Un taglio netto alle convenzioni anti-bibliche e pseudo-bibliche, all'ignoranza e alle speculazioni — Ein klarer Schnitt zu den anti-biblischen und pseudo-biblischen Konventionen, zur Unwissenheit und den Spekulationen — A clean cut to the anti-biblical and pseudo-biblical conventions, to the ignorance and the speculations — Une coupe nette aux conventions anti-bibliques et pseudo-bibliques, à l'ignorance et aux spéculations — Un corte neto a las convenciones anti-bíblicas y pseudo-bíblicas, a la ignorancia y a las especulaciones

La fede che pensa — Accettare la sfida nel nostro tempo

«Glaube gegen den Strom»: Für das biblische Unterscheidungsvermögen — «Faith countercurrent»: For the biblical discernment — «Foi contre-courant»: Pour le discernement biblique — «Fe contracorriente»: Por el discernimiento bíblico

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Il sabato, l’anno sabbatico e il giubileo.

 

Ecco le parti principali:
■ Il patto, l'etica e il pensiero sabbatico
■ Il sabato nell’Antico Testamento, nel giudaismo, nel Nuovo Testamento e relative questioni odierne
■ L’estensione del sabato: l’anno sabbatico e lo jôbel nella Torà e nella storia
■ L’ideale e le funzioni teologiche risultanti
■ Excursus: Storia del giubileo cattolico
■ Le feste principali in Israele.

 

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DECIME E APPROSSIMAZIONI STORICHE E TEOLOGICHE

 

 di Gianni Siena - Nicola Martella

 

1. Le tesi {Gianni Siena}

2. Osservazioni e obiezioni {Nicola Martella}

 

Il lettore prende qui posizione riguardo all’articolo «Decime e offerte volontarie». Il seguente contributo avrebbe potuto trovare posto all’interno del tema di discussione «Decime e offerte volontarie? Parliamone: 1 | 2», ma a causa della sua specificità, della sua problematicità e di un'adeguata risposta, abbiamo preferito metterlo extra. Egli era già intervenuto con il nono contributo della «prima parte» della discussione, ma ciò non gli è bastato ed è tornato nella discussione con le tesi che seguono sotto .

    Dapprima entriamo in tema con qualche nota introduttiva. La tesi del lettore è che la religione biblica dell'AT sia una variante delle religioni circonvicine a Israele. E, poiché Abramo diede la decima a Melqisedek, essa dev'essere già stata un'istituzione esistente, secondo cui i re cananei onoravano il loro impegno tributario verso il re di Salem. Purtroppo tale lettore si ferma solo ai proclami e non porta nessuna vera prova che le cose siano state tali. A ciò si aggiunga che le sue tesi assomigliano molto a quelle del criticismo storico, che tanto male ha fatto alla credibilità della sacra Scrittura.

    Diceva uno scrittore umoristico israeliano: «Per esempio non è un argomento». A ciò si aggiunga che nell’argomentazione mettere insieme mele e pere (questioni del tutto differenti) per avvalorare una tesi, non solo non convince, ma genera solo pericolose confusioni. Così facendo, in genere si tappa un buco, creandone uno ancora più grande. Quasi cristiano è del tutto pagano (At 26,28). Quasi salvato è del tutto perduto. Quasi vero è del tutto falso. Quasi competente è del tutto incompetente, non sapendo differenziare tra apriorismi ideologici e fatti oggettivi.

     Perciò, quando si argomenta in senso storico, teologico, archeologico e così via, o si portano prove incontrovertibili o si genera solo confusione in se stessi e negli altri. E poi, come già accennato, è singolare come persone che amano la Bibbia e avversano i critici liberali, per argomentare usino proprio i loro argomenti, considerandoli verità oggettiva, sebbene essi minino proprio la credibilità della sacra Scrittura! Ho insegnato per più di due decenni, tra altre cose, «l’introduzione teologica dell’AT», mettendo a confronto il «metodo storico-critico» e il «metodo storico biblico», perciò conosco bene tali argomentazioni, basate su apriorismi indimostrati e su ideologie pseudo-scientiste. [Per l’approfondimento si vedano in Nicola Martella, Manuale Teologico dell’Antico Testamento (Punto°A°Croce, Roma 2002), gli articolo: «Criticismo storico», pp. 127-130; «Sistemi teologici», pp. 332ss; «Teologia biblica», pp. 353s; si veda qui anche «Le posizioni teologiche più ricorrenti», pp. 21-30.

