Un taglio netto alle convenzioni anti-bibliche e pseudo-bibliche, all'ignoranza e alle speculazioni — Ein klarer Schnitt zu den anti-biblischen und pseudo-biblischen Konventionen, zur Unwissenheit und den Spekulationen — A clean cut to the anti-biblical and pseudo-biblical conventions, to the ignorance and the speculations — Une coupe nette aux conventions anti-bibliques et pseudo-bibliques, à l'ignorance et aux spéculations — Un corte neto a las convenciones anti-bíblicas y pseudo-bíblicas, a la ignorancia y a las especulaciones

La fede che pensa — Accettare la sfida nel nostro tempo

«Glaube gegen den Strom»: Für das biblische Unterscheidungsvermögen — «Faith countercurrent»: For the biblical discernment — «Foi contre-courant»: Pour le discernement biblique — «Fe contracorriente»: Por el discernimiento bíblico

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Il sabato, l’anno sabbatico e il giubileo.

 

Ecco le parti principali:
■ Il patto, l'etica e il pensiero sabbatico
■ Il sabato nell’Antico Testamento, nel giudaismo, nel Nuovo Testamento e relative questioni odierne
■ L’estensione del sabato: l’anno sabbatico e lo jôbel nella Torà e nella storia
■ L’ideale e le funzioni teologiche risultanti
■ Excursus: Storia del giubileo cattolico
■ Le feste principali in Israele.

 

► Vedi al riguardo la recensione.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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CERVELLI IN FUMO? PARLIAMONE

 

 a cura di Nicola Martella

 

Qui di seguito discutiamo l’articolo «Cervelli in fumo: Sigarette ed ermeneutica biblica». Come ho già scritto, non fumo e sconsiglierei a chiunque di farlo, per i danni che provoca. Tuttavia, userei argomenti medico-scientifici ed eviterei di usare addebiti morali, basati sul soggettivismo, che rappresentano un abuso della sacra Scrittura, creano prostrazione in chi è moralmente stigmatizzato e non risolve veramente il problema reale.

     Uno degli interrogativi, che ci poniamo, è come definiamo il concetto di «peccato» (trasgressione, violazione, infrazione, fallo, ecc.), per poi poter stabilire se c’è o meno una colpa morale, che eventualmente porti a una pena o a un intervento disciplinare. Infatti, se il concetto di peccato è basato sulla percezione soggettiva e culturale di un individuo o di un certo gruppo, e non su una legge specifica, allora per gli uni pressoché tutte le cose saranno chiamate «peccati», mentre per gli altri nulla lo è. Nella Bibbia il «peccato» (trasgressione, ecc.) è un concetto giuridico ben definito, che non lascia discrezionalità. Ai dettagli rimando nella discussione.

     La questione del fumo (tabacco, sigarette, ecc.) è qui solo un banco di prova per esercitare un’ermeneutica biblica basata sull’esegesi contestuale. Tali principi evinti si possono poi applicare a casi simili, in cui la sacra Scrittura non affronta specificamente questioni del genere; questo è il campo, ad esempio, di ogni tipo di dipendenza, anche quelle moderne.

 

     Che cosa ne pensate? Quali sono al riguardo le vostre esperienze, idee e opinioni?

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I contributi sul tema 

(I contributi rispecchiano le opinioni personali degli autori.

I contributi attivi hanno uno sfondo bianco)

 

1. Giuseppe Vitale

2. Luigi Schirru

3. Antonio Capasso

4. Pietro Calenzo

5. Maurizio Marino

6. Nicola Carlisi

7. Gianni Siena

8. Eliseo Paterniti

9. Lucia Vitangeli G.

10. Alfredo Sillitti

11. Jonathan De Felice

12.

13.

14.

15. Vari e medi

16. Vari e brevi

 

Clicca sul lemma desiderato per raggiungere la rubrica sottostante

 

 

1. {Giuseppe Vitale}

 

Contributo: Nicola, il tuo scritto è molto chiaro, però, a mio avviso, mancano delle precisazioni importanti:

     ■ 1. Il credente di oggi conosce benissimo che il fumo causa del male contro il nostro corpo (i vecchietti che fanno eccezione non possiamo prenderli in considerazione) e creano una dipendenza del tutto simile a droghe di altra origine.

     ■ 2. Fumare può essere di cattiva testimonianza. Una persona che mi parla di un Gesù, che libera, mentre divora un pacco di sigarette, non è credibile.

     ■ 3. I credenti degli scorsi secoli non avevano una conoscenza totale del male che una sigaretta poteva causare dei mali immensi come i tumori.

     ■ 4. È vero che tutti noi credenti dipendiamo da qualcosa, ad esempio io ho una dipendenza da cibo (come effetto contrapposto ad anni di dieta ferrea da pugile) e da caffè. So che sono cose sbagliate e che devo evitare, perché non è giusto danneggiare il mio corpo, e cerco anche di farlo. Non mi sognerei mai dal dire che il gozzovigliare è cosa giusta e tanto meno che lo sia una sostanza, se pur non causi grandi problemi, come la caffeina. Anche avendo questi difetti, nulla m’impedisce di dire a un fratello che un determinato comportamento lo danneggia ed è una forma di autolesionismo. Se si dovesse aspettare di essere totalmente santi per ammonire un fratello, non sarebbero stati istituiti i vescovi.

     Sono però d’accordo con te sul fatto di dare un’importanza esclusiva a ciò che la Bibbia condanna come peccato. Nell’includere altro come peccato, si corre il rischio di risultare completamente ridicoli ad altri, che ignorano il nostro contesto culturale. Ad esempio, mi sono trovato a leggere le confessioni di Agostino e qui il caro «dottore» diceva che cercava di allontanarsi dai profumi in una sorta di strano ascetismo. Forse rischieremo di fare la stessa fine, se ci accaniamo troppo su un sintomo di un peccato che sul peccato stesso. In questo caso, io penso che il peccato in questione sia il mancato amore verso se stessi. {20-06-2011}

 

Risposta (Nicola Martella): Gli interrogativi di questo lettore sono importanti e interessanti, e rispondo con piacere.

     ■ 1. Ho scritto chiaramente il fatto che non incoraggio il fumo e ho messo in guardia dai danni, che esso procura. Quanto alle dipendenze, ogni sostanza (caffè, cibo, alcool, ecc.) e attività umana (gioco, lavoro, sport, ecc.) la crea mediante un uso compulsivo.

 

     ■ 2. Tutto ciò che facciamo può essere una cattiva testimonianza. Quanto al fumo, sinceramente vedo che si scandalizzano più i credenti che i non credenti, per i quali è normale fumare o che altri lo facciano.

     È credibile chi dipende da altre droghe, di cui ho parlato, verso cui sviluppa un atteggiamento compulsivo? Ciò che è credibile, dipende dal punto di vista di chi osserva gli altri partendo dal proprio humus culturale. I Farisei, guadando coloro che erano diversi da loro, conclusero, usando le parole di Gesù: «È venuto Giovanni non mangiando né bevendo, e dicono: «Ha un demonio!».. È venuto il Figlio dell’uomo mangiando e bevendo, e dicono: «Ecco un mangiatore e un beone, un amico dei pubblicani e dei peccatori!».» (Mt 11,18s). I cristiani troppo perfetti (almeno nell’apparenza) possono far credere che essere seguaci di Cristo sia un traguardo irraggiungibile, visto che è connesso a pensanti rinunce. Si comincia con l’offrire la grazia, ma alla fine si presenta una religione di opere.

 

     ■ 3. Per avvalorare tale tesi sulle conoscenze o sull’ignoranza dei credenti del passato, bisognerebbe accertarlo con un’analisi scientifica. In ogni modo, il proibizionismo venne in America per l’alcool, che faceva molte stragi fra le popolazioni. Il proibizionismo alimenta il contrabbando nella società e l’ipocrisia nelle chiese (si fa di nascosto, basta che gli altri non lo sappiano). Ancora oggigiorno ci sono credenti d’oltre oceano che credono che bere un bicchiere di vino, anche se solo durante il pasto, sia peccato.

