I fondatori di una chiesa locale, prima di lasciarla, hanno formato uno o più
collaboratori come futuri conduttori della comunità. Col passare del tempo però,
uno dei conduttori
muta lentamente le sue convinzioni dottrinali e devozionali. Che cosa devono fare gli altri conduttori (se
presenti), i collaboratori e la comunità quando tale conduttore fa delle sue
convinzioni dottrinali e devozionali l’obiettivo a cui portare lentamente
l’intera chiesa, mutando così di fatto la linea ecclesiale dei fondatori? Un
tale conduttore deve insistere con tale intento, anche rischiando che la chiesa
subisca una scissione? Oppure, se nella comunità non trova il pieno consenso per
le sue idee, dovrebbe rendersi conto che la cosa migliore sarebbe di cercare una
realtà a lui affine?
Nell’articolo «
Cambio di linea ecclesiale d’un conduttore» abbiamo mostrato un caso
esemplare e abbiamo consigliato delle linee d’intervento. Probabilmente ci sono
altri aspetti da tener presente. Quali? Ho chiesto ad alcuni conduttori di
chiesa di dare il loro parere.
Che cosa ne pensate? Quali sono al riguardo le vostre
esperienze, idee e opinioni?
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1.
{Carlo Neri} ▲
Da quello che dice il fratello, la situazione sembra essere quasi in un vicolo
cieco, dico questo perché l’esperienza m’insegna che quando un fratello
s’infervora in quel modo e cerca anche d’influenzare gli altri, lo fa perché è
profondamente convinto d’essere uno strumento particolare scelto dallo Spirito
Santo; non gli interessano quindi gli effetti del suo operato perché
l’importante è obbedire alla guida dello Spirito… la responsabilità delle
conseguenze le attribuisce a Lui.
È difficile dialogare con questi fratelli, c’è anche la
complicazione che è appoggiato dalla moglie che in questi casi potrebbe invece
essere l’unica persona in grado di far ragionare quel fratello.
Tutto quello che dici Nicola, riguardo alle possibili
soluzioni, lo trovo senz’altro giusto e completo, ma mi domando se con quei
presupposti potrà funzionare.
A me viene in mente un’altra considerazione che, se fosse attuabile, potrebbe
dare a quei fratelli qualche speranza in più. Se ho ben capito il fratello in
questione è anziano fra altri anziani, sembra avere un ruolo predominante e
probabilmente a causa di questo la sua influenza causa un cambiamento nella
fratellanza: in alcuni trova dei «seguaci» e in altri dei critici sempre più
severi. E in ogni caso comunque la linea, che questo fratello sta seguendo e
nella quale sta indirizzando una parte della chiesa, è una deviazione di quella
tracciata dai missionari che l’hanno fondata. Ed ecco la mia considerazione: la
Scrittura c’insegna che i missionari (gli apostoli d’allora) mantengono un
diritto d’intervento nelle questioni che turbano le chiese da loro fondate (gli
esempi sono tanti nelle lettere apostoliche); infatti, anche in quell’assemblea
sono loro che hanno scelto e chiamato alcuni fratelli a svolgere il compito di
conduttori… Perché allora non cercare di coinvolgere quei missionari o fratelli
da loro scelti, chiedendo loro di verificare a fondo la situazione e di dare il
loro consiglio? Sicuramente l’autorevolezza che dà loro la Scrittura e il fatto
che sono stati chiamati loro a fondare quella chiesa, potrebbe fare la
differenza. {Conduttore di chiesa in Modena; 10-07-2008}
2.
{Argentino Quintavalle} ▲
Non sono in grado di giudicare perché non conosco la situazione specifica e non
mi è chiaro cosa significa «spiritualità mistica» o «trasformazione mistica».
Non mi piace teorizzare, ma inganno me stesso se credo che posso restare
spettatore innocente di ciò che accade. Essere cristiani significa venire
coinvolti, lo si voglia o no, significa agire e anche reagire.
Il problema più importante che abbiamo non è quello
d’esprimere opinioni, ma quello di vivere ciò che crediamo. Significa spesso
trovarsi a un bivio: quale direzione prendere?
