Il lettore prende
qui posizione riguardo all’articolo «Decime
e offerte volontarie». Il seguente contributo avrebbe potuto
trovare posto all’interno del tema di discussione «Decime
e offerte volontarie? Parliamone:
1
|
2», ma a causa della sua
specificità, della sua problematicità
e di un'adeguata risposta, abbiamo preferito metterlo extra. Egli era già
intervenuto con il nono contributo
della «prima
parte» della discussione, ma ciò non gli è bastato ed è
tornato nella discussione con le tesi che seguono sotto .
Dapprima entriamo in tema con qualche nota introduttiva. La tesi del
lettore è che la religione biblica dell'AT sia una variante delle religioni
circonvicine a Israele. E, poiché Abramo diede la decima a Melqisedek, essa
dev'essere già stata un'istituzione esistente, secondo cui i re cananei
onoravano il loro impegno tributario verso il re di Salem. Purtroppo tale
lettore si ferma solo ai proclami e non porta nessuna vera prova che le cose
siano state tali. A ciò si aggiunga che le sue tesi assomigliano molto a quelle
del criticismo storico, che tanto male ha fatto alla credibilità della sacra
Scrittura.
Diceva uno scrittore umoristico israeliano: «Per esempio non è un argomento». A
ciò si aggiunga che nell’argomentazione mettere insieme mele e pere (questioni
del tutto differenti) per avvalorare una tesi, non solo non convince, ma genera
solo pericolose confusioni. Così facendo, in genere si tappa un buco, creandone
uno ancora più grande. Quasi cristiano è del tutto pagano (At 26,28). Quasi
salvato è del tutto perduto. Quasi vero è del tutto falso. Quasi competente è
del tutto incompetente, non sapendo differenziare tra apriorismi ideologici e
fatti oggettivi.
Perciò, quando si argomenta in senso storico, teologico, archeologico e così
via, o si portano prove incontrovertibili o si genera solo confusione in se
stessi e negli altri. E poi, come già accennato, è singolare come persone che
amano la Bibbia e avversano i critici liberali, per argomentare usino proprio i
loro argomenti, considerandoli verità oggettiva, sebbene essi minino proprio la
credibilità della sacra Scrittura! Ho insegnato per più di due decenni, tra
altre cose, «l’introduzione teologica dell’AT», mettendo a confronto il «metodo
storico-critico» e il «metodo storico biblico», perciò conosco bene tali
argomentazioni, basate su apriorismi indimostrati e su ideologie
pseudo-scientiste. [Per l’approfondimento si vedano in Nicola Martella,
Manuale Teologico dell’Antico Testamento
(Punto°A°Croce, Roma 2002), gli articolo: «Criticismo storico», pp. 127-130;
«Sistemi teologici», pp. 332ss; «Teologia biblica», pp. 353s; si veda qui anche
«Le posizioni teologiche più ricorrenti», pp. 21-30.
Dipanare una matassa così ingarbugliata, piena di verità, mezze verità,
spropositi storici e teologici, costa solo tante forze ed energie. Per evitare
la saccenteria senza vere basi teologiche, è il caso di ricordare uno dei miei
motti preferiti a storici e teologi dilettanti: «Calzolaio, rimani alle tue
suole!». {Nicola Martella} |
1. Le tesi
{Gianni Siena}
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Caro Nicola, pace.
La seguente non è una certezza, ho la persuasione che, invece, la «decima»
vigesse tra i Cananei al tempo di Melchisedec. I Sodomiti erano considerati
grandi peccatori e, facilmente, avevano anche da versare al re-sacerdote diverse
«rate» annuali della decima dovuta.
Secondo diversi studiosi il culto ebraico somiglia molto agli analoghi riti
praticati presso altri popoli contemporanei: a Ugarit la terminologia è così
simile / identica a quella mosaica da rendere insignificanti le diversità. Nel
periodo esaminato la religione cananea è molto vicina a quella biblica: i nomi
della divinità sono quasi identici a quelli biblici: El, Elohim, Elioun (=
Elyon), Ya/Yaw (= Ya/Yahweh). La testimonianza archeologica ugaritica si
riferisce a un’epoca che coincide con il tempo dei Giudici (1400-1300 a.C.); ma,
anche, vi traspaiono le pratiche abominevoli rivolte a Baal e Anat.