 

     ■ 4. Una dipendenza è il desiderio irrefrenabile e irrazionale verso qualcosa, che porta a comportamenti compulsivi, qualunque sia la fonte (cibo, caffè, alcool, tabacco, gioco, sport, sesso, ecc.). Nel passato la caffeina è stata pressoché demonizzata dalla medicina; essa altera, ad esempio, l’azione di alcuni farmaci.

     Quanto all’ammonire un fratello e il riferimento ai conduttori, faccio presente che la qualità maggiore richiesta, da cui dipendono tutte le altre, è l’irreprensibilità (1 Tm 3,2.10; Tt 1,6s). Essere «santi e irreprensibili dinanzi a Lui nell’amore» (Ef 1,4; cfr. 5,27; Col 1,22; 1 Ts 2,10; 3,13), è richiesto a tutti i credenti, tanto più se vogliono ammonire altri. Chi è affetto da una dipendenza (p.es. da cibo), si guardi dall’ammonire chi dipende da un’altra sostanza (p.es. caffè).

     Il lettore stesso ha accennato al fatto che i cristiani possano apparire bizzarri agli occhi degli altri; e con l’esempio di Agostino da Ippona ha mostrato che lo spirito manicheo, di cui egli era affetto, fa individuare e stigmatizzare or quest’or quello come peccaminoso, facendo ritirare certi credenti in uno «strano ascetismo», che li fa apparire come «esotici» e poco attraenti.

     Quanto all’affermazione psicologizzante, secondo cui «il peccato in questione sia il mancato amore verso se stessi», ciò ci porterebbe molto fuori tema; ma così formulata, palesa un altro tipo di dipendenza moderna e si trova in netto contrasto con la dottrina di Gesù, che invitava a rinunciare a se stessi (Mt 16,24), non ad amarsi di più.

 

 

2. {Luigi Schirru}

 

Contributo: Se si sa che una cosa fa male al corpo, allora è meglio evitarla. Il fumo fa male, ma fanno male anche l’alcol, le carni grasse, il caffè, lo zucchero raffinato e tante altre cose. Se non si è consapevoli di queste cose, allora è un conto (ma chi non lo è), ma se si è consapevoli che il fumo fa male (ma non si può fare a meno), se mangiare tanta carne rossa fa male (ma piace troppo), se bere un litro di vino al giorno fa male (ma è troppo buono), ecc., allora si pecca, perché si è consapevoli che una «dieta» del genere uccide il corpo, che è il tempio dello Spirito Santo; e Dio ci ha dato un corpo per averne cura, non per trattarlo male. {21-06-2011}

 

Risposta (Nicola Martella): Mi pare di capire che qui il «peccato» (trasgressione, ecc.) si definisca qui non con ciò che stabilisce chiaramente una legge (quella del nuovo patto per i cristiani), ma con ciò, che fa male fisicamente, e con la conseguente consapevolezza di ciò; mi verrebbe da dire: viva gli ignari, poiché a loro non potrà essere addebitato nulla! È evidente che qui c’è una concezione utilitaristica del peccato, che giuridicamente non può essere utilizzata, anche perché ciò che fa bene o male dipende dalla genetica, dal metabolismo e dallo stile di vita d’ognuno.

     Dopo un concetto di «peccato» così elastico, presente nel conduttore dell’articolo di riferimento, in vari cristiani e in varie chiese, oltre che nell’ultimo lettore, permettetemi un po’ di parodia, che mi sembra il genere letterario più consono per rispondere a una concezione salutista di peccato.

     Quindi, siamo irrimediabilmente «peccatori», qualsiasi cosa facciamo, sia per peccati descritti chiaramente nella Parola di Dio, sia per nuove e moderne «iniquità»! E siamo sempre più «trasgressori» a mano a mano che escono additivi sempre più nuovi ai nostri alimenti dal nome misterioso (p.es. «E100-E199» coloranti), di cui non conosciamo la natura a primo acchito, se non dopo aver consultato l’opportuno manuale specialistico. E in tale giungla chi si salverà?

     Per non dimenticare altre «trasgressioni», ad esempio: il «peccato« passeggiare sotto il sole senza l’adeguata protezione solare, «l’iniquità» di non portare la mascherina camminando per la città, la «trasgressione» di non usare il dentifricio giusto e di non pulirci i denti dopo ogni pasto, la «colpa» di non usare la crema antirughe, e così via. Penso che dovremmo fare una lista di tutti i nuovi «peccati» e appenderla all’entrata della sala della nostra chiesa e che i conduttori di chiesa dovrebbero predicarci sopra almeno una volta al mese.

     Ecco qui di seguito il mio codice salutista: non fumo, bevo rarissimamente un bicchierino di liquore, ma solo un bicchiere di vino durante ogni pasto, bevo caffè solo una volta al giorno con un solo cucchiaino di zucchero raffinato, optando per il più santificante tè al pomeriggio, mangio raramente carne, ma mi abbuffo con le più purificanti insalate e verdure… Sono orgoglioso di essere così un «cristiano» migliore e, sinceramente, di non essere «peccatore» come tanti altri, che conosco. Inoltre, con una dieta del genere saprò certamente resistere di più alle opere della carne e produrre maggiore frutto dello Spirito. Ora, spero che riuscirò a fare sempre meglio la raccolta differenziata, che già pratichiamo abbastanza da lungo tempo, e sarò proprio perfetto come cristiano, vero? Di tutto ciò il Cielo dovrebbe tenerne conto a mio favore, no?

 

Osservazioni (Gianfranco Rosa): Caro Nicola, sempre pungente al punto giusto e preciso. {21-06-2011}

 

Replica (Luigi Schirru): Caro Nicola, penso di essere stato travisato... non m’interessa essere un religioso né tantomeno un «buon» cristiano: se in coscienza so che un determinato modo di fare non va bene, non lo faccio. Se poi un mio fratello fuma o altro, posso soltanto metterlo in guardia dai rischi (che sicuramente conosce, dato che di questi tempi l’informazione è molto più sviluppata di cento anni fa); ma non è certo che io sia migliore di lui solo perché fuma. Infatti, io posso avere altre cose, che magari non sono così visibili, ma sono altrettanto dannose (e non solo per il corpo); quindi lasciamo perdere il «buon cristiano», perché non ne conosco neanche uno.

     Se poi vogliamo dare una definizione di peccato, è presto detto: il peccato è tutto quello, che ci separa da Dio. Lascio alla coscienza di ognuno di noi il meditare su cosa ci separa da Dio. {21-06-2011}

 

Osservazioni (Emanuela Spada): Mi sembra che si sia «leggermente» forzata la mano su una semplice opinione. {21-06-2011}

 

Risposta 2 (Nicola Martella): Come ho anticipato sopra, il contributo di Luigi Schirru è stato solo il detonatore per un po’ di parodia, che prende di mira in generale un concetto di «peccato» ricorrente in vari cristiani e varie chiese. Quindi non era inteso in senso personale. Ora passiamo alle cose più esegetiche.