     Dipanare una matassa così ingarbugliata, piena di verità, mezze verità, spropositi storici e teologici, costa solo tante forze ed energie. Per evitare la saccenteria senza vere basi teologiche, è il caso di ricordare uno dei miei motti preferiti a storici e teologi dilettanti: «Calzolaio, rimani alle tue suole!». {Nicola Martella}

 

 

1. Le tesi {Gianni Siena}

 

Caro Nicola, pace. La seguente non è una certezza, ho la persuasione che, invece, la «decima» vigesse tra i Cananei al tempo di Melchisedec. I Sodomiti erano considerati grandi peccatori e, facilmente, avevano anche da versare al re-sacerdote diverse «rate» annuali della decima dovuta.

     Secondo diversi studiosi il culto ebraico somiglia molto agli analoghi riti praticati presso altri popoli contemporanei: a Ugarit la terminologia è così simile / identica a quella mosaica da rendere insignificanti le diversità. Nel periodo esaminato la religione cananea è molto vicina a quella biblica: i nomi della divinità sono quasi identici a quelli biblici: El, Elohim, Elioun (= Elyon), Ya/Yaw (= Ya/Yahweh). La testimonianza archeologica ugaritica si riferisce a un’epoca che coincide con il tempo dei Giudici (1400-1300 a.C.); ma, anche, vi traspaiono le pratiche abominevoli rivolte a Baal e Anat.

     Qualche secolo prima noi vediamo nella Bibbia che Egiziani, Filistei, Cananei hanno però un sentimento religioso vicino a quello degli Ebrei (= Abramo) e Dio parla loro in sogno come se lo conoscessero. Quindi l’istituzione del culto legato al tempio mobile nel deserto ripristina una pratica più arcaica e, in precedenza, conosciuta anche dai popoli idolatri dell’area. Una sorta di «Riforma» ante litteram e, dunque (credo...) anche la re-istituzione della decima a favore dei sacerdoti e dei poveri. Che un qualunque «re» potesse obbligare i sudditi a pagare la decima s’evince dall’episodio dove Samuele ricorda agli Israeliti i loro nuovi doveri «fiscali»: era una pratica affermata e antica.

     Nell’episodio di Genesi 14,20 questa pratica compare: Abramo, quale possessore del bottino, diede la decima al sacerdote e re di Salem. Abramo era consapevole del «debito» del possessore precedente, egli (da buon credente) esercita il suo «dovere»; lo stesso re di Sodoma, consapevole di non poter esigere nulla, gli dice: «Tieni pure la roba, ma dammi le persone...». Abramo, invece, con giuramento gli restituisce la preda e lascia ai suoi alleati di fare come meglio credono. Tassare la popolazione per il culto, l’assistenza agli indigenti e le spese politico amministrative era un’usanza del tempo che precede la nascita di Cristo, nel Vicino Oriente. L’uso di dare la decima ai sacerdoti passò da un sacerdozio a un altro (dall’ordine melchisedechico all’ordine levitico).

     Con la Nuova Alleanza finisce il precedente sacerdozio... la decima è abolita? Si e no! Sì, non vi sono più sacerdoti da mantenere e non si dovrebbe esigere più questo balzello per spese «ecclesiastiche»; sbagliano quelle chiese che pretendono una simile contribuzione: con l’istituzione del sacerdozio universale dei credenti, la decima non ha ragione d’esistere. Siamo noi i sacerdoti, ma Dio provvede per noi. Ma i poveri ci sono ancora e sarebbe opportuno avere dei fondi per aiutare i meno fortunati: il 9% del salario medio sarebbe un appetibile introito da devolvere a questo soccorso.