Qualche secolo prima noi vediamo nella Bibbia che Egiziani, Filistei, Cananei
hanno però un sentimento religioso vicino a quello degli Ebrei (= Abramo) e Dio
parla loro in sogno come se lo conoscessero. Quindi l’istituzione del culto
legato al tempio mobile nel deserto ripristina una pratica più arcaica e, in
precedenza, conosciuta anche dai popoli idolatri dell’area. Una sorta di
«Riforma» ante litteram e, dunque (credo...) anche la re-istituzione
della decima a favore dei sacerdoti e dei poveri. Che un qualunque «re» potesse
obbligare i sudditi a pagare la decima s’evince dall’episodio dove Samuele
ricorda agli Israeliti i loro nuovi doveri «fiscali»: era una pratica affermata
e antica.
Nell’episodio di Genesi 14,20 questa pratica compare: Abramo, quale possessore
del bottino, diede la decima al sacerdote e re di Salem. Abramo era consapevole
del «debito» del possessore precedente, egli (da buon credente) esercita il suo
«dovere»; lo stesso re di Sodoma, consapevole di non poter esigere nulla, gli
dice: «Tieni pure la roba, ma dammi le persone...». Abramo, invece, con
giuramento gli restituisce la preda e lascia ai suoi alleati di fare come meglio
credono. Tassare la popolazione per il culto, l’assistenza agli indigenti e le
spese politico amministrative era un’usanza del tempo che precede la nascita di
Cristo, nel Vicino Oriente. L’uso di dare la decima ai sacerdoti passò da un
sacerdozio a un altro (dall’ordine melchisedechico all’ordine levitico).
Con la Nuova Alleanza finisce il precedente sacerdozio... la decima è abolita?
Si e no! Sì, non vi sono più sacerdoti da mantenere e non si dovrebbe esigere
più questo balzello per spese «ecclesiastiche»; sbagliano quelle chiese che
pretendono una simile contribuzione: con l’istituzione del sacerdozio universale
dei credenti, la decima non ha ragione d’esistere. Siamo noi i sacerdoti, ma Dio
provvede per noi. Ma i poveri ci sono ancora e sarebbe opportuno avere dei fondi
per aiutare i meno fortunati: il 9% del salario medio sarebbe un appetibile
introito da devolvere a questo soccorso.
C’è un problema, nel nostro paese, «Cesare» si prende senza tanti complimenti
intorno al 60% del guadagno del cittadino che dichiara il suo reddito: mediante
le tasse dirette e le imposte indirette. Senza contare le parti che spettano
alle amministrazioni locali. Mi viene da ridere (e da arrabbiarmi), quando leggo
che taluni interessati «teologi» insegnano che uno dovrebbe calcolare la decima
sul guadagno lordo. Supponiamo che uno abbia un salario lordo di 1.500 euro al
mese; ciò fa 18.000 euro all’anno (compreso 13a e qualche altra voce
retributiva). Calcolando la decima sul lordo fanno 1.800 euro, occorre poi
sottrarre la decima destinata ai poveri, come è predicato da certi legalisti. Ma
occorre vedere dove vanno questi soldi, nelle chiese «carismaticiste» (leggo
sempre con piacere quel che scrive Gaetano Nunnari) vanno a finire sicuramente
in costruzioni ecclesiastiche e nelle «sovvenzioni» pastorali. Mi risulta che la
«dignità» del pastore, in qualche caso, sia molto esosa: casa, macchina nuova
(non si parla d’utilitarie), offerte personali e quant’altro... a spese d’una /
due comunità sfruttate in modo indecente. E i «furbetti» proclamano dal pulpito
che «per la Grazia di Dio, sono molto impegnati»!