È probabile che parte della chiesa locale possa simpatizzare verso una certa
idea, mentre l’altra parte preferisce diversamente. Nella pratica entrambi i
gruppi parleranno anche dell’altra opinione, ma avranno sempre preferenza per
quello che avranno scelto (o sceglieranno). Questa è la maniera in cui le
denominazioni e i movimenti religiosi cominciano, fioriscono, crescono e si
riproducono. Essi finiscono o vanno in crisi quando la loro visione centrale
(fede, concetti, visione, ecc.) non sembra più essere necessaria ai loro
sostenitori, oppure quando altri concetti diventano prioritari e prendono il
sopravvento.
In ogni caso, è importante che ci rendiamo conto che due o più concetti diversi
possono avere tutti merito; tutto può dare luce o prospettive importanti; ma uno
può essere nella pratica superiore agli altri, secondo che è portatore di
maggiori frutti di giustizia.
Le fazioni si formano quando sorge una nuova «rivelazione» che incoraggia
la gente a costituire un nuovo gruppo elitario, cioè coloro che hanno avuto
l’idea della nuova «rivelazione». La storia dimostra che alcune rivelazioni sono
suscitate da Dio, per portare i suoi a un rapporto più forte con Lui. Queste
rivelazioni non sono faziose perché non distruggono niente di ciò che è stato
fatto in precedenza. Esse aggiungono solo la conoscenza della volontà divina. Al
contrario, concetti che tentano di distruggere, dividere e confondere quello che
Dio ha già stabilito, sono portati avanti da un malvagio spirito di parte.
Qualsiasi cosa che s’innalza sopra la verità stabilita, è ribellione. Ad
esempio, Israele che voleva lasciare Mosè e tornarsene in Egitto era ribellione;
l’introduzione delle pratiche pagane nel culto del Tempio da parte dei sacerdoti
corrotti era ribellione; l’istituzione di comandamenti umani è ribellione; la
negazione delle radici ebraiche del cristianesimo da parte della chiesa
medioevale è ribellione; l’idea che Israele sia stato scartato per sempre da Dio
è ribellione; eccetera. Quindi è ribellione tutto ciò che prova a distruggere
quello che Dio ha stabilito. Questa è la classica tattica seguita da colui che è
il male per dividere il Corpo di Cristo, eppure noi non siamo ignoranti dei suoi
stratagemmi.
Bisogna stare attenti a non scambiare il problema per
la soluzione. Il problema non è quello che sta avvenendo nella chiesa, ma il
perché avviene! Perché questo tipo di cambiamento nel conduttore? Non
possiamo concepire un problema senza concepire anche cos’è che l’ha originato e
perché. Se il cambiamento è stato in peggio, ciò suscita la domanda di come sia
stato possibile. La chiesa ha vigilato? È in grado di fornire una risposta? Si
pone queste domande? Nessuno è in grado di far tacere l’essere umano, ma spesso
le cose vengono dette dietro le spalle e non vengono affrontate con lealtà
faccia a faccia (ma io non so se questo è qui il caso).
Qual è il significato della vita di chiesa? C’è
uno che parla, che tiene la sua lezione domenicale, e tutti gli altri ascoltano
passivamente? Ma il significato della vita di chiesa non è dato da questo,
piuttosto dal comune desiderio d’incontrarsi per dare gloria a Dio, non a sé
stessi imponendo le proprie convinzioni e le proprie visioni. Il culto a Dio lo
si rende tutti insieme.
Se però ciò che ascolto dal predicatore non ha per me
più alcun significato, neppure io ho alcun rapporto con quello che ascolto.
Abbiamo tutti bisogno di dare un significato a quello che facciamo, altrimenti
andiamo in crisi e/o possiamo creare una crisi ad altri nella nostra reazione.
Trovare la soluzione ai problemi non è una dote
ma un’arte. L’arte non la si spiega, ma la s’impara. Sicuramente è condizionata
dal fatto se s’accetta o si rifiuta di rispondere a Dio con l’ubbidienza; e
questo è un bersaglio che si può realizzare o mancare. Dio ci pone delle domande
e ci fa delle richieste; la risposta deve essere data con la nostra vita.
