3) altri ancora, sebbene il
ristabilimento, rimangono con un sentimento di fondo (magari nascosto) di
risentimento verso la vita e, non di rado, verso Dio stesso per quanto è
accaduto;
▪
4) infine altri passano dalla
reazione all’azione, facendo della necessità una virtù al servizio di Dio e del
prossimo.
Dalla
prova, sebbene si esca incolumi da essa, si può venir fuori in modo differente:
persone sconfitte o vincitori, fragili o temprati, amareggiati o con una visione
positiva. È durante la tempesta che l’albero mostra la profondità delle sue
radici; è nella prova che il credente palesa quanto sia profonda la sua fede in
Dio.
Che cosa ne pensate? Quali sono al riguardo le vostre
esperienze, idee e opinioni?
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1.
{Tore Reale}
▲
■
Contributo: Caro Nicola, è evidente che la protagonista di questo lungo
scritto aveva una «marcia in più» per superare i suoi problemi. È vero
esempio d’una fede che matura nella sofferenza. Quando sei veramente ammalato e
ti trovi in una situazione esistenziale «border line», acquisti una
consapevolezza drammaticamente nuova del tuo essere. Un fede salda nei momenti
difficili è il carburante che ti dà la grinta per proseguire il cammino verso la
guarigione o verso una morte dignitosa.
Molti anni fa
accompagnai alla morte il mio migliore amico e la mia ragazza, poi
l’accidenti mi ha colpito per tre volte ma sono sopravvissuto. Mentre scrivo,
mio figlio che è affetto da psicosi, sta esprimendo una delle sue tante e
violente crisi. Con uno sguardo lo seguo attraverso la stanza e con l’altra
scrivo questa mail.
Per quel che mi riguarda, la fede non è soltanto rassegnarsi o pretendere
un miracolo, ma dialogare con Dio, anche arrabbiarsi con Lui. Io m’arrabbio
spesso con mio Padre e dopo sto meglio perché mi sono sfogato. Un vantaggio
della fede è che Dio è nostro Padre e non un’entità distante, Lui è una persona
a cui possiamo veramente dire tutto, confessargli ogni nostro segreto, ogni
nostra ansia o debolezza, ogni nostra perplessità... Certo, Lui sa tutto, ma ha
piacere che noi gli raccontiamo ogni nostro istante di vita.
Le cose che di più chiedo a mio Padre nei momenti difficili sono la pace
e la serenità d’animo, la sobrietà spirituale e la fermezza della mia posizione
di fede in Lui. Nella mia famiglia, ho conosciuto grandi esempi di fede
pratica, di persone che hanno amato davvero il Signore e scandivano le loro
giornate nella preghiera e nell’insegnare col loro esempio che cosa è l’amore di
Dio. Queste persone se ne sono andate quasi tutte soffrendo, ma senza lasciare
mai la mano di Dio e avendo fatto in silenzio tanto bene al prossimo, a me
compreso. Ebbene, ho la certezza che, dopo queste tribolazioni vissute in questo
mondo, passeranno [a miglior vita, N.d.R.]. Attendo anch’io il mio piccolo posto
nel Regno di Dio, come hanno fatto prima di me i miei nonni e i miei
parenti defunti.
Pregherò per questa sorella perché Dio non le faccia mai mancare il suo forte
sostegno. Shalom… {15 giugno 2009}
▬
Osservazioni: Aggiungo solo qualche nota al margine. Come è
stato detto nell’articolo, Inge e suo marito non si sono trincerati nel loro
dolore durante la malattia e, dopo la guarigione, non sono rimasti a leccarsi le
ferite, contenti di averla scampata bella. Avendo la loro fede profondamente
ancorata in Gesù Cristo, essi sono passati all’azione: hanno cominciato
un’associazione di sostegno per persone affette da leucemia e per i loro cari.