     Io stesso sono contro il fumo e alte dipendenze, ma non le chiamerei mai come «peccato», ossia come trasgressione di una chiara legge divina. Ho ricordato altrove che i Farisei giudicavano tutti quelli che erano diversi da loro per difetto o per eccesso; Gesù disse di loro: «È venuto Giovanni non mangiando né bevendo, e dicono: “Ha un demonio!”. È venuto il Figlio dell’uomo mangiando e bevendo, e dicono: “Ecco un mangiatore e un beone, un amico dei pubblicani e dei peccatori!”» (Mt 11,18s). Riguardo ai precetti alimentari, tanto cari al giudaismo (anche cristiano) e che però apparivano singolari agli occhi dei cristiani gentili, Paolo affermò: «Il regno di Dio non consiste in vivanda né in bevanda, ma è giustizia, pace e allegrezza nello Spirito Santo» (Rm 14,17). I cristiani giudei erano scandalizzati dalle abitudini culinarie così liberali dei cristiani gentili (vv. 14s). Il principio, che qui Paolo ricordò ad ambedue i contraenti, era questo: «Ciascun di noi renderà conto di se stesso a Dio» (v. 12). Paolo non introdusse qui un facile concetto di «peccato» per stigmatizzare gli uni e lodare gli altri, ma introdusse il principio della libertà responsabile nel rispetto degli altri.

     Penso che tale principio si possa estendere a questioni simili, come a quelle menzionate sopra. Allora, invece di usare facili concezioni di «peccato» (quello altrui), se la Bibbia non è chiara e incontrovertibile su una certa questione, è meglio usare argomenti razionali convincenti; se l’altro non li accetta, si lascerà a lui la responsabilità.

     Quanto alla definizione di peccato come «quello, che ci separa da Dio», riguarda l’effetto, ma non la natura dell’atto stesso, né è un concetto utile nella pratica, visto che lascia il contenuto del peccato a discrezione del singolo. Preferisco la definizione data dalla Bibbia stessa: «Il peccato è la violazione della legge» (1 Gv 3,4), ossia si commettete un peccato, quando convinti dalla legge di essere un trasgressore (Gcm 2,9). Quindi, il peccato è un concetto giuridico legato a una legislazione, che per i cristiani è la «legge di Cristo» (1 Cor 9,21; Gal 6,2; cfr. Rm 8,2).

     La trasgressione è un concetto giuridico, non soggetto a interpretazioni soggettive; in caso contrario ci sarebbe il caos. Per ciò, che una legge non dichiara esplicitamente, non si può condannare nessuno. Per questo Paolo introdusse la questione dell’opportunità per le cose non chiaramente esplicitate: ciò che è lecito, non sempre è utile (1 Cor 6,12a; 10,23a) né edifica ma, al contrario (1 Cor 10,23b), può portare a una dipendenza (1 Cor 6,12b). Questo però non riguarda la legge e il concetto di trasgressione, ma della libertà responsabile e matura. In 1 Corinzi 6,12ss ciò fu riferito alle vivande, mentre sulla fornicazione Paolo fu chiaro, poiché la legge del nuovo patto la dichiara chiaramente come trasgressione (v. 18). Anche in 1 Corinzi 10 si trattava di questioni alimentari (vv. 25.27ss), che Paolo distinse dall’idolatria, che è chiaramente una trasgressione della legge divina (vv. 20s). Nelle cose lecite non bisogna inoltre cercare solo il proprio vantaggio, ma anche l’altrui (v. 24; cfr. v. 33). [ L’etica della libertà e della responsabilità]

 

 

3. {Antonio Capasso}

 

Contributo: Che bello Possiamo farci anche le canne! Sicuramente i culti saranno migliori. {21-06-2011}

 

Risposta 1 (Nicola Martella): «Filippo accorse, l’udì che leggeva il profeta Isaia, e disse: “Intendi tu le cose che leggi?» (Atti 8,30). Penso che questa domanda resti attuale anche oggi in tante occasioni, anche per il caro Antonio Capasso.

     Sebbene l’umorismo mi aggradi, possibile che se ne viene fuori con una simile battuta!? Possibile che non distingua fra gli argomenti medico-scientifici e i falsi argomenti biblici, di cui si abusa per stigmatizzare alcune cose come «peccato»? Qui il tema è «Sigarette ed ermeneutica biblica». Sono convinto che Antonio sia capace di capirlo e di rispondere nel merito, dopo aver letto veramente tutto l’articolo.

 

Osservazioni 1 (Salvatore Paone): Condivido con Nicola, per il semplice fatto che bisogna distinguere ciò che è peccato secondo la Bibbia e ciò che fa male per la salute. Detto questo le «droghe» come le cannabis sono droghe leggere, ma hanno dimostrato che sono un trampolino di lancio per entrare in un tunnel quasi irrimediabile. Conoscendo attraverso la Bibbia i peccati elencati come la fornicazione, l’adulterio, bugie, ecc., ecc., credo che siano questi ultimi da evitare per la santificazione. Se così non fosse, dovremmo controllare la caffeina per ogni credente italiano, la teina per i fratelli inglesi, e così via. Ognuno esamini se stesso, dice Paolo ai Corinzi 11,28. Bisogna distinguere le cose che fanno parte di un etica e quelle spirituali, e sopratutto elencate nella Bibbia. Comunque, Antonio Capasso, niente canne, grazie. {21-06-2011}

 

Risposta 2 (Nicola Martella): Permettetemi una battuta. Per favore, niente «canne materiali» prima dei culti! Già ci bastano i trasporti estatici dovute a «canne mistiche», che alcuni si fanno! Che si facciano un paio di cannoli siciliani, saranno più dolci e appagati!

 

Osservazioni 2 (Salvatore Paone): Perché due sfogliatelle partenopee, che fai, non le mangi? {21-06-2011}

 

Replica (Antonio Capasso): Mamma mia, come siamo suscettibili! Caro Nicola, si vede proprio che hai avuto a che fare molto con i tedeschi. Vieni più spesso a Napoli, ti ospito io. Un po’ di «spirito» partenopeo ti farebbe sicuramente bene. C’è un bellissimo articolo in «Studi di Teologia» n°5 «Fondamenta per l’etica», dove Jochem Douma, alle pagine 34-35, afferma: «Gli apostoli fanno ricorso alla Scrittura non solo per l’insegnamento dogmatico, ma anche per l’istruzione etica. Ciò nondimeno, ci colpisce il fatto che gli apostoli non si limitassero a una semplice ripetizione della formula “sta scritto”. In molti casi, non facevano neppure ricorso al decalogo… talvolta per l’obbedienza alla volontà di Dio, forniscono una ragione totalmente diversa... l’imitazione di Cristo... Di conseguenza, oltre alla formula esplicita “sta scritto”, dobbiamo riconoscere che significa l’imitazione di Cristo». Aggiunge ancora Douma, a pagina 42: «La bibbia non è una guida (dux) in tutto, ma rimane, tuttavia, giudice (iudex)». A pagina 46 l’autore parla anche dell’importanza della guida dello Spirito Santo nell’etica. Sempre a pagina 46 afferma: «La questione davanti a noi non ha forse a che vedere con decisioni concrete da prendere senza il vantaggio di direttive esplicite tratte dalla Bibbia?... le Scritture acquisiscono in questo modo il carattere dell’esempio, modello o tipo». In conclusione, caro Nicola, il fatto che non è esplicitamente scritto nella Bibbia che non si può fumare, non significa che dobbiamo approvare questa pratica. La Scrittura in questo caso, pur non essendo guida (dux) è tuttavia giudice (iudex). La Scrittura parla in Galati 5,19-21 delle opere della carne, e dopo aver fatto un lungo elenco, che chiaramente non poteva essere esaustivo, Paolo conclude dicendo «e altre simili cose… chi fa tali cose non erediterà il regno di Dio». Altre simili cose possono essere la droga, la tortura, manipolazioni genetiche, fumo, ecc., cose che non sono esplicitamente vietate nella Scrittura. In 1 Giovanni 3,22, l’apostolo parla di un doppio aspetto dell’etica: i comandamenti e ciò, che è gradito a Dio. Se mi chiedi: «Il non fumare è un comandamento?». Ti dico: «No!». Ma se mi chiedi: «È cosa gradita a Dio il non fumare?». Ti rispondo, nello «spirito delle Scritture»: «Si!». {21-06-2011}

 

