L’articolo «
Padri incestuosi» ha indotto la lettrice a coinvolgersi nella
discussione, mandando un suo contributo. Ella scrive: «In risposta a quanto lei
interpella, allego un breve articolo mio a pag. 185 e segg. nel testo AA.VV.,
Tra gioia e stress. Capire e sostenere i giovani all’ingresso della Vita
Consacrata e Seminariale (Edizioni OCD, 2007); da un Seminario di studi
realizzato su questo tema al Teresianum, in collaborazione tra l’Associazione,
di cui faccio parte (Edi.S.I.
www.edisi.it oppure
www.edisi.eu), e il Centro Interprovinciale dei Carmelitani Scalzi. Saluti cordiali». {03-02-2009}
Il seguente contributo avrebbe trovato posto nel tema
di discussione «
Padri incestuosi? Parliamone», ma a causa della sua lunghezza e
della sua specificità lo mettiamo extra. Riportiamo il testo inviato dalla
dottoressa Grazia Maria Costa, che ringraziamo, adattandolo solo in una
formattazione consona a quella del sito. A volte ricorre il termine «apostolico»
unito ad altri termini e non è da fraintendere. Ad esempio, per «servizio
apostolico» s’intende qui e in seguito il servizio diaconale, di assistenza,
specialmente di laici in seno a organizzazioni di volontariato cattolico.
{Nicola Martella} |
Il problema degli abusi sessuali va tenuto oggi in attenzione, perché molti
dei giovani e delle giovani che accedono agli ambienti formativi sono state
vittime d’abuso.
Si tratta d’una realtà nuova, almeno a livello
di consapevolezza, ed è utile che i Formatori / trici si preparino per
affrontarla adeguatamente.
Sembra fondata l’opinione di chi ritiene impossibile
ricondurre le diverse forme d’abuso infantile a un’unica definizione. Infatti
nel definire il termine «abuso all’infanzia» vengono comunemente
ricondotti comportamenti diversificati tra loro: dal maltrattamento fisico alla
trascuratezza, dalla violenza sessuale a quella psicologica. Le violenze
all’infanzia sono perpetrate sia in seno alla famiglia che all’esterno d’essa .
Secondo Kempe [F. Petruccelli, I. Petruccelli,
L’abuso sessuale infantile e la pedofilia (Franco Angeli, Milano 1994); M.L.
Genta, A. Tartabini, Il maltrattamento infantile nell’uomo e nei primati non
umani
(Armando Editore, Roma 1991)] l’abuso sessuale infantile «è il coinvolgimento
in qualsiasi attività sessuale d’un minorenne, non maturo, dipendente e quindi
incapace d’un libero e cosciente consenso, o
il suo coinvolgimento in atti che violano il tabù sociale dell’incesto».
Tale definizione è supportata da un esame dei sintomi che il bambino presenta e
dalla verifica del comportamento degli adulti che s’occupano di lui.
Il Censis ha pubblicato nel 1998 un’analisi statistica
sul fenomeno che ha permesso di distinguere gli agenti d’abuso e sfruttamento
sessuale in 3 gruppi:
■ I componenti del sistema familiare
■ I conoscenti a vario titolo del minore
■ Gli estranei al minore prima dell’abuso.
Questi ultimi, secondo il Censis, «rappresentano solo una minima parte della
percentuale dei responsabili d’abuso sessuale», infatti, considerando i reati
denunciati, si registra che solo il 10-16% degli imputati d’abuso sessuale su
minori risultavano a questi ultimi sconosciuti. Questo avvalora l’ipotesi,
secondo la quale la maggior parte dei casi denunciati ha origine all’interno
della struttura familiare: «Da uno studio dei casi giudiziari del Tribunale di
Roma emerge che laddove è implicato l’abuso sessuale, l’abusante, nove volte su
dieci, fa parte della famiglia e solo in un caso è un estraneo».
Nei paesi in via di sviluppo dell’Asia e del Pacifico,
la proporzione d’abusi per mano di familiari, padri e fratelli è inquietante,
con percentuali che vanno dall’otto al 45 per cento. Le cifre d’Europa, America
Latina e Africa sono di poco inferiori.