Particolarmente i libri di Giobbe, di Geremia e di Habakuk ci mostrano come la
fede non sia una devozione passiva, ma una fede in accesa relazione personale
con Dio, a volte con aspetti conflittuali… specialmente laddove il credente
ritiene in piena crisi che Dio agisca, a dir poco, in modo poco logico o
comprensibile (cfr. anche Giona). Una tale fede viva e «reattiva» è sconosciuta
a molti spiritualisti odierni di estradizione umanista, i quali pensano che un
tale modo di parlare con Dio (sebbene da una posizione di fede) sia fuori luogo,
temerario e forse peccaminoso e colpevole.
Chiaramente per i nostri cari, oramai defunti, non possiamo che avere
fiducia in Dio e nella sua clemenza; non possiamo certo suggerire noi a Dio il
daffare. Non sono né la nostra onestà e condotta di vita, né la nostra
sofferenza personale, né la dignità con cui soffriamo, né l’esempio che possiamo
dare agli altri in tali momenti a contare dinanzi a Dio quanto alla redenzione.
Dio non ha però altro metodo di salvezza che è questo: Egli salva solo
per grazia mediante la fede in Cristo Gesù. Ciò che Dio fa nella vita degli
altri non lo possiamo sindacare; certo è che possiamo noi affidarci con fede
alla sua immensa grazia, accettando il suo dono di salvezza e farci trasformare
dal suo Spirito Santo. {Nicola Martella}
2.
{Emilio Spedicato}
▲
■ Mio fratello è sopravvissuto a una leucemia con il trapianto staminale,
dopo che era stata accertata ad esempio l’impossibilità d’usare le mie cellule;
una tecnica, se non erro, d’origine tedesca e applicata in particolare
all’ospedale di Niguarda a Milano
■ Carreras
[= tenore spagnolo José Carreras, N.d.R.] è sopravvissuto con un trapianto; ma
il grande mezzosoprano Lucia Valentini Terrani, sottoposta allo stesso
trattamento nello stesso ospedale, è morta poco ore dopo sette iniezioni di
trapianto nella spina dorsale... E sul suo caso ha scritto un libro bellissimo
Renzo Allegri — e il soprano Magda Olivero dopo averlo letto mi ha dichiarato: «Non
pensavo esistesse ancora una donna così» — libro stampato a Padova,
introvabile persino nelle librerie di Padova, salvo in quella della Basilica,
perché presentare un caso di persona credente sino all’eroismo è evidentemente
inaccettabile al mondo della cultura corrente, dominato da massoni atei o da
comunisti o riciclati comunisti.
■ E voglio vedere quanti conoscono il caso di Benedetta Bianchi Porri,
morta a 28 anni del morbo di Recklinghausen nella forma peggiore, con
conseguenze ben peggiori della leucemia, visto che porta alla cecità, sordità,
perdita della parola, paralisi, lasciando la piena consapevolezza... Di
Benedetta ho incontrato la sorella, che era la ballerina alla Scala, quando
incontrò il grande baritono Bastianini, anche lui morto di tumore.
Oggi l’esperienza del tumore è quella del dolore fisico anche estremo,
spesso più per le cure... Nell’ottocento era quasi inesistente e si sa benissimo
perché. E si sa benissimo come eliminarli con un trattamento brevissimo e
indolore, ma ahimè a un costo inaccettabilmente basso per le mafie del mondo
sanitario e farmaceutico. Bastano infatti le radiofrequenze speciali generate
dal maser, prodotto dal più grande scienziato italiano, Clarbruno Vedruccio,
opportunamente ora richiamato alle armi con la legge Marconi e spedito a
studiare che succede a Caronia. Risposta trovata e subito secretata.
Ripeto siamo in un mondo, in cui il demonio agisce con mammona e tutti tacciono,
papi e santi compresi. Saluti… {15 giugno 2009}
Nota redazionale: Il libro succitato è il seguente: Renzo Allegri, Il segreto del suo
sorriso. Lucia Valentini Terrani (EMP, 2003). Il «maser» è l’acronimo
di «Microwave Amplification by Stimulated Emission of Radiation», ossia
Amplificazione di Microonde tramite Emissione Stimolata di Radiazioni» (vedi
qui).
3.
