I figli sono visti nella Bibbia come motivo d’onore per i genitori, visto
che proseguivano la stirpe di famiglia ed erano l’assicurazione di una vecchiaia
tranquilla. Certamente la sterilità era un grande problema personale, familiare
e sociale (a ciò si doveva anche la poligamia). Chi aveva un grande clan, aveva
le spalle coperte nella società; perciò i figli e la prole erano un motivo di
sicurezza anche al presente. I figli erano visti anche come un onere, ossia
una responsabilità dei genitori. Essi col loro comportamento portavano onore o
disonore alla famiglia, fama o infamia, gioia o sofferenza. I comandamenti della
Torà e i libri sapienziale (Pr, Ec) sono pieni di brani che trattano la dinamica
genitori-figli, illustrano le problematiche fra di loro e danno consigli da
parte dei genitori per i figli, particolarmente del padre verso il figlio
maschio, visto che in quella società rappresentava l’elemento più a rischio. Si
parla di figli stolti, di disciplina, dei rischi che vengono per il giovane da
parte della donna estranea (prostituta) e dell’adultera e così via. Anche nel NT ricorrono per i credenti
precetti morali per genitori e figli (cfr. Ef 6,1-4; Col 3,20s; cfr. anche 1
Gv 2,14). Come può la Bibbia essere una bussola per
orientare genitori e figli, gli uni e gli altri timorati di Dio, in rapporti
sani, giusti e pieni di benedizione? Quali genitori e figli hanno fallito nel
loro compito, secondo la narrazione biblica?
Che cosa ne pensate? Quali sono al riguardo le vostre
esperienze, idee e opinioni?
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1.
{Argentino Quintavalle}
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L’intenso desiderio di avere figli lo si può leggere attraverso molte
pagine della Bibbia. Una famiglia senza figli, in Israele, era una famiglia
considerata quasi come morta, poiché il suo nome sarebbe perito. La voluta
mancanza di prole era considerata peccato, una disubbidienza al primo
comandamento dato all’essere umano (Gn 1,28). Oggi, nella nostra società, in
nome della paura del futuro e influenzato da Babilonia, l’uomo è molto
riluttante a fare ciò che gli è stato comandato di fare.
La patetica storia di Rabbi Meir e dei suoi due figli mostra come si
considerassero i figli in Israele. «Accadde che mentre il Rabbino stava in
sinagoga un sabato pomeriggio, in casa gli morirono i due figli. La madre li
distese su d’un letto e li coprì con un lenzuolo. Finito il servizio in
sinagoga, Rabbi Meir tornò a casa e chiese dov’erano i figli. Sua moglie gli
rispose: “Ti voglio fare una domanda. Qualche tempo fa venne qui un tale e
m’affidò un oggetto di valore e ora me lo richiede. Devo restituirglielo o no?”.
“Certamente” — rispose — “un deposito dev’essere restituito al suo
proprietario!” Ed ella allora: “Senza chiedere il tuo permesso, gliel’ho
restituito”. Lo prese quindi per mano, lo condusse nella camera di sopra, e
tolse il lenzuolo di su i corpi. Quando li vide, egli pianse amaramente; e sua
moglie gli disse: “Non mi dicesti che quel, che è stato affidato in custodia,
deve essere restituito, quando venga richiesto? L’Eterno ha dato, l’Eterno ha
tolto; sia benedetto il nome dell’Eterno” (Gb 1,21)».
Questo racconto non mostra solo una perfetta sottomissione alla volontà di Dio,
mostra anche come i figli devono essere considerati un prezioso deposito
ricevuto da Dio, per essere custodito con amore e con fede.
L’ansietà, che prova un genitore per i figli, può non farlo dormire la notte:
nei giovani anni per timore che vengano sedotti, nell’adolescenza per timore che
vengano traviati, quando sono in età da matrimonio che non trovino un coniuge
adatto, quando sono sposati per timore che non tutto vada come dovrebbe.
La Bibbia ha da dare molti saggi consigli ai genitori sui metodi buoni o
cattivi di trattare i figli. Il cattivo risultato della parzialità di
Giacobbe verso Giuseppe dette origine a una catastrofe. Personalmente consiglio
una giusta via di mezzo
tra l’indulgenza eccessiva, che non corregge i difetti dei figli, e la troppa
severità. Se uno s’astiene dal punire il figlio, questi infine diverrà
profondamente disubbidiente; non si deve però castigare il figlio quando è
cresciuto. D’altra parte il padre non deve terrorizzare i propri figli
eccessivamente. La misura conveniente da adottare coi bambini è di
respingerli con la mano sinistra e avvicinarli con la mano destra.
Ci sono stati casi in prima pagina sui giornali, in cui la minaccia della
punizione spinse dei ragazzi a togliersi la vita. Questo deve insegnare che il
padre non deve mai minacciare suo figlio, ma o punirlo immediatamente o tacere.
Altra saggia raccomandazione è che nessuno dovrebbe mai promettere a un
bambino qualche cosa senza mantenere la parola, perché con questo mezzo
s’insegna la falsità. E poiché i bambini hanno la tendenza a ripetere ciò che
hanno sentito dire in casa, i genitori devono essere molto circospetti,
parlando dinanzi ai bambini. Il discorso del bambino nella strada o nella
scuola è quello di suo padre e di sua madre. {2007}
2.
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Padri e figli nel conflitto {Nicola Martella} (T)
► URL:
http://puntoacroce.altervista.org/_TP/T1-Figli_onore_onere_Ori.htm
01-06-2007; Aggiornamento: 09-04-2015
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