Secondo il libro di
I. Caputo, Mai devi dire (Corbaccio, Milano 1995), spesso gli autori
delle violenze sono padri «rispettabili», uomini stimati. Ma i padri non sono
gli unici autori dell’abuso che avviene anche tra fratelli, madri e figli e vede
sempre più coinvolti i conviventi.
La maggioranza dei bambini che subiscono o hanno subito
violenza sessuale rimangono vittime silenziose. Le parole non dette rimangono
intrappolate, disturbano l’esistenza, provocano difficoltà affettive,
d’attenzione, di concentrazione, di memoria. Imparare a dire quelle parole
assieme è possibile.
Ciascun adulto dovrebbe «far riemergere» il bambino che
è in lui, per capire e sentire che ogni bambino è prima di tutto una persona che
deve essere protetta e tutelata in quanto creatura più debole; nello stesso
tempo deve essere ascoltata perché è persona capace di responsabilità e volontà.
«I passerotti non fanno rumore.
Essi abitano l’aria con un leggero battere d’ali.
Essi aspirano al nido al conforto del cibo e del
calore.
Hanno morbide piume come morbido è il cuore
che scandisce nel loro petto il tempo del vivere.
Hanno voci così sottili e incerte che il silenzio
può contenerle
e quando piangono lasciano tracce di luce negli
arcobaleni e nel vento.
Non fategli male.
La loro anima è l’anima del mondo».
(Cfr. la rivista «La famiglia», n. 204 (2000) –
articolo a cura del CISF – dr. Miriam Arnaboldi.)
Ecco ora alcune conseguenze dell’abuso sulle persone che lo hanno subìto.
■ Quasi tutte le persone che sono state
traumatizzate (e l’abuso è un grosso trauma), per sopravvivere, sviluppano
delle difese molto rigide. Ma queste difese, che sono funzionali
nell’infanzia, nell’età adulta possono creare dei grossi problemi. Per esempio:
un bambino maltrattato, non potendo esprimere la rabbia che prova verso
l’abusante, imparerà a dirigere la rabbia verso se stesso. Se da piccolo non
poteva fare altrimenti, da adulto, il perdurare di quest’atteggiamento gli
causerà una serie di difficoltà in tutti i settori dell’esistenza.
■ Inoltre un’infanzia e un’adolescenza difficili
possono lasciare come retaggio una serie di convinzioni estremamente negative
su se stessi, la vita e le altre persone in generale. Una conseguenza è che
le persone che sono state maltrattate in giovane età, una volta adulte
tenderanno a maltrattare se stesse in vari modi. Per esempio, è abbastanza
comune che una giovane picchiata dal padre, s’innamori d’un uomo violento (es.
nel servizio apostolico ai barboni, s’innamora d’uno di loro). Infatti aveva
interiorizzato la convinzione di non valere nulla e che certi comportamenti
violenti sono giustificabili in nome dell’«amore».
■ Altre persone, che sono state maltrattate da piccole,
tendono ad aspettarsi il rifiuto e la critica da parte degli altri, e per
reazione, attaccano per primi.
Nei casi peggiori, la persona che è stata abusata da piccola, rivolgerà la
rabbia che prova per l’abuso subito verso la gente che la circonda, es. nella
vita apostolica. Il circolo della violenza si compie: l’abusato diventa a sua
volta abusante.
■ Quasi tutte le persone che sono state abusate da
piccole crescono con
l’innata convinzione che ci sia «qualcosa che non va in loro». A causa di
tutti i messaggi negativi che hanno ricevuto su loro stessi e sul loro valore
come persone, si sentono intrinsecamente «difettosi», inferiori agli altri,
costantemente inadeguati in ogni situazione. Questo senso d’inadeguatezza
diventa una parte molto profonda della personalità.
In altre parole chi è stato abusato non si ritiene
inferiore agli altri in quanto brutto, stupido o altro ma perché sente di non
valere niente come persona. A causa di questo cronico senso d’inadeguatezza che
provano, le vittime d’abuso tendono a criticarsi, a «buttarsi giù», a dubitare
delle loro competenze e capacità. Questo senso d’inferiorità è all’origine di
molti sentimenti d’ansia, depressione e comportamenti distruttivi.