     C’è un problema, nel nostro paese, «Cesare» si prende senza tanti complimenti intorno al 60% del guadagno del cittadino che dichiara il suo reddito: mediante le tasse dirette e le imposte indirette. Senza contare le parti che spettano alle amministrazioni locali. Mi viene da ridere (e da arrabbiarmi), quando leggo che taluni interessati «teologi» insegnano che uno dovrebbe calcolare la decima sul guadagno lordo. Supponiamo che uno abbia un salario lordo di 1.500 euro al mese; ciò fa 18.000 euro all’anno (compreso 13a e qualche altra voce retributiva). Calcolando la decima sul lordo fanno 1.800 euro, occorre poi sottrarre la decima destinata ai poveri, come è predicato da certi legalisti. Ma occorre vedere dove vanno questi soldi, nelle chiese «carismaticiste» (leggo sempre con piacere quel che scrive Gaetano Nunnari) vanno a finire sicuramente in costruzioni ecclesiastiche e nelle «sovvenzioni» pastorali. Mi risulta che la «dignità» del pastore, in qualche caso, sia molto esosa: casa, macchina nuova (non si parla d’utilitarie), offerte personali e quant’altro... a spese d’una / due comunità sfruttate in modo indecente. E i «furbetti» proclamano dal pulpito che «per la Grazia di Dio, sono molto impegnati»!

     Ho conosciuto qualche buon servitore di Cristo che non conduceva affatto una vita grama ma — lo sottolineo doverosamente — non predicarono mai (!!!) sulla necessità economica, segno che la fratellanza dava e il Signore provvedeva generosamente. Ma costoro non hanno avuto una vita facile e le comunità, da essi condotte, quasi non se ne ricordano, hanno preferito «mercenari» che «divorano loro la carne fino agli zoccoli». E, per quel che si vede, sono comunità «soddisfatte» del loro governo ecclesiale... e d’essere spolpate. Non parliamo delle comunità carismatiche ma d’insospettabili chiese evangeliche... stiamo attenti. {18 novembre 2008}

 

 

2. Osservazioni e obiezioni {Nicola Martella}

 

Quando si afferma qualcosa, non ci si può basare sul sentito dire o sulle proprie convinzioni (la decima vigesse tra i Cananei), ma ci vogliono prove documentarie incontrovertibili. Poiché la Palestina era, a quel tempo, un crogiolo di varie popolazioni eterogenee (oltre ai Cananei veri e propri; Gn 15,19ss), non c’è nessuna evidenza che Melqisedek fosse un cananeo né che i Cananei fossero a lui soggetti. Egli era re di Salem, non re dei Cananei. Inoltre i tributi che le popolazioni assoggettate da un re dovevano versare, non erano «decime», ma tributi. Le imprecisioni creano false associazioni e quindi erronei convincimenti.

     Quando si citano «studiosi», bisogna sempre indicare chi ha detto che cosa. Quelli che vorrebbero una derivazione della religione ebraica dalle religioni pagane e dello Jahwismo (monoteismo) dal politeismo, sono studiosi liberali, critici verso la Bibbia Essi mettono in evidenza le similitudini reali o supposte, dimenticando di mostrare le differenze. È una falsità affermare che «nel periodo esaminato la religione cananea è molto vicina a quella biblica», perché non si capirebbe perché allora Dio decise di distruggere le popolazioni della Palestina e non Israele. La similitudine dei nomi da sola non basta poiché ’el (forte), ëlohîm (tremendo, autorità); `ëlejôn (altissimo) erano parole comuni che non erano ristrette solo all’ambito religioso, come avviene oggigiorno. Su Ja / Jaw ci sono molti dubbi che intenda la stessa cosa che Jah / Jahwè, poiché hanno significati dissimili e perché Jahwè si basa su un gioco di parole comprensibile solo con la grammatica ebraica; non basta una similitudine nella forma per asserirne una nella sostanza. [Per l’approfondimento si vedano in Nicola Martella, Manuale Teologico dell’Antico Testamento (Punto°A°Croce, Roma 2002), gli articoli: «Altissimo (Dio) [`ëlejôn]», pp. 83s; «Jahwè [jahewëh]», pp. 200ss; «Potente (Dio) [’el]», pp. 227s; «Tremendo (Dio) [ëlohîm]», pp. 365ss.