Dobbiamo continuamente domandare, investigare, indagare e verificare se siamo
nel giusto.
Dio conosce i nostri problemi e le nostre beghe
personali. E questo è un grande enigma: perché Dio, il Creatore del cielo e
della terra, dovrebbe curarsi di queste cose dell’uomo? Perché le nostre beghe
personali dovrebbe influire sulla vita di Dio? «Può l’uomo recare qualche
vantaggio a Dio? No; il savio non reca vantaggio che a se stesso. Se sei giusto,
ne vien forse qualche diletto nell’Onnipotente? Se sei integro nella tua
condotta, ne ritrae egli un guadagno?» (Gb 2,2-3).
Eppure Dio s’impegna verso l’uomo, perché con esso ha
fatto un patto. Il nostro compito è di realizzare la visione che Dio ha del
nostro compito. Dio non è indifferente alle nostre pene, ma ci sono delle cose
che egli vuole che risolviamo da soli: «Non giudicate voi quelli di dentro?»
(1 Cor 5,12). {Conduttore
di chiesa di chiesa in
Civitanova Marche; 12-07-2008}
3. {Pasquale Di Nunzio} ▲
Caro Nicola, sono d’accordo con le linee
d’intervento da te consigliate. Sono casi delicati, che creano problemi. Un
abbraccio. {Conduttore
di chiesa in
Sesto San Giovanni;
14-07-2008}
4. {Eliseo Santangelo} ▲
Carissimo Nicola, mi fa piacere leggerti di
tanto in tanto via computer e apprezzare il tuo non facile servizio. […] Devo
comunque dirti che condivido quanto da te riportato nella mail sul «mutamento di
linea ecclesiale d’un conduttore». […] {Conduttore
di chiesa in
Foggia;
16-07-2008}
5. {Sandro Bertone} ▲
Caro Nicola, un
fratello a cui ho inviato la proposta di lettura dell’articolo, mi ha risposto
come segue: «Caro Sandro, non si capisce in che cosa consiste questo
misticismo; ho letto l’articolo e non si può capire nulla al riguardo. Un
saluto Egidio».
Per quanto mi riguarda ho analizzato il problema d’una Assemblea in cui sono
stati formati dei conduttori che poi hanno intrapreso strade non condivise dai
loro formatori. Lo scrivente dice d’essersi ritirato dalla conduzione, ma
ne critica il comportamento. Verrebbe da pensare che la formazione non sia stata
efficace. Ora, mi chiedo cosa si possa fare di concreto, quando questi fatti
accadono.
Premesso che nessuno invia una richiesta d’aiuto a Nicola Martella, quando in
una chiesa s’avvicendano Conduttori con visioni più restrittive dei precedenti,
s’invoca un
principio di stabilità che io non vedo come valore in sé, ma solo se si è
stabili sul Fondamento. Recentemente ho avuto una polemica con Paolo Jugovac
della radio CRC su quest’argomento. Stabilità e coerenza vengono visti sempre
come fatti positivi, sebbene siano riferiti a posizioni di autorità e non
di servizio.
Occorrerebbe capire di più sulla vicenda descritta, sapere cosa s’intenda per
misticismo, in cosa si sta deviando dalla sana dottrina. Ma a prescindere
dal dettaglio credo che il caso serva a farci capire che occorre impegno e
sacrificio, attenzione quando si formano conduttori ai quali poi è
difficile, se non impossibile togliere la fiducia accordata, a volte
inopinatamente.