Se la persona è stata abusata, è importante ricordarle
che il senso d’inferiorità che prova non è una caratteristica della sua
personalità. È un qualcosa che le è stato inculcato a poco, a poco dai suoi
abusanti, trattandola come se fosse stupida, cattiva e non valesse niente. Ma
continuare a criticarsi significa fare a se stesso, quello che gli abusanti le
hanno fatto da bambino. Al posto di continuare a biasimarsi per quello che
avrebbe dovuto fare e non ha fatto, o peggio ancora per quanto dovrebbe essere e
non è, è utile cominciare ad approvarsi per quello che è riuscita a fare:
sopravvivere.
Il primo passo per ricostruire la sua autostima è
quello di riconoscere come si senti nei confronti di se stesso. Occorre imparare
a capire come i suoi sentimenti d’inadeguatezza, di vergogna e di rabbia
pervadono la sua vita e le fanno prendere delle decisioni sbagliate.
■ La maggioranza dei bambini che sono stati abusati
sono convinti d’essere, responsabili (almeno in parte) di quanto è successo a
loro. Pensano cose come «però io gliel’ho lasciato fare», «in fondo avrei
potuto difendermi», «se fossi stato migliore, i miei genitori m’avrebbero voluto
più bene» o peggio ancora «forse l’ho voluto io». Naturalmente queste percezioni distorte dei bambini
sono incoraggiate dagli abusanti. L’abusante picchia il bambino dicendo che è
«costretto» a farlo perché lui è stupido e cattivo o giustifica certe punizioni
eccessive dicendo che «sono per il suo bene». Nel caso dell’abuso sessuale,
l’abusante fa passare la violenza come un atto d’amore, dicendo cose del tipo:
«è perché t’amo in un modo speciale» o incolpa la vittima dicendo che lui/lei
l’hanno «provocato». Questi messaggi sono veramente tossici perché inducono la
vittima a credere di meritarsi l’abuso. Essi distruggono qualsiasi autostima e
danno al bambino un messaggio distruttivo che continuerà a danneggiarlo per
tutta vita.
Questo è ancora più evidente nel caso d’abuso sessuale:
spesso infatti l’abuso prende la forma della seduzione, d’una seduzione che il
bambino può trovare fisicamente piacevole. Ma anche se viene esercitato sotto
forma di seduzione, l’abuso è sempre una violenza. Anche se il bambino/a è
«consenziente», si tratta sempre d’un bambino che cede il suo corpo in cambio
per avere un po’ d’amore, per sentirsi importante per qualcuno.
Se la persona è stata abusata,è molto importante che
capisca che l’abuso non è dipeso da lei. Era un bambino e in quanto tale,
non aveva nessun potere, nessun modo, nessuna possibilità per evitare l’abuso.
È importante che capisca che la relazione adulto-minore non è un rapporto alla
pari. È l’adulto a stabilire il tono emotivo della relazione e ad avere la
responsabilità di quello che succede. Se la persona non è stata amata dalle
persone che avrebbero dovuto volerle più bene, non è perché c’è in lei qualcosa
che non va. Erano i suoi genitori o gli abusanti ad avere dei gravi problemi
psicologici a causa dei quali non sono stati in grado d’amarla o di prendersi
cura di lei.
■ Chi è stato abusato sperimenta una profonda
sensazione d’impotenza. In un esperimento di psicologia, dei cani venivano
costretti a subire delle scosse elettriche. In un primo tempo i cani facevano di
tutto per scappare o per sottrarsi alla stimolazione dolorosa, ma essendo stata
loro preclusa ogni via di fuga, non rimaneva loro altra alternativa che
rassegnarsi alla situazione. In breve tempo il comportamento dei cani cambiava:
gli animali diventavano passivi e apatici e, anche s’apriva loro una facile via
di fuga, rimanevano nel recinto a prendersi le scosse elettriche. Questo stato, chiamato «impotenza appresa» può
caratterizzare la vita delle vittime dell’abuso, anche molti anni dopo il
trauma. Le vittime, sono così abituate a perdere le loro battaglie e a sentirsi
impotenti, che non credono di poter vincere nella vita. Da questo la profonda
difficoltà a essere assertivi, a dare dei limiti agli altri, a lottare per i
propri diritti. A causa della sensazione interna d’impotenza, molte vittime
d’abuso tendono ad avere un atteggiamento passivo nei confronti della vita.