{Davide Donisi}
▲
Gentile signor
Nicola Martella, pace in Gesù Cristo. Ho letto con molta attenzione l’articolo
in questione e devo dire che ne sono rimasto molto colpito. Mi ha colpito la
ferma fede della signora, il suo abbandono completo alla volontà di Dio. Una
persona che ha sofferto moltissimo, sia fisicamente con i vari dolori derivanti
dalla terapia, sia psicologicamente. Eppure ha avuto la fede di non cedere ma di
appoggiarsi al Signore, nonostante che le notizie potevano non essere buone. È
stato bello leggere come la Parola di Dio sia efficacie, come essa anche in
momenti tragici, come può essere una malattia mortale, doni pace allo spirito,
la pace che Gesù ci ha lasciato. Che il Signore possa donarci la pace nel cuore,
quella pace che non è del mondo, ma appartiene a Gesù. La ringrazio e la saluto,
pace in Gesù Cristo {17 giugno 2009}.
4.
{Martina Meloncelli}
▲
Sono una ex
infermiera. Ne ho viste di tutti i colori. La malattia si vive sempre con la
speranza di guarire, e personalmente penso che la fede non debba mai spegnersi,
come la speranza. Oltre alla leucemia oggi bisogna fare i conti con droga,
alcolismo, tumori di tutte le specie. La scienza ha fatto progressi ma, secondo
il mio parere, bisogna anche fare tanta educazione delle persone, insegnare le
leggi che Gesù ci ha dato; i comandamenti sono importanti. Dio disse a Mosè: io
vi do i comandamenti ascoltate e mettete in pratica. Perché tutti quasi tutti
hanno trasgredito, la terra è inquinata, così anche il mare; anche vendono le
sigarette e ogni anno tante persone muoiono col cancro ai polmoni. Pensi lei, lo
Stato vende veleno legalizzato, le sigarette. Poi i pesticidi e i veleni fanno
il resto. Noi esseri umani dobbiamo dire nostra colpa; e stiamo raccogliendo i
frutti di ciò che abbiamo seminato: è cosi. Ciao da Martina, una che crede in
Dio creatore e suo Figlio Gesù Cristo. Pace e bene a tutti coloro che cercano di
lavorare per il Creatore {17 giugno 2009}.
5.
{Gianni Siena}
▲
Inge Wende ha
richiamato in me il ricordo di mia moglie quando s’ammalò di tumore al seno.
Dapprima ecco una vicenda positiva, una sorella in Cristo era affetta
dallo stesso male: diagnosi, biopsia, radiografie, preparazione all’intervento;
poi anche richiesta di preghiera e unzione d’olio... lei fu miracolosamente
risanata. Non c’era stato nessun errore dei medici, il male c’era e scomparve:
la sorella andò in ospedale per l’intervento, le rifecero gli esami (li ripetono
sempre) e il nodulo tumorale maligno era completamente scomparso... Accadde
tutto in una settimana e Dio, quando interviene, fa le cose con rapidità
impressionante!
Tornammo dalle ferie e mio figlio aveva febbre alta e senza abbassamenti.
I medici del Gaslini non scioglievano la prognosi, poi ci rassicurarono, era una
banale «mononucleosi» ma del tipo che dà sintomi di leucemia!
Dopo qualche tempo mia moglie avvertì un nodulo alla mammella destra,
andò a farsi esaminare: era un tumore maligno. Lo shock fu forte ma pregammo e
ci affidammo alle preghiere dei credenti rivolte al Signore, eravamo fiduciosi
in una risposta di Dio... che però non fu data nel modo chiesto. Ella fu operata
e dovette sottoporsi alla chemio, con i risultati che Inge descrive molto bene;
il decorso fu da «manuale» e dovette sopportarne le conseguenze come la caduta
dei capelli.
Nel tornare dalle ferie, avevo trovato anche la comunicazione della ditta che mi
metteva in «stato di libertà»: ero a casa senza stipendio e non in cassa
integrazione come altre volte, a causa del blocco dei cantieri nell’area del
Golfo Persico per la I guerra contro l’Iraq. Furono giorni di prova, ma il
Signore non mancò di starci a fianco, alternandosi speranze e calma ad ansie e
preoccupazioni. Ero preoccupato e quando sento predicazioni sul genere «abbiate
fede», specie se chi le fa non sta vivendo i tuoi problemi, beh... meglio andare
oltre!