Un caso che conosco è quello d’un giovane che lascia il lavoro e si mette
a lavorare con OM. Lui e la moglie hanno in ciò l’appoggio dell’Anziano di
Chiesa ma, quando fanno ritorno, «pretendono» d’avere un certo ruolo nella
Chiesa, e questo non è poi così automatico; tutto ciò provoca tensioni e
delusioni. {Conduttore
di chiesa in
Torino;
17-07-2008}
6. {Nicola Martella} ▲
Ringraziando Sandro
per le sue riflessioni, faccio sapere a lui e a Egidio che per «misticismo»
s’intende in questo contesto una certa deriva lenta e costante verso posizioni
devozionali e forme cultuali di tipo carismaticista, possibili chiaramente solo
mediante una trasformazione d’alcune convinzioni dottrinali, dovute alla lettura
d’opere carismaticiste, a esperienze di servizio fatte insieme a persone e opere
con un’impostazione carismaticista, al dialogo continuo con esponenti
carismaticisti e, ad esempio, anche all’ascolto di messaggi registrati e di
musica d’autori carismaticisti. Ciò non è raro in Italia (oltre che all’estero).
Conosco credenti delle «chiese dei Fratelli», da nord a sud, che accanto alla
Bibbia hanno come punto di riferimento le opere di Yonggi Cho o di Benny Hinn.
Alcuni di loro hanno concorso alla scissione delle loro Assemblee d’origine;
altri hanno concorso alla trasformazione misticheggiante delle loro comunità,
talché visitandole non sembra distinguersi molto da chiese «entusiastiche».
Il problema non riguarda qui tanto il fatto se una chiesa sia più o meno
misticheggiante, ma se ciò rappresenta una deviazione dalla linea
«sobria» indicata dai fondatori. Tale cambio di linea e relativi problemi
connessi (dissenso, contrasti, pericolo di scissione, ecc.) possono subentrare
chiaramente anche con altri elementi dottrinali che portano, ad esempio,
alle seguenti svolte: allineamento al calvinismo, al darbismo (o al
tradizionalismo), al liberalismo morale, al legalismo, alla giudaizzazione, alla
sabbatizzazione, al sacramentalismo, al clericalismo...
La formazione dei fondatori può essere stata efficace, ma ognuno può
trasformarsi nel corso degli anni, esponendosi ad altre fonti dottrinali e
ad altre esperienze, da cui si fa poi trascinare e trasfigurare. La questione
non nasce quindi dal tipo di cambiamento (mistico, ecc.), ma dal fatto che esso
è in discontinuità
rispetto alle basi iniziali e non è condiviso da una parte della comunità.
Il fatto che
uno o più ex-conduttori si possano essere rivolto a me, non è una cosa
rara che lo facciano (lo fanno anche conduttori in carica che hanno problemi
particolari e necessitano di un consiglio). Ciò può avere molte cause, tra cui
una seria preoccupazione per gli eventi, l’impossibilità di poter arginare in
alcun modo tale deriva, visto che si è anche «fuori gioco», e la richiesta di
consiglio su come procedere per non rendersi colpevole e per contribuire a
risolvere la situazione in modo positivo.
Ora, avendo Sandro ed Egidio più elementi, possono continuare ad affrontare e ad
approfondire maggiormente la questione, se vogliono.
7. {Gaetano Nunnari} ▲
Caro Nicola, ho
letto l’articolo e i vari interventi su «Cambio di linea dottrinale», ma non
sono riuscito a capire questa tua affermazione: «Il
problema non riguarda qui tanto il fatto se una chiesa sia più o meno
misticheggiante, ma se ciò rappresenta una deviazione dalla linea
“sobria” indicata dai fondatori. Tale cambio di linea e relativi problemi
connessi (dissenso, contrasti, pericolo di scissione, ecc.) possono subentrare
chiaramente anche con altri elementi dottrinali che portano, ad esempio,
alle seguenti svolte: allineamento al calvinismo, al darbismo (o al
tradizionalismo), al liberalismo morale, al legalismo, alla giudaizzazione, alla
sabbatizzazione, al sacramentalismo, al clericalismo...».
Cosa significa in particolare «il problema non
riguarda qui tanto il fatto se una chiesa sia più o meno misticheggiante»?
O si è mistici o non lo si è. Che Dio sia sovrano e possa intervenire anche
attraverso un sogno ad esempio non lo escludo a priori, ma se si ricercano le
rivelazioni al di fuori delle direttive bibliche, allora in questo caso possiamo
dire che si è mistici, e anche in maniera perniciosa.