Scarsa è la capacità di prendere iniziative, di realizzarsi, d’imporsi e di
sapersi difendere. L’abusato si sente un perdente, si sente vinto prima che la
battaglia inizi perché ha perso la battaglia più importante della sua vita:
quella contro l’abuso.
■ Molte vittime d’abuso hanno imparato a dirigere
verso se stesse la rabbia che sentivano (ma non potevano esprimere!) nei
confronti dell’abusante. Questo meccanismo di difesa unito alla scarsa
autostima, può portare la persona ad avere dei comportamenti autodistruttivi.
Per comportamenti autodistruttivi s’intende qualsiasi comportamento conscio o
inconscio che non permette d’avere successo nella vita.
Chi è stato abusato tende a danneggiare se stesso e le
persone care in molti modi. Molto spesso chi ha subito delle violenze tende a
mettersi nelle condizioni d’essere di nuovo una vittima, scegliendo situazioni
pericolose e/o insoddisfacenti. Di solito il comportamento autodistruttivo è in
relazione con la storia personale e familiare. Chi viene da una famiglia ricca,
ad esempio, tenderà a rovinarsi finanziariamente, facendo degli investimenti
sbagliati.
Il seguente elenco chiarirà meglio quello che
s’intende per «comportamento autodistruttivo»:
● Tentativi
di suicidio o automutilazioni
● Frequenti
incidenti che danneggiano fisicamente
● Essere
circondato da persona che criticano e non apprezzano
● Fidarsi
sempre delle persone sbagliate
● Scegliere
collaboratori che trattano male, tradiscono, sfruttano o sono emotivamente non
disponibili
● Continui
insuccessi lavorativi e apostolici
●
Investimenti economici fallimentari, essere truffati, smarrire oggetti preziosi
● Abuso di
cibo, psicofarmaci o alcool.
Per guarire da questi atteggiamenti distruttivi, è importante diventare sempre
più consapevoli di quali azioni nella propria vita quotidiana distruggono la
felicità, la soddisfazione, la produttività.
■ Quasi tutte le persone abusate si sentono diverse
dagli altri nel senso negativo del termine.
L’esperienza d’abuso intacca profondamente l’autostima: la persona si sente
inferiori agli altri e intrinsecamente difettosa. Di conseguenza le situazioni
sociali diventano ansiogene: la persona insicura è certa che agli occhi altrui
la sua « anormalità» diventerà evidente. Dal momento che le persone abusate sono
state abituate a essere rifiutate, ridicolizzate, criticate e umiliate dalle
persone più vicine a loro, nelle relazioni con gli altri tendono ad aspettarsi
d’essere rifiutati.
Inoltre molte persone abusate, da piccole possono
essere state presi in giro o emarginate dai loro compagni di scuola per la loro
scarsa igiene personale, per i loro movimenti goffi o i loro atteggiamenti
«strani». Una volta cresciute, possono temere tutte le situazioni sociali:
partecipare a un incontro o uscire, leggere le letture durante la Messa. Sono
eventi che possono scatenare ansia, insicurezza e preoccupazioni di non «essere
abbastanza capaci o interessanti». Evitare le situazioni sociali diventa per la
persona abusata un modo per proteggersi da un rifiuto che si ritiene quasi
certo.
Molti abusati non hanno avuto la possibilità di
sviluppare le loro abilità sociali, in quanto quando erano bambini gli adulti
intorno a loro hanno ignorato o invalidato le loro opinioni e percezioni,
lasciandoli a chiedersi come bisogna rapportarsi agli altri. Molti adulti,
vittime d’abusi nell’infanzia e nell’adolescenza, hanno dei problemi a stabilire
delle relazioni soddisfacenti con gli altri. Molte vittime d’abuso possono
scoprire che le loro relazioni con gli altri sono particolarmente conflittuali,
deludenti e instabili.