Osservazioni 3 (Salvatore Paone): Non condivido per niente, Antonio, perché su quale base la metti spiritualmente: «Non fumare»? Qual è il senso spirituale della cosa? Se la metti sul piano, che noi siamo il tempio di Dio, potrei farti un elenco di cose da evitare, lo stesso stare al PC. E non credo che sia il caso. {21-06-2011}

 

Risposta 3 (Nicola Martella): Grazie, Antonio, che sei entrato più nel merito. I termini della questione sono «sta scritto», le direttive esplicite, l’imitazione di Cristo, l’analogia, la guida dello Spirito. Oltre ai due punti, accertabili con l’esegesi, anche negli altri c’è qualcosa di vero. Il problema con l’imitazione di Cristo sta già nel fatto che Egli si muoveva in una cultura tipicamente giudaica; certamente si possono seguire le sue direttive e imitarlo negli aspetti morali. La guida dello Spirito non bisogna sottovalutarla, ma neppure strapazzarla; lo Spirito ci conduce secondo la Scrittura. Inoltre, coloro, che si sono appellati alla guida dello Spirito, durante la storia della chiesa, hanno dato indicazioni morali alquanto differenti e spesso contrastanti fra loro, a seconda del tempo in cui sono vissuti e della cultura d’appartenenza. Si pensi alla proibizione assoluta di bere vino in certi ambienti cristiani americani, o alla proibizione di tutto ciò che nel tempo è stato considerato come «moderno» (p.es. pantaloni, radio, TV, ecc.; cfr. Hamish, Mennoniti, ecc.). Tutti si appellavano alla guida dello Spirito.

     Inoltre, il carattere di esempio, modello o tipo della Scrittura si può solo limitare alle cose effettivamente descritte, non ad altre. A ciò si aggiunga che la Bibbia è guida e giudice nelle cose chiaramente dichiarate; se così non fosse, si darebbe un gran potere alla discrezionalità soggettiva all’arbitrio dei singoli.

     La citazione di Galati 5,21 «e altre simili cose» è problematica per due motivi: ▪ 1. Ognuno è tentato di riempire tale locuzione a suo arbitrio, come mostra Antonio stesso (droga, tortura, manipolazioni genetiche, fumo). ▪ 2. La forza di tale espressione sta nel termine «simili [cose]», che intende le «cose simili alle precedenti», nel senso che sono già note dagli insegnamenti di Gesù e degli apostoli. Quindi, non possiamo caricare tale locuzione con ciò, che ci aggrada.

     Infine, faccio osservare che in 1 Giovanni 3,22 i «suoi comandamenti» e le «cose, che gli sono gradite», non sono due cose distinte, ma l’ultima espressione rafforza solo la prima, come è tipico nel linguaggio degli Ebrei; il senso è questo: per fare le cose gradite a Dio, dobbiamo osservare i suoi comandamenti, di cui parlano i vv. 23s.

     Riaffermo ancora una volta che sono contrario al fumo (come a ogni vizio e dipendenza) per motivi razionali e medico-scientifici, ma mi guardo dal dare motivazioni dottrinali inesistenti per motivare il mio tentativo di dissuadere a non fumare. Chi non taglia rettamente la Parola della verità, ma cerca comode scorciatoie, non solo rischia d’essere un «operaio confuso» (2 Tm 2,15), ma diventa come tale un esempio da imitare. Io ci tengo non solo alla salvezza (è per grazia), ma anche al premio (è secondo fedeltà).

 

 

4. {Pietro Calenzo}

 

Contributo: Ho letto con molta attenzione, tutto il contributo del fratello Nicola, e i preziosi commenti dei vari fratelli, che hanno espresso nei loro interventi, molto diligenti e interessanti. Voglio raccontarvi una storia vera.

     C’era un fratello che, dall’età di diciotto anni in poi, fumava, poi intorno ai ventidue anni e mezzo fu convertito all’Evangelo di Cristo per mezzo di alcuni fratelli delle ADI, che tra le altre note, erano suoi parenti. La vita comunitaria lo condusse a una progressiva santificazione, eliminando tutto quanto pensava, anche su consiglio dei fratelli maturi, potesse nuocere alla testimonianza del Signore e alla salute del suo corpo come tempio dello Spirito Santo. Il Signore gli diede grazia di eliminare dalla sua vita, tutti quei rimasugli del mondo che, in qualche modo, avevano condizionato la sua vita pre-cristiana; eliminò tutto tranne il fumo, anche se in verità i fratelli pentecostali non lo ghettizzarono per questo. Successivamente trasmigrò per diverse vedute dottrinali in altre assemblee evangeliche, dove ancora gli fu consigliato saggiamente, se possibile di ridurre il fumo e inoltre, se possibile, di non fumare appena prima del culto o degli studi della Parola di Dio, o subito dopo, poiché i culti si svolgevano in case private. Questo fratello, accettò di buon grado tutti i consigli degli anziani. E, allorquando con amore parlò del suo limite-peccato con uno degli anziani, non solamente non accampò alibi, ma dette una ragione in più all’anziano medesimo per le conseguenze dannose, che detto limite comportava, e non solamente alla salute, ma anche alla sua economia, dono del Signore. So che nei vari anni ha fatto di tutto per smettere, arrivando ad assumere anche aiuti farmacologi, al fine di porre termine a tale travaglio o laccio, ma purtroppo senza successo.

     Questo credente, sono io. Il Signore ci benedica. {22-06-2011}

 

Risposta (Nicola Martella): Ringrazio Pietro per averci raccontato la storia e il travaglio di questa sua «controfigura». Mi ha sorpreso positivamente che egli non abbia cercato di addolcire tale suo «limite», senza cercare facili alibi, ma conscio delle conseguenze dannose di tale «travaglio o laccio». Dopo aver ridotto l’attività fumaria, ha cercato di smettere a ogni costo, senza mai riuscirci. È una testimonianza sincera. Additarlo come «peccatore» sarebbe oltremodo fuori luogo, come pure il cercare recondite (e deprimenti) cause spirituali. Non gli difetta certo la grazia di Dio. La mente umana è troppo complessa per risalire sempre a una ragione chiara. In ogni modo, ciò che Pietro necessita è comprensione, non facili giudizi.

 

 

5. {Maurizio Marino}

 

Contributo: Anch’io ho fumato fino all’età di quarant’anni e non desideravo smettere. Non ero ancora credente, ma credo che il Signore mi abbia miracolato. Dopo un viaggio in Bulgaria, sono tornato pieno di sigarette, ma con un febbrone da cavallo. Così per diversi giorni non ho fumato, perché mi faceva star male. Quando mi sono ripreso, senza pensarci, non mi sentivo più attratto dalle sigarette, che erano sparse per casa. Così è passato un mese, poi due, poi tre e via discorrendo. A quel punto mi sono reso conto, che qualcosa era cambiato e ho preso coscienza della cosa. Il difficile era un pochino dopo pranzo e la sera, ma è bastato poco sacrificio per riuscire a resistere. Il vero problema erano gli amici fumatori, che mi «stuzzicavano». Lì è stato più difficile resistere.

     Dopo un po’ di tempo qualcuno mi ha parlato dell’amore di Cristo e sono diventato credente. Dopo 18 anni, ho buttato quelle sigarette, che erano rimaste in casa: nessuno mi ha costretto a non fumare più, ma credo che il Signore ha operato nella mia vita, mostrandomi la sua potenza. Infatti, sono pienamente convinto che da solo non avrei mai potuto smettere di fumare in quel modo. Per questo lodo Dio e lo ringrazio. Con questo, però, non voglio dire che Dio deve per forza operare così con tutti. {22-06-2011}

 

Risposta (Nicola Martella): Le varie testimonianze, anche quella di Maurizio, sono come tessere di un grande mosaico, il cui disegno completo ci sfugge.