Oltre a ciò mi sfugge un altra cosa. E non è per amor di polemica. Ma visto che
lo hai messo già due volte come «primo ingrediente della lista» vorrei chiederti
che cosa c’è di dannoso nel calvinismo? Proprio mi sfugge. Non voglio
citare in particolare nessuna delle altre linee dottrinali da te menzionate,
perché non voglio creare bufere, ma come mai il calvinismo è così dannoso, e
magari addirittura più degli altri? Per il resto posso dirti che per amore di
verità una comunità dev’essere pronta anche a una divisione, se chi procede con
le sue idee extra-scritturali, non si converte. Certamente è triste vedere ciò,
ma per amore di verità si deve essere disposti.
Un abbraccio in Cristo, facendo mio, questo tuo motto: «Coloro che hanno Cristo
quale Signore e Salvatore, hanno tutto in Lui e hanno in comune più di quanto
possano mai separarli. Dinanzi alla centralità di Cristo, tutto diventa
contorno». {01-10-2008}
8. {Nicola Martella}
▲
Qui non stiamo
discutendo se una chiesa più o meno
misticheggiante sia meglio o peggio, ma se da una continuità di linea si
passa a una discontinuità che rende tale comunità instabile e
conflittuale. Lo stesso vale per una comunità
darbista, liberale, giudaizzante, calvinista o altro; nonostante tali tipologie,
una chiesa locale può essere stabile nella sua linea, pur rinnovandosi nel
tempo. Il problema nasce laddove un conduttore nell’esercizio delle sue funzioni
muta convinzioni dottrinali e vuole traghettare la comunità a un’altra linea
rispetto al passato.
Quanto al calvinismo
(o a un’altra direzione dottrinale), una comunità può essere pacificamente e
felicemente calvinista (darbista, giudaista, sabbatista, ecc.).
Il problema nasce laddove in una chiesa libera, impostata su altre concezioni
rispetto al convincimento calvinista (o a un’altra direzione dottrinale),
entrano uno o più elementi con una carica di ideologia militante, si annidano in
essa con l’intento di trasformarla lentamente in una comunità calvinista (darbista,
giudaista, sabbatista, ecc.). Mi vengono o in mente
molti casi in Italia, in cui varie «Assemblee dei fratelli» furono infiltrate da
discepoli militanti di un noto credente, diventato calvinista durante i suoi
studi all’estero; oppure membri di tali comunità divennero seguaci di tale
calvinismo militante. Il risultato fu che molte di quelle comunità si
spaccarono, lo stesso accadde anche a famiglie (alcuni andarono di qua e alcune
di là). La testimonianza ne venne a soffrire e il regno di Dio fu ostacolato.
Evito di fare nomi di persone e di chiese locali.
Mi vengono in mente anche
casi in cui la miccia fu il darbismo o il legalismo; l’effetto fu
lo stesso.
Nel nostro tema attuale non
si tratta quindi delle diverse concezioni dottrinali, ma del fatto che qualcuno,
durante il suo ministero di conduttore muta il suo convincimento e vuole
lentamente traghettare la comunità verso un’altra linea ecclesiale. Si tratta
quindi di giocare a carte scoperte e, nel caso in cui la chiesa locale si
rifiuti di mutare la linea impostata dai fondatori, di trarre le conseguenze,
cercando un’altra chiesa a lui affine, invece di fare da miccia per una
eventuale spaccatura.
9. {Marzio Zucchero, ps.} ▲
Ho apprezzato
l’articolo, anche perche l’ho vissuto nella chiesa locale che sai. È stato
interessante vedere come
una
persona, lavorando pian piano, prima dietro le quinte, sia riuscito a
convincere uno per uno, approfittando anche delle parentele. E solo allora è
uscito allo scoperto, ossia solo quando gli era garantita una adesione
plebiscitaria. Il Signore benedice comunque. {30-09-2008}
[à
12.]
10. {Gaeta Antonio Fausto} ▲
Caro fratello
Nicola, sono pienamente d’accordo con la linea dei tuoi interventi e consigli;
io vorrei aggiungere qualcosa. Innanzi tutto il missionario fondatore
(l’apostolo) dovrebbe avere biblicamente autorità per prendere posizione
sull’anziano che cerca d’introdurre nella chiesa locale
una linea diversa dal fondatore (nell’esempio
il «misticismo»).