Mia moglie toccò con mano le soglie dell’Ades, ma la dottoressa Catturich del
Maragliano (San Martino, Ge) la rassicurò: il tumore era sì di tipo maligno, ma
era stato «preso in tempo» e asportato. Lentamente si riebbe e riprese una vita
«normale» e, dopo vari richiami della mia ditta, alla quale dovetti dire di «no»
per accompagnarla alle visite e ai trattamenti previsti, fui convocato dal mio
dirigente. Mi disse che la decisione di lasciarmi a casa non era stata sua e mi
raccomandò di non rifiutare l’ennesimo invito a rientrare al lavoro. Mi disse:
«Lei non è di quelli che devono stare a casa». Verso aprile dell’anno dopo, mia
moglie stette meglio e, con ancora i postumi dell’intervento (soprattutto nella
sua anima), rientrò al lavoro.
A luglio fui richiamato anch’io. Una mattina di quelle, mentre leggevo la
Bibbia, mi saltò all’occhio un versetto di Isaia e Dio mi parlò, mi rasserenò.
Le parole dicevano che Dio ci ama, ci elegge, siamo suoi... Avevo una domanda
nel cuore: «Signore “perché” tutto questo male, su mio figlio, su mia moglie e
su di me?». In diversi aspetti della mia vita il Signore, certamente, avrebbe
voluto disciplinarmi, ma credo che la malattia e le prove facciano parte
della quotidianità della vita cristiana. Dio provvede buona salute e cose buone
ai suoi figli, ma questo mondo non è ancora del tutto sottoposto alla signoria
di Cristo, le prove sono una dimostrazione che il nemico è ancora in agguato e
dobbiamo imparare a camminare per fede, in stretta comunione con Lui. La
malattia è parte della maledizione sul creato a causa del peccato d’Adamo, e il
nostro corpo non è ancora stato redento: anche per questo aspettiamo la beata
apparizione del nostro Signore.
Non mi piace passare per situazioni di sofferenza e questo è il modo «normale»
di sentire l’esistenza, ma chi può dire se andrà sempre tutto «liscio»? Non
resta che affidarsi quotidianamente alla misericordia del Signore!
{17 giugno 2009}.
6.
{Volto Di Gennaro}
▲
■
Contributo: Caro fratello Martella, Dio ti benedica. È proprio
vero che il nostro Signore e Dio è inafferrabile. Egli opera in «molte e
svariate maniere». Inge Wende: logicamente non conosco il suo caso. Dal punto di
vista medico ieri ho ascoltato in TV uno scienziato italiano affermare che un
certo tipo di Leucemia ritenuto inguaribile, oggi ha ampie possibilità d’essere
vinto.
Comunque sia, se la Signora Inge frequenta una chiesa, faccia richiesta affinché
si riunisca in preghiera per pregare per lei. Solo per pregare per lei.
Nel corso della mia vita pastorale ho visto «risuscitare» tante a tante persone
date per prossime alla morte! Dio non è morto, noi morremo, ma Lui è il Vivente!
Dio ti benedica. {18 giugno 2009}
▬
Osservazioni: Se il
lettore avesse letto l’intero articolo, avrebbe conosciuto a pieno il caso di
Inge Wende e si sarebbe reso conto che lei è stata già guarita e che è attiva da
anni in un’opera a favore di altri malati di leucemia.
7.
{Liliane Casolari}
▲
Caro fratello in
Cristo, è da un po’ di tempo che ho letto l’articolo, testimonianza della
sorella in fede Inge Wende nell’articolo «Leucemia: una vita tra paura e
speranza». Sono tanto felice che Dio ha permesso la sua guarigione, dopo tutti
quei mesi di malattia. Accettare circostanze positive e viverle, riesce
sicuramente a tutti come una cosa più facile che doversi confrontare con
difficili situazioni negative e accettarle.