     Nel caso specifico mi verrebbe da dire, con una battuta, che bisognerebbe patentare tale febbrone bulgaro come sicuro metodo anti-fumo! Posso comprendere dal punto di vista di Maurizio che egli si senta miracolato. Egli stesso è conscio che Dio non opera sempre così.

     Nella battaglia contro la nicotina ci sono varie tipologie: ci sono persone che smettono da un giorno a un altro; ci sono altre persone, che combattono per lungo tempo prima di vincere tale battaglia; ci sono altre persone ancora, che combattono da sempre, senza mai poter veramente smettere. Eppure la grazia di Dio è uguale per tutti i suoi figli. Bisogna guardarsi da facili analisi spiritualeggianti. La realtà è più complessa delle nostre supposizioni.

 

 

6. {Nicola Carlisi}

 

Contributo: Noi sappiamo che il peccato è la trasgressione della legge (1 Gv 3,4), quindi attribuire la parola «peccato» a ciò, che esce dal concetto giuridico, potrebbe essere un errore; ma, potrebbe anche non esserlo. Biblicamente non troviamo nessuna proibizione, perché al tempo degli apostoli non vi era il tabacco, e non si fumava. Ma l’apostolo Paolo guidato dallo Spirito Santo scrisse: «Tu hai fede? abbila in te stesso, davanti a Dio; beato chi non condanna se stesso in ciò, che egli discerne. Ma colui che sta in dubbio, se mangia, è condannato; perciocché non mangia con fede; or tutto ciò, che non è di fede, è peccato» (Rm 14,22-23).

     Credo che l’apostolo Paolo ha voluto lasciare una regola spirituale soggettiva, e non solo per l’abuso dei cibi, ma per ogni cosa, che si possa fare senza convinzione, incluso il fumo. Peraltro la legge dello Spirito, al bisogno ci convince di peccato, qualora noi non sappiamo se il fare o il no fare può essere motivo di peccato.

     Personalmente, dopo essere stato salvato, continuai a fumare per circa sette mesi. In quel tempo ero in Germania, lì sono stato salvato. In un periodo di vacanze con la famiglia, siamo andati da mia suocera, che abitava a Milano. Una sera, mentre mia moglie e i bambini assieme ai miei suoceri guardavano la televisione in salotto, io rimasi nella cucina a leggere un libro cristiano. Stavo per prendere una sigaretta per accenderla, ma sentii nello spirito: «Perché non chiedi a Gesù di liberarti da questa schiavitù?». Compresi che lo Spirito Santo voleva che io smettessi di fumare. Dissi semplicemente: «Signor Gesù, toglimi questo spirito fumatore!». Buttai le sigarette e l’accendino; da quel momento non fumai più. E non solo, tante altri piccoli abitudini scomparvero per opera e l’aiuto dello Spirito Santo. Ancora non conoscevo nessuna comunità e nessun fratello. Sono passati 37 anni. A Gesù la gloria per ogni liberazione! Pace a tutti! {22-06-2011}

 

Risposta (Nicola Martella): Una legge non può reggersi sulla discrezionalità, ma deve chiaramente dichiarare ciò, che è reato, e quale pena porta con sé, altrimenti c’è il caos giuridico ed è come se non ci fosse legge. La questione di base, che ci siamo posti è quella dell’ermeneutica (o interpretazione corretta) dei testi biblici e quella della definizione di peccato. Il conduttore di tale donna credente ha usato la Scrittura a suo arbitrio, per dichiararla peccatrice, bisognosa di ravvedimento e probabilmente anche di liberazione spirituale. A mio parere, questo è un abuso della Parola e dell’autorità. Di questo si tratta e non se il tabacco c’era o meno al tempo degli apostoli.

     Non ho compreso tutto il ragionamento, poiché non è lineare. Non ho capito l’evidenza di Romani 14,22s nella traduzione di Diodati. Faccio notare che il termine greco pistis non intende solo «fede» in senso religioso (che nel contesto poco passa), ma anche «fiducia, convinzione, ecc.». Visto l’argomento trattato dall’apostolo, tali versi sarebbero da tradurre correttamente così: «Tu hai una convinzione? Abbila per te stesso, davanti a Dio! Felice chi non condanna se stesso in ciò, che approva! Chi, però, sta in dubbio, se mangia, è condannato, perché non [lo fa] con convinzione. Ora, tutto ciò, che non è da convinzione, è peccato». In modo simile traduce, ad esempio la Luzzi (Riveduta). Visto che sono stati introdotti tali versi, per paradosso, si potrebbe asserire: chi fuma senza convinzione, pecca; quindi, per assurdo, chi fuma convinto, non peccherebbe. Come si vede, è meglio non usare tali versi sull’etica alimentare di Giudei e Gentili, per servirsene per altri scopi; i risultati potrebbero essere imprevedibili. Io sono contrario al fumo, ma voglio tagliare rettamente la Parola, non addomesticarla a una mia tesi preconcetta.

     Se ci appelliamo a una «legge dello Spirito», differente dalla «legge di Cristo» (quella scritturale del nuovo patto), ci troveremo nel campo delle ipotesi e dell’arbitrio, poiché le convinzioni, che i cristiani attribuiscono a tale legge non scritta, sono variegate e spesso contrastanti per tempo e per luogo. Oggettivamente non è praticabile come norma, poiché tali convinzioni si basano su scelte locali, tramandate e che si reggono su convenzioni culturali e religiose. Si pensi alla differenti decisioni locali, ad esempio, sui pantaloni della donna, sul lavoro della donna, sulla divisione in sala secondo i sessi, all’uso della novità della tecnica, sul bere il vino; se tutti si appellano alla guida dello Spirito, è Egli confuso o lo sono coloro che si appellano a Lui?

     La testimonianza di Nicola Carlisi si aggiunge alle altre di altra specie; ognuna è una via soggettiva, che non può diventare norma generale. Mi meraviglia che egli parli di uno «spirito fumatore», da cui bisogna essere liberati; significa che ognuno, che fuma, sarebbe demonizzato? Ciò sarebbe grave sul piano dottrinale e pastorale. Probabilmente si tratta solo di un modo di dire, spero. Penso che bisogna rispettare tale personale testimonianza. Tuttavia, quanti altri credenti hanno pregato con le lacrime agli occhi, il cuore gonfio e grande attesa, che il Signore li liberasse dal fumo, ma ciò non è avvenuto!? Avevano essi troppa poca fede? O il Signore non si è mostrato abbastanza potente in loro? Il mosaico della realtà è troppo complesso, perché noi con poche tessere in mano troviamo una ragione oggettiva o una formula semplificatrice. Preferisco attenermi a ciò, che sta scritto, per non essere confuso e confondente.

     Gloria a Dio per i tanti credenti, che hanno smesso di fumare; si sono tolti un giogo di dosso. Solidarietà per quanti stanno tentando di farlo; possono essere un esempio per le battaglie contro le nostre altre debolezze, contro cui non bisogna mai arrendersi. Amore misericordioso per quanti non ce la faranno mai; certamente la grazia di Dio sarà in loro potente in altre cose (cfr. 2 Cor 12,9). Rispetto per coloro che fumano con convinzione; essi dovranno rendere conto a Dio, come noi lo faremo per le nostre altre convinzioni.

 

 

7. {Gianni Siena}

 

Contributo: Il tabacco e la coca non erano sconosciuti in Egitto e residui di queste sostanze sono state trovate nelle mummie egiziane: facevano parte della preparazione mummificatrice.

     Gli effetti delle sostanze comunque dannose erano noti, anche senza l’informazione della moderna scienza. Gli americani conoscono da decenni gli effetti di un consumo esagerato di zucchero bianco, anche se una «scienza», addomesticata dagli interessi delle industrie dolciarie, nega l’evidenza.