     Ugarit era collocata nell’attuale Siria e fu distrutta nel 13° o 12° secolo a.C. Nella sua religione Ba`al (Bel) figurava come figlio di El, il dio superiore, si tratta di acquisizioni dalla religiosità mesopotamica; nella Bibbia Ba`al (= protettore) e la sua religione sono viste da sempre in contrapposizione con la religione di Jahwè (Lv 18,21; 20,2s.5; Gr 32,35; At 7,43; Molok [o anche Milkom 1 Re 11,5.33; 23,13; Malkom Gr 49,1.3; Sf 1,5] = Ba`al Melek). Le approssimazioni e le presunte similitudini senza prove tra due cose sono sempre un veleno per la verità. Asserire che al tempo di Abramo la religiosità del suo clan non si differenziasse da quella dei popoli circonvicini e che successivamente il culto di Jahwè nel suo santuario derivasse da tradizioni dei popoli pagani circonvicini, è proprio quello che vogliono gli studiosi liberali e, oltre a essere sbagliato, si chiama sincretismo. I patriarchi cercarono moglie per i loro figli non tra i Cananei, ma tra i loro parenti mesopotamici. I patriarchi non parteciparono mai ai culti pagani del loro tempo. Dio proibì loro di fare alleanza con le popolazioni circonvicine e anzi, considerandoli fonte di contaminazione religiosa e morale, ne ordinò la distruzione. «Tutte queste cose abominevoli le ha commesse la gente che v’era prima di voi, e il paese n’è stato contaminato. […] Badate che, se lo contaminate, il paese non vi vomiti come vomiterà la gente che vi stava prima di voi. Osserverete dunque i miei ordini, e non seguirete alcuno di quei costumi abominevoli che sono stati seguiti prima di voi, e non vi contaminerete con essi. Io sono l’Eterno, il Dio vostro» (Lv 18,27-30).

     La religione d’Israele non era una «riforma» religiosa e morale delle religioni pagane, ma fu una istituzione completamente nuova. Mosè poteva fare un culto ecumenico con gli Egiziani, ma Dio pretese che Israele si recasse «tre giornate di cammino nel deserto, per offrire sacrifici all’Eterno, al Dio nostro» (Es 3,18), per celebrargli «una festa nel deserto» (Es 5,1), affinché non li colpisse «con la peste o con la spada» (v. 3; 7,16). Per inciso, il Faraone affermò che non conosceva Jahwè (Es 5,2). Quando egli pretese che gli Ebrei offrissero sacrifici al loro Dio nel paese, Mosè rispose che i sacrifici degli Ebrei erano al punto un «abominio per gli Egiziani» che, offrirli lì, avrebbe significato un terribile affronto che sarebbe costata loro la vita (Es 8,26). Inoltre Dio aveva comandato una distanza di almeno tre giornate di cammino nel deserto (v. 27).

     Non si può quindi parlare di una reintroduzione delle decime a favore dei sacerdoti e dei poveri, poiché «decima» è il dieci percento esatto delle entrate e non vi è evidenza documentaria che ciò accadesse esattamente altrove in Canaan e tra i paesi circonvicini a Israele. Qui ci vogliono prove non assunti. Le tasse che i re imponevano alle popolazioni del loro regno o ai paesi occupati non si chiamavano «decime», ma tributi (2 Cr 24,27 tributi; Esd 4,20 tributi, imposte e pedaggi; Mt 17,25 tributi, censo). La tassa, paventata da Samuele con l’introduzione del re (1Sm 8,11-17), non era la «decima» religiosa, ma un tributo statale che, sebbene fosse chiamata solo qui «decima» (Israele non conosceva ancora altro), si aggiungeva agli obblighi religiosi. Poi i tributi statali divennero una normalità (2 Sm 20,24; 1 Re 4,6); in genere era l’esattore dei tributi che percorreva il paese (Dn 11,20; Zc 9,8; 2 Cr 10,18 poteva andargli male). La decima religiosa aveva un ciclo triennale e veniva versata perlopiù al santuario (Lv 14,28s, Lv 26,12s), i tributi statali avevano altre sue regole, in genere erano molto più restrittivi sui termini e molti più esosi delle decime (2 Re 12,4.10s.14 giogo pesante).