Il missionario
fondatore ha biblicamente il diritto d’usare la sua autorità sulla chiesa da lui
fondata, senza nessun riguardo personale, come possiamo costatare in alcune
lettere dell’apostolo Paolo. Egli chiamò i Galati addirittura insensati,
perché in breve tempo, dopo aver cominciato bene con lo Spirito, volevano
raggiungere la perfezione con la carne. Mentre ai Corinzi ricordava che
lui era l’architetto e gli altri, che v’edificano sopra, dovevano badare a come
lo facevano. Agli Efesini ordinò in molte maniere come dovevano condursi
in modo degno della loro vocazione, ricordando loro: «V’è un solo Signore,
una sola fede, un solo battesimo». Inoltre raccomandò loro di non lasciarsi
sedurre da nessuno con vani ragionamenti, ecc. Per non parlare della lettera ai
Filippesi, in cui Paolo indicò come esseri degni dell’Evangelo, anche
quando non era presente fra loro. «Soltanto, conducetevi in modo degno del
Vangelo di Cristo, affinché, o che io venga a vedervi o che sia assente, oda di
voi che state fermi in uno stesso spirito, combattendo assieme d’un medesimo
animo per la fede dell’Evangelo».
Per questi motivi e molti
altri, io
consiglierei al missionario fondatore di
tale comunità di scrivere una lettera a quel conduttore e a sua moglie,
invitandoli a rivedere il loro «misticismo», essendo una linea diversa da quella
insegnata nella chiesa dai fondatori. Se essi non vogliano ascoltare, egli deve
riprenderli davanti a due o tre testimoni e poi davanti a tutta la chiesa, come
Paolo aveva ordinato di fare a Timoteo (1 Tm 5,17-21). Se il missionario
fondatore non può farlo di persona, può delegare qualcuno proprio come ha fatto
Paolo. {03-10-008}
11. {Stefano Frascaro} ▲
È un tema molto
interessante e che mi prende molto. Devo riconoscere di non aver riflettuto
abbastanza sul ruolo che il missionario fondatore ha e deve avere nell’ambito
della chiesa che, per grazia di Dio, ha fondato, e sono anche interessantissimi
i riporti nella Parola fatti dal fratello Fausto.
Non ritengo però corretto «scaricare» sul missionario fondatore la
responsabilità d’esortare e mettere in guardia la chiesa sulla deviazione, che
essa sta prendendo, a causa di «visioni» di qualche conduttore. Questo per
diversi motivi, di cui eccone alcuni qui di seguito.
■ Uno dei motivi potrebbe essere, ad esempio, di non far più parte della
vita decisionale della chiesa, questo sia per motivi personali, sia per motivi
di diversità d’idee dal gruppo collegiale degli anziani. Sono certo che sia
successo in diverse chiese che il missionario fondatore, una volta nominati i
nuovi anziani, venga messo in disparte e non più interpellato, anzi ignorato,
nelle decisioni della chiesa.
■ Un altro motivo è che i membri della chiesa devono essere
responsabilizzati. Concordo con Gaetano quando dice che chi ha ricevuto una
«visione» con difficoltà ammetterà mai d’essersi sbagliato, ma tutti noi
dobbiamo ricordarci ciò che il profeta Isaia disse al popolo da parte di Dio: «Va’,
e di’ a questo popolo: “Ascoltate, sì, ma senza capire; guardate, sì, ma senza
discernere!”» (Is 6,9).