     Il rapporto tra fumo e cancro è noto ancora prima degli studi, che hanno obbligato le multinazionali del settore a risarcire milioni di dollari alle loro vittime: i loro manager lo «sapevano» anche da esperimenti segreti!

     La nicotina se fumata fa male, insieme a oltre quattromila sostanze nocive e cancerogene, ma preserva i fumatori, anche quelli predisposti, dal morbo di Alzheimer. [N.d.R.: Altri studi dicono il contrario.] In alternativa si possono consumare le gustose melanzane che, ironia della sorte, contiene molto più nicotina, ma non fanno danno. Il Creatore ha pensato alla salute degli uomini, combinando la nicotina con sostanze, che ne neutralizzano gli effetti dannosi, ma non quello terapeutico. Se la stessa «etica» creazionale fosse osservata dai produttori di farmaci, chissa?!

     Anche la foglia di coca non sarebbe pericolosa, gli indios del sud America la masticano per ridurre il senso di fame e il «soroche», il malessere che l’altezza delle montagne andine induce, man mano che si sale. A causa del rarefarsi dell’aria, gli indios hanno globuli rossi più grandi e capaci di catturare e trasportare più ossigeno di europei e africani; ciononostante alleviano il malessere suddetto con foglie di coca masticate, senza avere il noto pericoloso effetto.

     La «cocaina», vale a dire il principio attivo, è offerta pura (o tagliata con sostanze, che non ne neutralizzano gli effetti dannosi); un simile effetto dannoso lo danno anche sostanze «benefiche» come vitamine e proteine, sali minerali e quanto altro appartiene all’alimentazione.

     Un medico affermava che le vitamine, estratte dalla frutta o prodotte sinteticamente sono da considerare «farmaci». Abbiamo l’evidenza che i dosaggi naturali di tutte le sostanze sono prioritari.

     La conseguente esegesi dei passi, che riguardano il corpo o comunque la testimonianza, in generale, sono riconducibili al seguente principio: «Astenetevi da ogni contaminazione di spirito e di corpo». Sotto questo profilo, anche l’uso smodato di caffè, cioccolato e quant’altro ricade sotto le proibizioni della Parola di Dio.

     Vado in palestra e vedo giovani che mettono a rischio i loro reni, per avere una muscolatura «definita», bevendo preparati industriali di proteine. Queste fanno male ai reni, si dice che i concorrenti al titolo di mister Universo, talvolta, si riducono alla dialisi (= purificazione del sangue), pur di avere quell’aspetto così vistoso.

     I naturopati (medici esperti di medicina naturale) affermano chiaramente e con cognizione che i bisogni fisici dell’uomo possono essere soddisfatti senza gli eccessi, che una certa «cultura» del mangiare propone.

     Un corpo «drogato» da vari nutrienti in eccesso, è ugualmente a rischio come e più di chi, saltuariamente, fa la fame. «Non di pane soltanto vivrà l’uomo, ma d’ogni parola che procede dalla bocca di Dio» [Mt 4,4]. {22-06-2011}

     Distinti saluti, Gianni Siena.

 

Risposta (Nicola Martella): Non entro in merito agli aspetti tecnici di tabacco, coca, vitamine, naturopatia e nutrizionistica (su queste ultime due ho scritto nel Dizionario delle medicine alternative, Malattia e guarigione 2).

     Faccio solo presente che, quando citiamo brani biblici, è meglio non farlo a senso ed è essenziale ricondurli al contesto, per non strumentalizzarli. Ora, il «principio» enunciato si trova in effetti in 2 Corinzi 7,1, che recita: «Poiché dunque abbiamo queste promesse, diletti, purifichiamoci d’ogni contaminazione di carne e di spirito, compiendo la nostra santificazione nel timor di Dio». Se non si contestualizza tale brano, si è tentati di proiettarvi dentro tutto ciò, che aggrada. In effetti, però, tale brano concludeva («dunque») un ragionamento, in cui era spiegato chiaramente a quali contaminazioni fisiche e religiose Paolo pensasse: «Non vi mettete con gli infedeli sotto un giogo che non è per voi. Infatti, quale comunanza v’è egli fra la giustizia e l’iniquità? O quale comunione fra la luce e le tenebre? E quale armonia fra Cristo e Beliar? O che v’è di comune tra il fedele e l’infedele? E quale accordo fra il tempio di Dio e gli idoli?» (2 Cor 6,14ss). Era a questo che Paolo si riferiva con «ogni contaminazione di carne e di spirito». Questo mostra, quindi, che dobbiamo guardarci dal fare facili e comode alchimie versettologiche o dallestrarre da un brano un principio, che non rispecchia e rispetta il contesto.

     Per il resto, che il troppo stroppia e vale per ogni cosa che ingeriamo o inaliamo, mi trova perfettamente d’accordo.

 

 

8. {Eliseo Paterniti}

 

‎■ Contributo: Antonio Capasso [► 3.], da quello che ho capito, dopo aver letto il post di Nicola, non mi sembra che lui abbia espresso il parere favorevole al fumo, anzi, ha precisato che non incoraggia il fumo, mettendo in guardia le conseguenze che ne derivano tramite questo vizio. È anche vero che un credente si deve incoraggiare a smettere di fumare e non obbligare come regola comunitaria. Ecco dove sta la differenza.

     Alcuni giorni fa, ho scritto un articolo sul battesimo, parlando per l’appunto che molte chiese evangeliche condizionano il novizio a togliere il vizio del fumo, se no si rifiutano di battezzarlo. Tutti questi sistemi comunitari sono del tutto antiscritturali.

     Alcuni credenti, da me seguiti spiritualmente, hanno tolto il vizio del fumo, senza che io abbia imposto nessuna regola; personalmente l’ho solo consigliato ad alcuni sotto un profilo non religioso, bensì di salute. Se mai ho citato 1 Corinzi 3,16-17, l’ho fatto con molta delicatezza: «Non sapete che siete il tempio di Dio e che lo Spirito di Dio abita in voi? Se uno guasta il tempio di Dio, Dio guasterà lui; poiché il tempio di Dio è santo». Infatti, ho affermato che Dio vuole che il nostro corpo sia in piena salute e che non sia guastato da oggetti contaminanti provenienti da vizi.

     Io conosco fratelli pure nel ministero, che non possono farne a meno del caffè. A me piace questa bevanda, ma non a tal punto di esserne assoggettato, tanto è vero che per intere giornate posso farne a meno; a volte ne bevo tre in un giorno, oppure la sera prima di andare a dormire.

     Il problema è che tanti attacchiamo molto spesso il vizio del fumo e altri vizi li trascuriamo. Concludo dicendo che, se sensibilizziamo le persone sotto il profilo di prevenzione per la salute, anziché religioso, le probabilità di vedere un nostro fratello o una nostra sorella togliersi il vizio del fumo saranno più probabili. {24-06-2011}

 

Risposta (Nicola Martella): Il contributo di Eliseo Paterniti è in massima parte condivisibile. Faccio solo una riflessione, visto che la citazione di 1 Corinzi 3,16s me ne dà l’occasione. Tali versi non sono adatti a descrivere l’etica personale riguardo alla gestione del proprio corpo. Faccio notare che qui il tempio è la chiesa stessa non il corpo del singolo; il termine «corpo» neppure compare. Noi, occidentali, mettiamo al centro sempre l’individuo (io sono / il mio corpo è il tempio dello Spirito), gli orientali, invece, hanno una concezione collettiva (voi siete / i vostri corpi sono…). Qui Paolo non pensava, quindi, al corpo del singolo credente, ma alla chiesa; si veda infatti riguardo al guastare la contrapposizione fra «il tempio di Dio» e «lui»; se uno si è già rovinato, perché Dio lo dovrebbe ancora rovinare?

