Per me la «donna» è stata da sempre un essere misterioso e parimenti
meraviglioso. Ella rimane per me tale, sebbene sul «pianeta donna» abbia scritto
in diverse mie opere in relazione all’essere femminile in se stesso, al suo
approccio verso la realtà e l’esistenza e al rapporto col «pianeta uomo». Una
versione più breve di questo articolo è comparsa nel mensile «Oltre» (maggio
2007), p. 21.
Aspetti della problematica
Qualche maliziosa femminista affermerà senz’altro che
Dio, dopo aver fatto una prima prova con Adamo, creò la sua versione
definitiva di «essere umano» con Eva. Altri indicheranno il tribolato e
ambivalente cammino storico che vede le donne come decantate, venerate,
esaltate, osannate, trasfigurate — oppure, al contrario, come abusate,
soggiogate, svalutate, sfigurate. A tutt’oggi le donne sono le vittime
ricorrenti dei soprusi sessuali e di «amori» morbosi. Certamente altri
ricorderanno Dalila, Messalina e Mata Hari che, per raggiungere
altri scopi, non si sono fatti scrupolo di usare le arti amatorie e
seduttrici per carpire arcani segreti, per aggiogare alla propria volontà maschi
brucianti di passione, per aggirare e abbindolare e dare infine il colpo
mortale. Sono state evocate al riguardo figure come la femmina del ragno o della
mantide religiosa, che fanno fuori il loro partner dopo la copula.
A rovinare spesso l’immagine della donna hanno
contribuite le stesse donne. Soubrette, veline, letterine, show girl, dive e
quant’altre che per fare carriera (o abbreviarla) si sono date alle richieste di
uomini potenti, dando l’impressione che tutto ha un prezzo… anche la dignità
femminile. Non poche sono poi finite tragicamente. A ciò si aggiungano le donne
che si spogliano per calendari e riviste per uomini. Prodotti, che nulla hanno a
che fare col sesso, vengono resi appetibili mediante un messaggio che passa per
il desiderio sessuale trasmesso da una donna procace. Donne che si vendono,
donne usate per piazzare prodotti, donne che si prestano per vendere. A perderci
è proprio la categoria delle «donne» che creano l’immaginario della «selvaggina»
che è lì solo per essere cacciata.
L’essere sociale
Per me la donna rimane un essere misterioso e
meraviglioso. Chi ha avuto figli o è un buon osservatore sa che un «essere
femminile» è intriso di charme e «femminilità» fin dalla nascita. È nata per
essere intermediaria, pacificatrice, negoziatrice, curatrice, infermiera,
maestra, educatrice, organizzatrice e tanto ancor di più… fin dalla tenera età.
Lo sa l’uomo che si ammala ed è costretto a stare a letto per diversi giorni ed
è in «balia» della moglie e di una o due figliolette! Il suo sviluppo verso la
maturità fisica e psichica è più veloce rispetto ai maschietti. Controlla per
prima le attività uro-intestinali. È nata col «chip» della loquacità, mentre il
maschio risponde per sillabe e mugugni. In pochi anni il suo corpo si trasforma
per prendere la ciclicità della natura che la determinerà fino alla menopausa.
Essa ha, fin dalla tenera età, una vocazione materna, resterà «madre»
indipendentemente dal fatto se mai metterà figli al mondo e cercherà di
esprimere la sua «maternità» con tutti i figli di questo mondo. Non di rado,
specialmente quando non c’è altra materia prima, tende a «mammizzare» anche il
proprio marito; stranamente ciò è quanto fanno a volte anche le figlie nei
confronti del padre.
Tutta natura
Come già detto, dalla pubertà alla menopausa la donna
diventa tutta «natura» e la sua vita diventa ciclica: come le quattro stagioni
dell’anno ogni mese. Questa ciclicità è interrotta solo da una «stagione»
particolare: la gravidanza.
Per un neonato e per un piccolo bambino che,
guardandosi in giro non trova lo sguardo della mamma o per di più si è fatto
male, posto fra un uomo e una donna (conosciuti o meno), identifica in un
«essere femminile» i tratti rassicuranti di una mamma, sebbene questo sia ancora
adolescente, e si dirigerà verso la ragazza o la donna per trovare consolazione,
aiuto e conforto.
Una donna è stata concepita da Dio per tutti i tempi e
tutte le circostanze, per permettere la sopravvivenza della prole in tempi di
«vacche grasse» e di «vacche magre». Durante la gravidanza, il nascituro è nel
luogo più protetto: nelle viscere materne (in ebraico «misericordia» significa
proprio ciò). Qui è nutrito, «ammortizzato» contro eccessivi scuotimenti e
preparato alla vita fuori. E questo non solo in tempi di pace e di abbondanza,
ma anche di calamità e penuria.
La mania delle donne occidentali per la «linea» e per
le massacranti diete pur di potersi mettere il bichini in estate, è — se si
eccettuano gli aspetti strettamente salutari — contro natura. La maggior parte
dei tempi della storia si è trattato di periodi difficili alla sopravvivenza.
Perciò la donna è stata concepita così che in tempi di «vacche grasse» aumenti e
accumuli energie in forma di grasso (proprio quello che oggi è considerato
«antiestetico») per poterle poi dispensare alla prole in tempi di «vacche
magre». Oggigiorno i figli in occidente vengono allattati solo mesi; in altri
tempi qui da noi e oggigiorno in altre parti del mondo i figli vengono allattati
per anni. Solo le «riserve» delle mamme permettono ai figlioletti di
sopravvivere.