■ Per alcune persone abusate da piccole, può essere
difficile controllare la rabbia in quanto sono cresciute in famiglie
disturbate dove i rapporti familiari erano basati sul dominio, il potere e lo
sfruttamento dell’altro. Una volta adulte, queste persone, avranno
interiorizzato un messaggio più o meno di questo tipo: «nella vita o si
domina o si è dominati» e, non volendo ritrovarsi nelle condizioni
d’essere di nuovo una vittima indifesa, tenderanno a controllare e dominare il
più possibile la gente che li circonda.
Molte persone abusate tendono ad aspettarsi dagli altri
ostilità e rifiuto, e per difendersi, attaccano per primi. Il problema è che le
«guerre preventive» non funzionano e il loro atteggiamento aggressivo stimola
negli altri proprio quella risposta ostile che intendevano prevenire.
Altre persone, convinte di non poter essere amate dalla
gente, preferiscono essere temute e odiate. Inconsciamente, tendono a pensare
che essere odiati è meglio che non essere considerati.
■ I problemi psicosomatici sono comuni fra le
persone che hanno subito delle violenze. Molte persone che sono state
abusate da piccole possono soffrire con maggiore frequenza rispetto alla
popolazione «normale» di disturbi come asma, mal di testa, incontinenza,
problemi dermatologici e una generale vulnerabilità alle infezioni e malattie.
Le persone che sono state abusate sessualmente, possono
soffrire di disturbi gastrointestinali. Per esempio, chi è stato costretto ad
avere dei rapporti orali, può accusare nausea e vomito senza che ci sia una
causa organica.
Le donne che hanno subito degli abusi sessuali
prolungati hanno una maggiore probabilità di sviluppare un disturbo
dell’alimentazione. L’anoressia, per esempio, permette alla persona d’esercitare
sul corpo quel controllo che non riesce a esercitare sui suoi sentimenti. Un
aumento di peso improvviso può essere una forma inconscia di protezione verso la
sessualità. La donna obesa presenta al mondo un aspetto non appetibile dal punto
di vista sessuale, scoraggiando eventuali advances.
Ovviamente non è possibile fare un equazione fra tipo
d’abuso subito e problemi fisici. Il significato d’un sintomo psicosomatico
dipende dalla storia e dalla personalità d’una persona.
Per alcune persone la malattia può essere
l’unico modo per ricevere dagli altri delle attenzioni, che da sani non
potrebbero avere. In genere, chi ha questa tendenza, è stato un bambino
trascurato e poco amato. Da piccolo, ha potuto avere le attenzioni dei genitori
solo quando aveva qualche malessere di tipo fisico. Da grande la malattia
diventa l’unico modo per chiedere affetto e attenzioni.
■ I problemi sessuali sono comuni fra le persone
che hanno subito abusi sessuali, ma si possono riscontrare anche fra le persone
che hanno subito degli abusi fisici o emotivi. In genere chi è stato abusato fa
fatica a stabilire un relazione di fiducia e non si sente a suo agio con il
proprio corpo.
Alcune persone non riescono a dire di no e hanno
rapporti sessuali anche quando non lo desiderano, ricavandone pochissimo
piacere. Il sesso per loro diventa l’unico modo per sentirsi confermate e
oggetto d’attenzioni da parte di qualcuno. Se l’abuso includeva l’uso della
violenza, la vittima potrebbe aver associato il sesso con la violenza e, una
volta adulta essere attratta da pratiche sessuali violente e degradanti.
Masturbazione compulsiva e fantasie sessuali
ossessionanti sono altri mezzi che la mente utilizza per padroneggiare il trauma
subito.