     A proposito della fornicazione, Paolo menzionò il corpo, aggiungendo: «Il fornicatore pecca contro il proprio corpo» (1 Cor 6,18). Subito dopo, parla del tempio dello Spirito: «E non sapete voi che il vostro corpo è il tempio dello Spirito Santo, che è in voi, il quale avete da Dio, e che non appartenete a voi stessi?» (v. 19). Si noti che noi, occidentali, siamo tentati a proiettare qui subito una dimensione individualista, ma l’orientale Paolo pensava a una dimensione collettiva, pensando ai credenti come pietre di una costruzione (cfr. 1 Pt 2,5 «come pietre viventi, siete edificati qual casa spirituale»). La nostra è una deviazione culturale occidentale. Si noti, inoltre, che Paolo parlò riguardo al peccato «contro il proprio corpo» di un peccato vero e definito dalla legge (fornicazione), non uno supposto dalle moderne casistiche.

     Che l’etica non si possa realizzare senza il nostro corpo, è giusto; per questo siamo esortati a «presentare i vostri corpi in sacrificio vivente, santo, gradito a Dio; questo è il vostro culto razionale» (Rm 12,1). Si noti che qui si parla dei corpi nel complesso e non singoli aspetti dell’etica realmente menzionati dalla Scrittura o quelli supposti dalle casistiche ecclesiali.

 

Replica (Eliseo Paterniti): Nicola, il fatto che io abbia citato 1 Corinzi 3,16-17, non l’ho preso come base d’ancoraggio del tema ma solamente per specificare che comunque il nostro corpo è il luogo, dove dimora la nostra anima e il nostro spirito e, quindi, tutta la santità di Dio. Certo questo versetto può essere visto in tanti modi, ma sopratutto — concordo con te — è riferito alla chiesa. Del resto mi trovi d’accordo su quando hai scritto. Shalom! {24-06-2011}

 

 

9. {Lucia Vitangeli Giannicola}

 

Contributo: Ho conosciuto fratelli e sorelle obesi con ministeri fra la gente importanti e molto fruttiferi, e non ho mai e poi mai pensato che avrebbero contaminato o guastato il tempio di Dio. Il tempo di Dio non è forse nella Scrittura riferito a livello spirituale e, quindi, contaminato con i peccati chiarimenti citati da Dio stesso?!? {24-06-2011}

 

Risposta (Nicola Martella): Anche qui dovrei ripetermi: i credenti nel loro complesso sono il tempio dello Spirito Santo. Con i credenti obesi userei la stessa linea di condotta che con i fumatori, ossia userei argomenti medico-scientifici e non quelli morali, ossia non li colpevolizzarli con presunti «peccati» commessi.

     Faccio presente che Paolo non parlò di un tempio spirituale, ma dei corpi collettivi dei credenti come il tempio dello Spirito Santo; è una grande differenza. È una deviazione del devozionalismo occidentale pensare di poter servire Dio «in spirito e verità», senza che questo intacchi o comprenda un’etica del corpo.

     Infine è vero che l’intero essere del credente può essere contaminato solo da ciò, che la sacra Scrittura dichiara vere contaminazioni.

 

 

10. {Alfredo Sillitti}

 

Contributo: Un giorno parlando con un fratello riguardo il fumo, egli mi citò questo verso: Matteo 15,11: «Non quello che entra nella bocca contamina l’uomo; ma è quello che esce dalla bocca, che contamina l’uomo!».

     Evidentemente, questo fratello (non sta a me giudicare se lo sia o no) non ha letto bene quel verso della Bibbia, che afferma: «Se uno guasta il tempio di Dio, Dio guasterà lui; poiché il tempio di Dio è santo; e questo tempio siete voi» (1 Corinzi 3,17).

     È certamente vero che un giorno lasceremo questo corpo, ma abbiamo il dovere di mantenerlo al meglio; e il fumo non comporta un beneficio, dunque, si è nel peccato e, come afferma l’apostolo, Dio guasterà lui!

     Nella Parola di Dio molte cose non sono scritte; non per questo il credente può camminare secondo i propri principi e desideri! {25-06-2011}

 

Osservazioni (Luca Sini): Ciao Alfredo, se posso, vorrei solo dire che 1 Corinzi 3,17 non parla del nostro corpo fisico (non evidenzia, quindi, cattive abitudini da non prendere, ecc.), ma parla del corpo in quanto chiesa. Leggendo tutto il capitolo, nessuna frase è indirizzata alla salute del nostro corpo, ma Paolo parla delle divisioni interne, che iniziavano a esserci nella chiesa.» {25-06-2011}

 

Risposta (Nicola Martella): Alfredo Sillitti, come ho spiegato sopra, rispondendo a Eliseo Paterniti, 1 Corinzi 3,16s non c’entra nulla con questo tema, poiché in tali versi si parla della chiesa quale «tempio di Dio» e non del corpo personale. Perché Dio dovrebbe guastare ancora colui, che si è già guastato? È evidente che «tempio di Dio» e «lui» non sono coincidenti. Ha ragione Luca Sini. Inoltre, impariamo a chiamare «peccato», ciò che la Scrittura designi espressamente come tale; ce ne guadagneremmo tutti… anche in salute.

     Quanto a Matteo 15,11, tale brano riguarda la legge alimentare e il normale mangiare. Perciò, non dev’essere un alibi per nessuno: fumatori, obesi, alcolisti, ecc. Dovremmo misurare la quantità di catrame presente nei nostri polmoni e il grado di colesterolo nel nostro sangue... oltre alla circonferenza delle nostre pance.

 

 

11. {Jonathan De Felice}

 

Contributo: Caro fratello Nicola, pace del Signore. Ho letto l’articolo e lo trovo interessante. Tuttavia, credo che non bisogni relativizzare troppo il discorso «fumo». Benché sia una verità derivata, si può comunque giungere a una conformità etica. Non perché la Bibbia non ce ne parla, noi possiamo automaticamente relativizzarlo e lasciarlo alla coscienza di ognuno. Dobbiamo studiarci di presentarci sempre approvati; man mano che si cresce in consacrazione, deve diventare sempre più profonda e deve coinvolgere ogni aspetto della nostra vita.

     Certo è che non bisogna «imporre» nulla a nessuno, ma anche qui l’eccessiva tolleranza può portare fuori strada. La Bibbia ci parla di un fondamento, Gesù, che è stato posto, poi ognuno ci può costruire sopra come meglio crede (materiali preziosi, che resisteranno la prova del fuoco, o con materiali infiammabili, che saranno arsi). Il fumare, conoscendo la verità, quindi posto il fondamento, in quale categoria di materiali lo collochiamo? In quelli preziosi?)

     Purtroppo dire che il secolo scorso anche i pastori fumavano, senza alcun senso di colpa, non esaurisce il discorso e non definisce ciò sbagliato. Chi ci dice che quella invece non fosse corruzione morale? Parlo di morale, perché tutto ciò che è vizio, di cui, anche se qualcuno non lo ammette, non si può fare a meno è idolatria. Solo di Dio non dovremmo poter fare a meno, ma delle altre cose? Al di là delle necessità primarie, tutto è vano.

     È vero, Paolo dice che tutto è lecito, ma che non si lascerà dominare da nulla. Come uomini liberi nella carne, la Bibbia ci chiama a essere schiavi di Cristo, non di altro. Ora, visto che non si può fumare senza sentire il bisogno di «un’ulteriore sigaretta», visto che il proprio corpo «la comanda», quando richiede le sostanze assuefanti della sigaretta, io non posso più dominarlo. Tutto ciò che non posso dominare è peccato, perché mi sottometto alla mia carne. Tutto ciò che non viene da fede è peccato.

     Oltretutto, un tempo non si conoscevano gli effetti del fumo e le sue conseguenze, oggi vediamo la gente morire.