Ecco, allora penso che qualsiasi vero credente debba ricordarsi di questo
monito. È nostro dovere
«discernere» il bene dal male (Eb 5,14). Se
l’anziano devia dalla strada è prima compito della chiesa riprenderlo
biblicamente, e se questo non è possibile perché magari è una persona influente,
carismatica (e qui il gioco di parole ci sta tutto…) allora deve entrare
in gioco il missionario fondatore. Quest’ultimo non può e non deve essere la
balia della chiesa, ma deve «vegliare» affinché non arrivino «lupi
rapaci, i quali non risparmieranno il
gregge» (At 20,29). {04-10-2008}
12. {Marzio Zucchero, ps.} ▲
Nota editoriale: Questo lettore ha sentito il bisogno d'integrare quanto
precedentemente scritto [à
9.],
per mostrare alcuni dettagli della lenta strategia perseguita da qualcuno per
commutare dottrinalmente una comunità. tale cosa gli è riuscita, visto che ora
tale chiesa locale ha cambiato del tutto la propria linea teologica e, quindi,
la sua appartenenza denominazionale.
1. PREMESSA: Caro Nicola, ho apprezzato molto l’articolo
«Cambio di linea ecclesiale d’un conduttore», perché ho vissuto in
prima linea una situazione simile in una delle Chiese locali di Roma. Chiedo
scusa ai lettori se non rivelo il mio vero nome o quello della Chiesa in
questione, servirà per evitare polemiche già avvenute in abbondanza in passato,
non solo tra me e membri di tale comunità, ma anche tra loro e varie altre
Chiese, alla cui «denominazione» essi hanno appartenuto, servirà anche per
evitare «persecuzioni soft», cioè telefonate o e-mail di carattere petulante e
pedantico seppur profondo e analitico, caratteristica che non posso
disconoscere, ed evitare anche chiacchiericcio nei loro ambienti e nei nostri. È
vero che il credente dev’essere un libro aperto, ma allo stesso tempo dev’essere
anche avveduto e saggio nel prevenire altre polemiche.
2.
INTRODUZIONE: È stato interessante vedere come una singola persona ha
lavorato piano piano, a passi felpati, seguendo la seguente strategia.
■ Ha lavorato dietro le quinte, nascondendosi dietro l’atteggiamento di Nehemia,
che era uscito di notte a perlustrare la situazione per la ricostruzione delle
mura di Gerusalemme, e anche altre situazioni di «audacia biblica per il regno
di Dio», come la chiamava.
■ Ha convinto una persona alla volta, con la scusa della comunione fraterna,
preghiera e studio biblico «peer to peer», cioè una persona di fronte a una
persona. Successivamente una persona davanti a due o tre, avendo già almeno una
persona convinta.
■ Ha approfittato delle parentele per esercitare pressioni. E verso coloro, che
non erano parenti, ha approfittato – in maniera non necessariamente maligna – di
favori di vario genere elargiti, anche di carattere finanziario, cioè prestiti
dalla cassa della Chiesa, per poi calcare la mano nel convincere d’aderire a una
certa linea piuttosto che a un’altra.
■ È uscito allo scoperto soltanto quando era garantita un’adesione
plebiscitaria; se erano rimaste una o due persone «importanti» ancora non
«convertite» alla nuova linea, non era più importante perche la maggioranza era
già stata convinta.
3.
GERARCHIE NASCOSTE: Per un lungo periodo, prima dell’assalto teologico
per indirizzare l’assemblea verso un cambio di linea dottrinale, veniva
promulgato continuamente l’idea che la volontà di Dio si può intravedere
nell’opera d’una o più persone «leader». In poche parole andavano dicendo in
maniera molto sottile: «Vi potete (e dovete) fidare di me/noi», oppure: «NOI vi
spiegheremo la volontà di Dio, perché siamo i dotti e voi siete il gregge»; non
erano parole testuali, ma si capiva il contesto tra le righe… pertanto il
sacerdozio universale andava a farsi benedire!
Quindi, da un lato, le gerarchie ufficialmente non c’erano, «siamo tutti
fratelli»; ma poi, dietro le quinte, c’era una gerarchia molto dettagliata, che
partiva dal primo in alto, all’ultimo carro della ruota. Io ero tra i primi
quattro o cinque, nessuno l’aveva mai detto, ma si capiva da tante cose, per
esempio, quando c’era da decidere su qualsiasi cosa, il numero uno o due
parlava, poi essi guardavano il numero tre e ascoltavano, poi guardavano il
numero quattro o cinque (io), poi il sei, sette, otto, ecc., e si decideva in
maniera «collegiale», almeno quest’era la forma ufficiale, ma in realtà era il
numero uno e due che decidevano, o peggio le loro mogli!