■ L’incertezza sulla propria identità sessuale è
un’altra conseguenza dell’abuso. Alcuni ragazzini sedotti dal padre o da un
altro adulto significativo, hanno provato del piacere fisico nell’esperienza. E
per tale motivo hanno finito per credersi omosessuali. Esiste però un’altra
forma d’omosessualità che riguarda l’avversione per le persone dello stesso
sesso dell’individuo che ha commesso l’abuso. Per esempio, la ragazza abusata
dal padre, può sviluppare una profonda sfiducia negli uomini, e per tale motivo,
preferire le donne (cfr. dr. Anna Zanon e dr. Francesca Mancadori).
■ In alcuni casi le persone abusate possono soffrire
d’una condizione particolare di disagio psicologico chiamato «sindrome
post-traumatica da stress». Questo disturbo psicologico comprende attacchi
di panico, ansia generalizzata, insonnia, incubi, sonnambulismo, pensieri
ripetitivi e sgradevoli e flashback dell’abuso subito. Un altro possibile
sintomo è la depersonalizzazione: un senso d’estrema estraneità nei confronti
del proprio corpo. Chi lo sperimenta si sente dissociato dal suo corpo e ha la
sensazione d’essere anestetizzato, annebbiato. La dissociazione è una forma di
difesa contro il trauma: il ragazzino /a violentato o picchiato duramente impara
a dissociare la sua mente dal corpo. È come se dicesse «potete fare al mio corpo
tutto quello che volete, tanto la mia mente non è qui!». Nei casi più gravi, da
adulti la dissociazione diventa una sorta di risposta automatica in tutte le
situazioni percepite come potenzialmente minacciose. In casi estremi, le persone
abusate possono sviluppare il disturbo di personalità multipla. È importante
ricordare che questi sintomi segnalano uno stato di disagio da non
sottovalutare.
■ Dal segreto
dell’abuso a una certa ossessività.
Nella nevrosi ossessiva, uno egli elementi fondanti è
il segreto. Come osserva Nicola
Peluffo, il segreto a volte può essere conscio e riferirsi nel suo contenuto
manifesto a un fatto più o meno recente «che per spostamento dà una forma a una
catena di “segreti”, che portano tutti lo stesso effetto: aver fatto qualche
cosa che non si doveva fare, aver detto qualche cosa che non si doveva dire,
aver visto (o udito) qualche cosa che non si doveva né vedere, né udire. Ecco
l’origine dell’autoaccusa. Il soggetto per introiezione s’assume la colpa d’un
evento traumatizzante subito passivamente; evento catastrofico che ha scatenato
un’ondata d’aggressività distruttiva verso la situazione traumatica e i suoi
personaggi, che rifluiscono nello psichismo del soggetto con due conseguenze: a)
uno stato perenne di colpa e autoaccusa; b) una ricerca perenne di ricostruire
l’evento traumatizzante, nel tentativo di diventare attivo rispetto a una
situazione subita passivamente, e di modificarla».
La problematica dell’abuso rimane importante e
meriterebbe una attenzione maggiore in considerazione delle sue conseguenze,
anche in assenza d’una vera e propria violenza sessuale. Esiste un mondo
sommerso nella quotidianità più banale che genera drammi. Perché non ascoltarli
prima che si trasformino in patologie spesso difficilmente risolvibili?
Certamente per il Formatore / trice è un carico
ulteriore che s’aggiunge, ma fare partecipare alla persona il suo «segreto», con
competenza e capacità d’ascolto, può avere una grossa valenza formativa.
Per l’approfondimento: Sull’abuso sessuale sui minori si vedano in Nicola Martella,
Disturbi e abusi, Sesso & Affini 3 (Punto°A°Croce, Roma 1998), tra altri, i seguenti
articoli: ■ L'incesto, pp. 305ss ■ Il «para-incesto», pp. 321ss ■ Mamme e parenti incestuosi, pp. 326ss ■ L'incesto: aspetti biblici e pastorali, pp. 331ss |
►
Bambini abusati - virgulti calpestati {Nicola Martella (con Gianfranco Giuni)} (A)
► URL: http://puntoacroce.altervista.org/_TP/A2-Abuso_sessuale_infantile_S&A.htm
03-02-2009; Aggiornamento: 04-02-2009
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