     Per me è peccato persino comprare le sigarette! Se leggo che il fumo uccide, perché io, da cristiano, dovrei mai comprarle? Con quale coscienza? Le compro coprendomi gli occhi? Con quale coraggio? La Scrittura mi dice di aver cura del mio corpo, che è il tempio dello Spirito. Se danneggio il tempio dello Spirito, Dio danneggerà me. Non penso Paolo si riferisse semplicemente alla fornicazione. Il danno è danno, in tutti i sensi.

     Gesù fumerebbe? Beh, domanda difficile, ma dalla risposta monosillabica. NO! Lo so, ora dovrei chiedermi: Gesù giocherebbe ai videogiochi, guarderebbe la TV, film violenti, osceni, che non glorificano Dio? Benché non si possa imporre niente a nessuno, credo che lo Spirito parli in modo univoco su certe tematiche. È sbagliato quando si cerca di togliere la pagliuzza dall’occhio del fratello e non si toglie la trave dal proprio, ma qualcuno deve pur considerare la propria condotta, conformarla alla Scrittura, affinché sia santa come Dio è santo (perché Dio ci chiama tutti a santificazione, è un dovere), allora sì che certe cose possono essere dette. E credo che lo Spirito accompagni le parole di chi veramente non vuole far altro che la volontà di Dio.

     Quindi il mio consiglio a un cristiano fumatore sarebbe questo: fratello o sorella, il fumo uccide, rende schiavi — Mi sembra un po’ la descrizione del peccato (anche se Adamo e Eva non sono morti subito fisicamente, cioè, anche se geneticamente alcuni fumatori incalliti non muoiono di cancro). — Prega il Signore che ti dia la forza di smettere. Il tuo corpo è il tempio dello Spirito Santo. Trattalo con decoro e rispetto, altrimenti, come dice la Scrittura, chi danneggia il tempio di Dio, Dio stesso danneggerà lui. Non è paura, è il messaggio della Parola di Dio.

     Non voglio giudicare alcuno. I vizi, oltre il fumo, sono tanti. Ma si parlava di questo e ho incentrato il discorso su questo, ma la tematica sarebbe dalle dimensioni vastissime. Dio ti benedica. {20-06-2011}

 

Risposta (Nicola Martella): Ringrazio tutti i lettori e anche quest’ultimo. A tutti gli argomenti di questo lettore ho risposto già sopra. Devo ammettere che mi meraviglio che si parli di «relativizzare troppo il discorso “fumo”»; io ho premesso che sono contrario al fumo, ma che usare falsi argomenti biblici è sbagliato e non aiuta. Preferisco usare legittimi argomenti medico-scientifici per ogni tipo di dipendenza.

     Quando si invoca una «conformità etica» e si afferma che il tema della dipendenza da fumo non si possa «lasciarlo alla coscienza di ognuno», chi vorrà salire sullo scranno di un magistero etico evangelico e parlare da tale direttorio ex-cattedra per tutti, affermando che la propria visione morale in queste cose sia valida per tutti? Chi fisserà gli «standard spirituali» per nicotina, colesterolo, caffeina, onde elettromagnetiche di telefonini, raggi ultravioletti del sole  e quant’altro?

     Alle asserzioni riguardo a 1 Corinzi 3 ho risposto sopra; togliere i versi dal contesto, dando loro altri significati, è pericoloso e spesso diventa un boomerang contro chi usa tali argomenti. Infatti, se facessimo una radiografia degli intransigenti e dei massimalisti, troveremmo nella loro vita abbastanza materiale per applicare proprio nella loro vita gli argomenti da loro adottati per gli altri e per altre cose. Inoltre, ho mostrato sopra che in tale brano il «tempio dello Spirito» non è il corpo del credente.

     Designare il fumo e le altre «sostanze assuefanti» (aggiungo, quindi, l’obesità, la caffeina, la teina, ecc.) a una «corruzione morale», alla «idolatria» e quindi al «peccato», è assolutamente da rifiutare, poiché porta alla dittatura dell’arbitrio soggettivo dei massimalisti. Giusta è l’etica della libertà responsabile che non fa delle cose lecite un’occasione di disutilità, di non edificazione e dipendenza (1 Cor 6,12; 10,23). [ L’etica della libertà e della responsabilità] È quindi giusto che ognuno si chieda personalmente come essere anche eticamente un «servo di Cristo» e praticare la santificazione, anche per le cose, di cui la Bibbia non parla esplicitamente, ma per favore evitiamo dittature morali di magisteri religiosi, a cui alcuni volentieri farebbero parte.

     Quanto a Gesù, ho mostrato sopra come agli occhi dei massimalisti del suo tempo era considerato un peccatore, e Giovanni era visto addirittura come indemoniato (Mt 11,18s). Quindi, non lo tirerei in ballo, per essere più suadente, altrimenti si rischia di strumentalizzarlo per tutto e il contrario di tutto. Ciò mostra, però, come sia anche facile dare giudizio etici a tutti coloro, che non coincidono con la nostra sensibilità morale.

     Al il resto ho sufficientemente risposto sopra.

 

 

12. {}

 

 

13. {}

 

 

14. {}

 

 

15. {Vari e medi}

 

Daniele Gattullo: Credo che sopra ogni commento, la parola finale spetta solo al Signore! Così dice la Bibbia: «Se dunque uno è in Cristo, egli è una nuova creatura; le cose vecchie sono passate: ecco, sono diventate nuove» (2 Corinzi 5,17). «Colui che persiste nel commettere il peccato proviene dal diavolo, perché il diavolo pecca fin da principio. Per questo è stato manifestato il Figlio di Dio: per distruggere le opere del diavolo» (1 Giovanni 3,8). {21-06-2011}

Risposta (Nicola Martella): Il problema è qui il concetto di «peccato». Quello biblico è la trasgressione della legge chiara e incontrovertibile. Quello odierno è la percezione morale o culturale del singolo o di un gruppo. È una differenza enorme, che ha come conseguenza o la certezza giuridica o l’incertezza delle cose soggettive.

 

Luisa Lauretta: Caro Nicola, volevo solo aggiungere una cosa: è molto stimolante ed edificante vedere i contributi dei lettori sulle problematiche da te trattate. Ringrazio Dio per te e per come ci spingi a confrontarci e a discutere. Mi rendo conto che, giorno dopo giorno, stiamo crescendo, e questa è una vera conquista, non solo intellettuale, ma anche spirituale. Dio ti benedica abbondantemente... e grazie! {25-06-2011}

 

 

16. {Vari e brevi}

 

Liliane Vitanza Hoffer: Grazie, Nicola, di quest’analisi equilibrata. E vero che la sigaretta è un vizio molto apparente, ma cosa ne sappiamo dei peccati nascosti di tante persone? Devo avere compassione per chi si sente schiavo e legato alla sigaretta e aiutarlo nel cammino di liberazione di tutto quello, che prende il primo posto prima di Dio. {20-06-2011}

 

Fortuna Fico: Caro fratello, più ti leggo e più ringrazio il Signore per il tuo dono! Condivido a pieno, pur essendo contraria alla sigaretta; ci sono tante altre dipendenze meno visibili. Perché demonizzare l’una e minimizzare le altre? Dio continui a benedirti! {20-06-2011}

 

Gianni Cascato: Per coloro che cercano i difetti degli altri, consiglio di comprarsi uno specchio, così possono vedere anche i loro. {21-06-2011}

 

Salvatore Piscopo: Ringrazio Dio che mi ha tolto il vizio del fumo. {22-06-2011}

 

Luisa Lauretta: «Uno diventa schiavo di ciò, che l’ha vinto» (2 Pietro 2,19). In questo verso, caro Nicola, è racchiuso il mio pensiero! Dio benedica sempre il tuo impegno così costante nel trattare argomenti così importanti. {23-06-2011}

 

► URL: http://puntoacroce.altervista.org/_TP/T1-Cervelli_in-fumo_Sh.htm

21-06-2011; Aggiornamento: 25-06-2011

 

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