Varie questioni aperte
Sul «pianeta donna» ci sarebbe tanto da dire. Si
potrebbe parlare ad esempio durante lo sviluppo da bambina a donna riguardo al
rapporto verso se stessa, verso il mondo, verso gli altri, verso il padre e la
madre, verso l’uomo che ama (sia che sia ricambiata o meno). Si potrebbe parlare
del suo «essere ciclico», secondo i ritmi della natura. Misteriosa (e fascinosa)
rimane la trasformazione durante la gravidanza.
Le domande aperte sono tante. Perché una donna si
colpevolizza anche quando sono gli altri i colpevoli? Perché molte donne fanno
tanta fatica ad accettare quel che sono? Che cosa induce una donna a «vendersi»?
Perché alcune donne tendono a proteggere i loro «carnefici»? (marito-padrone,
amante-padrone, padre-padrone, ecc.). È vero che molte donne siano attratte
(inconsapevolmente) dall’uomo che ha maggior successo nella vita? (soldi,
fascino, autorità, ribalta, ecc.).
Aspetti patologici
Tutti i talenti naturali che una donna ha, possono,
snaturarsi, pervertirsi e acquisire aspetti patologici. Non pensiamo solo al
fatto che alcune donne vendono se stesse o usano il loro corpo per raggiungere
degli obiettivi di diversa natura. Ecco qui di seguito alcuni esempi. Una donna
tende alla realizzazione dell’armonia intorno a sé e pur di averla a volte
sacrificherebbe (consciamente o meno), oltre a se stessa, anche una parte della
realtà delle cose e della verità (cfr. Gn 2,17 con 3,2 «e non lo toccate»).
La loquacità, che serve per verbalizzare, mediare, consolare, insegnare, può
diventare verbosità morbosa, ciarla insopportabile e pettegolezzo (cfr. 1 Cor
14,34 lalein «chiacchierare»). La cura per le persone affidatele o per il
suo micro-mondo può assumere aspetti patologici. La «mammizzazione» può arrivare
a creare una specie di «prigione dorata» che non permette ai figli di crescere e
al marito di responsabilizzarsi. La mamma organizzatrice e vigilante può
trasformarsi in un onnipresente «stato di polizia» che tiene tutti sotto
controllo o al guinzaglio; poi si meraviglia quando avviene una «evasione»
(spesso senza ritorno) dei membri della sua famiglia da quella che essi
ritengono una «gabbia» seppure d’oro. L’amore per i figli può trasformarsi in
complicità che fa tramare alle spalle del proprio marito (cfr. Rebecca e
Giacobbe; Gn 25,28; 27,6ss.15ss.42ss). Donne che hanno costruito tutto e solo
sui figli, senza altri interessi personali nella vita, sono in genere consumate
dalla «sindrome del nido vuoto», ossia quando i figli se ne vanno di casa;
allora non sanno più che fare nella vita e cadono in depressione. Penso a quella
donna che ha scritto al figlio maschio: «Da quando te ne sei andato via, non
vivo più». C’è un tipo di donne che vede specialmente nella nuora una
concorrente contro cui combattere (consciamente o inconsciamente) per avere
l’attenzione maggiore del figlio maschio; i drammi qui sono assicurati.
Infine rimane per me un mistero perché una donna vuole
avere un marito che la rispetti e la onori, ma un figlio maschio che sappia
dominare la propria moglie. È strano che le più grandi concorrenti delle donne
siano spesso altre donne.
Gli uomini che contano
Alcune donne fanno di tutto per sentire una parola
d’apprezzamento dagli uomini che contano nella loro vita. Un’adolescente si
misura e si confronta dapprima specialmente col prototipo di maschio che
conosce: il padre. Egli può renderla sicura o fragile, a seconda della sua
reazione di padre, uomo e maschio. Alcune d’esse si portano come complesso e
fragilità per tutta la vita il fatto di non aver mai sentito dal padre parole
come: «Sei una ragazza in gamba (o capace)», «Sei molto carina», «Non sai quanto
ti ammiro (ti voglio bene, apprezzo che…)» e così via. Anche da sposata la donna
cerca sempre sicurezza e che il marito le ricordi cose che per lei contano
(p.es. ti amo; ti voglio bene; sei carina con quel vestito; sei dimagrita (!);
oh, hai pulito i vetri delle finestre?; questa cenetta è stata squisita…).
Ammetto che da maschio sono spesso un «orso polare»: o
non ci penso neppure oppure uso il contagocce, pensando: «Ma lo sa che…»; «Ma
gliel’ho detto appena… giorni fa». Il «pianeta donna», sebbene lo si possa
esplorare, rimane pur sempre un mistero. È un compito a vita.
Per l’approfondimento:
■ Nicola Martella, L’uomo e la donna nella Bibbia.
Generi e ruoli
1 (Punto°A°Croce, Roma 1996).
■ Nicola Martella, La donna nel Nuovo Testamento.
Generi e ruoli
2 (Punto°A°Croce, Roma 1996).
■ Nicola Martella,
Sessualità e
contesti. Sesso & Affini 1 (Punto°A°Croce,
Roma 1998). Si veda particolarmente la sezione «Singolarità dei due sessi», pp.
316-368.
■ Nicola Martella,
Tenerezza e
fedeltà.
Sesso & Affini 2 (Punto°A°Croce, Roma 1998).
■ Nicola Martella,
Disturbi e
abusi. Sesso & Affini 3 (Punto°A°Croce,
Roma 1998).
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►
Interrogativi sul «pianeta donna»
►
Gravidanza e maternità fra gioie e dolori
►
Padri con figlie adolescenti
► URL: http://puntoacroce.altervista.org/_TP/A1-Donna_nome_GeR.htm
26-05-2007; Aggiornamento: 20-05-2013
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