4. LA
PAROLA DI DIO PRESA MOLTO SERIAMENTE: La Parola di Dio veniva presa
molto seriamente, specialmente in tutti i passi dove si parlava delle gerarchie,
dei leader, del doppio rispetto che essi meritano, della Chiesa come un corpo
unico e che deve presentarsi in maniera unica, anche nel cospetto dei governi o
autorità locali. Anche qui vediamo il desiderio di spingere una persona o gruppo
di persone, che rappresentano il popolo di Dio in una determinata nazione, per
sedersi davanti alle autorità governative e per negoziare così diritti e doveri.
5.
QUANDO LA LINEA ECCLESIALE CAMBIA: Come affrontare i conduttori che
cambiano la linea ecclesiale della Chiesa locale? Ecco alcuni suggerimenti.
■ 1. Innanzitutto bisogna esercitare la preghiera.
■ 2. Poi bisogna esercitarsi al dialogo. Quello che ho fatto per anni,
ovviamente Bibbia alla mano; ma chi è che parla senza la Bibbia alla mano?
■ 3. Bisogna inoltre consultarsi dapprima con credenti d’assemblee
vicine, poi di quelle lontane. Bisogna vedere se qualcuno vuole intervenire per
convincere i conduttori «deviati». È chiaro che la deviazione è grave quando
riguarda quanto segue:
● a. Trinità
● b. Salvezza per sola fede
● c. Bibbia unica autorità
● d. Gesù unico Salvatore e Mediatore
● e. Altro (ma rimane ben poco che menerebbe alla perdizione).
Nel caso in cui la
deviazione non riguarda tali basi fondamentali, allora essa non è da
considerarsi grave.
■ 4. In tal caso s’aprono due strade:
● a. Se il credente è giovane (o meno giovane) ed energico, allora dovrà
farsi aiutare da altri credenti d’altre assemblee a «inzuppare» la propria
chiesa locale con altri credenti che iniziano a frequentare lì, quindi se (per
esempio) la Chiesa iniziale è di venti credenti, lui (questo credente giovane e
intraprendente) potrà far sì che (mediante l’opera dello Spirito Santo e con la
sola volontà di Dio) l’assemblea, in poco tempo – due o tre anni! sì ci vuole
pazienza – arrivati a quaranta o cinquanta credenti. Di solito chi entra è poi
«leale» al Signore in prima linea, ma è anche leale a chi lo ha fatto entrare
all’inizio.
In questo modo si prospetta un’assemblea con una maggioranza composta di
elementi con una linea dottrinale non cambiata, ossia di linea dottrinale
«originale», cioè quella d’origine, prima che il conduttore/i deviasse/ro. Ed è
proprio questo che avevo in mente di fare, se non fosse per il fatto che «mi
sono messo in proprio»! Per evitare sterili polemiche e principalmente perché
l’assemblea in origine non solo aveva poco a cuore l’evangelizzazione, ma non
aveva per niente a cuore le persone nuove che erano di passaggio, specialmente
se non della stessa «razza»!
● b. Se il credente non è intraprendente allora: o rimane e abbozza,
sopporta e sta zitto, oppure cambia assemblea. Quest’ultima soluzione è quella
che consiglio. Nicola me l’aveva detto a suo tempo, ma speravo in quello che è
scritto nel punto «a».
6.
EPILOGO: Quando il conduttore cambia la linea ecclesiale, il Signore lo
benedice ugualmente, a patti però che tale linea ecclesiale non intacchi i punti
fondamentali della Parola di Dio menzionati sopra. Pertanto non c’è da mettersi
le mani nei capelli, si prega per quei conduttori le benedizioni dell’Eterno e
si cambia assemblea.
Che il Signore ti
benedica nell’opera che svolgi per educare i credenti. {27-10-2008}
► URL:
http://puntoacroce.altervista.org/_TP/T1-Cambio_linea_parla_UnV.htm
11-07-2008; Aggiornamento: 31-10-2008
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