Questo ho sentito ascoltando una radio cristiana nella lettura d’un libro di
Joni Tadda Eareckson: «Secondo la sua volontà il Signore può permettere la
nostra malattia per glorificare il suo nome. Ogni qualvolta chiediamo la
guarigione non deve per forza essere esaudita questa preghiera da Dio. Questa
paralisi mi ha dato di ricevere la guarigione spirituale che non baratterei con
100 anni di vita attiva e di buona salute».
Quando penso agli anni trascorsi nella mia vita, vedo il primo periodo vissuto
con gioia intensa insieme alla mia famiglia. La seconda parte della mia vita si
è aperta con l’incidente di mio marito, che fu come un colpo di fulmine
in un cielo blu; poi seguirono i giorni trascorsi all’ospedale e i mesi di
convalescenza. Poi un’altra insidiosa malattia che non gli lasciava speranza per
un lunga vita. Poi ci fu la separazione con i suoi figli amati e nipoti, e con
me sua moglie; però, non abbiamo pianto come coloro che non hanno speranza,
sapendo che avremo un giorno la gioia di rivederci, di vivere per sempre col
Signore, il che ci sarà di gran lunga migliore (Fil 1,23). Al Signore è
piaciuto, sette anni dopo, di chiamare pure a Sé la mia figlia. Posso
testimoniare che Lui non mi ha mai abbandonata come neanche i suoi, fra i quali
c’è il suo marito e i miei cari nipoti, che rimanevano orfani di madre, suo
fratello, mio altro figlio con suo figlio.
Noi che abbiamo sperato in Cristo, non saremo delusi. La testimonianza
della sorella c’incoraggia. Grazie. {27 agosto 2009}
8.
{Nicola Martella}
▲
Ringrazio Liliane del suo sincero contributo a questo tema spinoso, quello delle malattie e dei
guai della vita. Il crogiolo della prova non è risparmiato a nessuno nella vita.
Dinanzi a esse si vede «se abbiamo sperato in Cristo per questa vita soltanto»
(allora «noi siamo i più miserabili di tutti gli uomini»; 1 Cor 15,19), —
oppure se Cristo in noi è la «speranza della gloria» (Col 1,27), ossia se
la nostra fede e la nostra speranza sono veramente in Dio (1 Pt 1,21).
Essendo giustificati per fede, possiamo aver pace con Dio per mezzo di Gesù
Cristo, avendo per mezzo di lui, «per la fede, l’accesso a questa grazia
nella quale stiamo saldi; e ci gloriamo nella speranza della gloria di Dio»
(Rm 5,1s). In vista del traguardo, possiamo gloriarci anche nelle afflizioni,
poiché esse, mediante il processo, che passa per la pazienza e per l’esperienza,
viepiù alimenta speranza (vv. 3s), ossia l’attesa del compimento delle promesse
di Dio.
Una falsa speranza non resiste a tale fuoco della prova e dell’affinamento, ma
si manifesta come disperazione e tristezza mortale (2 Cor 7,10). La speranza
biblica, invece, «non rende confusi, perché l’amore di Dio è stato sparso nei
nostri cuori per lo Spirito Santo che ci è stato dato» (Rm 5,5). Tale amore
di Dio e lo Spirito Santo, quale caparra e suggello della redenzione finale (2
Cor 1,22; 5,5; Ef 1,13), sono quelli che ci sostengono nelle prove in vista
della meta attesa.
Perciò, a volte, abbiamo fatto la stupefacente esperienza che dinanzi a
prove, tribolazioni e pesi, per i quali siamo spesso rimasti perplessi e abbiamo
pensato di soccombere, siamo riusciti sorprendentemente a rimanere in
piedi e ad andare avanti verso la meta, mentre la morte e la vita di Cristo si
sono manifestate nel nostro corpo mortale (2 Cor 4,7-11).
9.
{}
▲
10.
{}
▲
11.
{}
▲
12.
{}
▲
►
Travaglio del cancro dalla prospettiva del parente stretto {Nicola Martella}(T)
► URL: http://puntoacroce.altervista.org/_TP/T1-Leucemia_dis-spera_parla_MeG.htm
15-06-2009; Aggiornamento: 29-06-2010
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