     Nel caso di Gn 14,20 non si trattò di un tributo imposto da Melqisedek ad Abramo, ma di un’offerta volontaria che il patriarca decise di dargli sul bottino preso per onorare l’Altissimo. Non aveva nulla a che vedere con un costume consolidato né con un obbligo statale. Nel testo non c’è nessun indizio che i re cananei avessero un debito verso il re di Salem. Le popolazioni della Palestina erano a quel tempo una serie di città-stato indipendenti, spesso sotto l’influenza dell’Egitto, accomunati da etnie differenti, per questo scorribande provenienti dalla Mesopotamia potevano arrecare tanto danno e rendere tributarie tali città-stato (Gn 14,1-7).

     Mischiare aspetti religiosi con quelli statali crea solo confusione. Inoltre tra Melqisedek e i leviti non c’è alcun punto di contatto. Non si può accertare un «ordine sacerdotale di Melqisedek» al tempo della conquista e durante l’epoca dei re. Le decime in Israele furono comandate ancor prima di arrivare in Canaan ed erano un’istituzione nuova in Israele (Lv 27,30ss).

     Affermare che «la decima è abolita? Sì e no!», è solo fuorviante. Le decime erano imposte in modo fisso per legge all’interno della teocrazia d’Israele. O c’è ancora la teocrazia (e allora bisogna trasferirsi tutti in Israele nei confini prescritti e bisogna osservare tutta la legge), oppure non c’è e il «nuovo statuto» (quello messianico) ha sostituito quello vecchio (quello mosaico). Allora si fa bene a chiamare le cose col loro proprio nome, per evitare confusione. Se Dio ama un donatore allegro, e ciascuno può dare «secondo che ha deliberato in cuor suo, non di mala voglia, né per forza» (2 Cor 9,7), non si può chiamare ciò «decima», poiché essa era obbligatoria, né si può minacciare di maledizione i credenti dal pulpito con versi come Malachia 3,8s («voi mi derubate»), né si può affermare a propria preferenza che «il 9% del salario medio sarebbe un appetibile introito da devolvere…» in beneficienza.

     Come è stato evidenziato alla fine, a predicare sull’obbligo della decima sono specialmente i predicatori di massa: tele-predicatori, evangelisti di massa (cfr. Benny Hinn), apostoli autoproclamati, profeti carismaticisti e quant’altri che da ciò vogliono trarre consistenti introiti per sé e le loro cose. Non a caso essi predicano un «evangelo del successo» e una «teologia della prosperità», per ammantare le loro imprese finanziarie, in cui la devozione è fonte d’arricchimento (cfr. 1 Tm 6,9s). Come ha fatto ad esempio il libanese Benny Hinn, arrivato negli USA da immigrato, ad accumulale una tale ingente ricchezza? Come hanno fatto similmente anche gli altri unti carismaticisti, di cui parecchi sono caduti in scandali finanziari?

     L’opera del Signore necessita di «offerte volontarie», anche regolari (Fil 4,14ss «parte alla mia afflizione»), e di responsabilità da parte dei credenti (1 Cor 9,6-11; 2 Cor 9,5ss; Gal 5,6ss). Ora, però, da nessuna parte c’è scritto che bisogna ingrassare le «vacche di Basan» (cfr. Am 4,1), un «clero» che si erge al di sopra delle chiese e che le munge fino al sangue, pur di preservare il proprio stato socio-economico, e che imboniscono i credenti con il fumo di dottrine provenienti dalla gnosi del «pensiero positivo»: «l’evangelo del successo» e la «teologia della prosperità».

 

► URL: http://puntoacroce.altervista.org/_TP/A1-Decime_approx_storic-teolog_Sh.htm

21-11-2008; Aggiornamento:

 

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