Ho conosciuto qualche buon servitore di Cristo che non conduceva affatto una
vita grama ma — lo sottolineo doverosamente — non predicarono mai (!!!) sulla
necessità economica, segno che la fratellanza dava e il Signore provvedeva
generosamente. Ma costoro non hanno avuto una vita facile e le comunità, da essi
condotte, quasi non se ne ricordano, hanno preferito «mercenari» che «divorano
loro la carne fino agli zoccoli». E, per quel che si vede, sono comunità
«soddisfatte» del loro governo ecclesiale... e d’essere spolpate. Non parliamo
delle comunità carismatiche ma d’insospettabili chiese evangeliche... stiamo
attenti. {18 novembre 2008}
2. Osservazioni e obiezioni
{Nicola Martella}
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Quando si afferma
qualcosa, non ci si può basare sul sentito dire o sulle proprie convinzioni (la
decima vigesse tra i Cananei), ma ci vogliono prove documentarie
incontrovertibili. Poiché la Palestina era, a quel tempo, un crogiolo di varie
popolazioni eterogenee (oltre ai Cananei veri e propri; Gn 15,19ss), non c’è
nessuna evidenza che Melqisedek fosse un cananeo né che i Cananei fossero
a lui soggetti. Egli era re di Salem, non re dei Cananei. Inoltre i tributi che
le popolazioni assoggettate da un re dovevano versare, non erano «decime», ma
tributi. Le imprecisioni creano false associazioni e quindi erronei
convincimenti.
Quando si citano «studiosi», bisogna sempre indicare chi ha detto che cosa.
Quelli che vorrebbero una derivazione della religione ebraica dalle religioni
pagane e dello Jahwismo (monoteismo) dal politeismo, sono studiosi liberali,
critici verso la Bibbia Essi mettono in evidenza le similitudini reali o
supposte, dimenticando di mostrare le differenze. È una falsità affermare che
«nel periodo esaminato la religione cananea è molto vicina a quella biblica»,
perché non si capirebbe perché allora Dio decise di distruggere le popolazioni
della Palestina e non Israele. La similitudine dei nomi da sola non basta poiché
’el (forte), ’ëlohîm
(tremendo, autorità); `ëlejôn
(altissimo) erano parole comuni che non erano ristrette solo all’ambito
religioso, come avviene oggigiorno. Su Ja / Jaw ci sono molti dubbi che intenda
la stessa cosa che Jah / Jahwè, poiché hanno significati dissimili e perché
Jahwè si basa su un gioco di parole comprensibile solo con la grammatica
ebraica; non basta una similitudine nella forma per asserirne una nella
sostanza. [Per l’approfondimento si vedano in Nicola Martella,
Manuale Teologico dell’Antico Testamento
(Punto°A°Croce, Roma 2002), gli articoli: «Altissimo
(Dio) [`ëlejôn]», pp. 83s; «Jahwè [jahewëh]», pp.
200ss; «Potente (Dio) [’el]», pp. 227s; «Tremendo (Dio) [’ëlohîm]»,
pp. 365ss.
Ugarit era collocata nell’attuale Siria e fu distrutta nel 13° o 12° secolo a.C.
Nella sua
religione Ba`al (Bel) figurava come figlio di El, il dio superiore, si
tratta di acquisizioni dalla religiosità mesopotamica; nella Bibbia Ba`al (=
protettore) e la sua religione sono viste da sempre in contrapposizione con la
religione di Jahwè (Lv 18,21; 20,2s.5; Gr 32,35; At 7,43; Molok [o anche Milkom
1 Re 11,5.33; 23,13; Malkom Gr 49,1.3; Sf 1,5] = Ba`al Melek). Le
approssimazioni e le presunte similitudini senza prove tra due cose sono sempre
un veleno per la verità. Asserire che al tempo di Abramo la religiosità del suo
clan non si differenziasse da quella dei popoli circonvicini e che
successivamente il culto di Jahwè nel suo santuario derivasse da tradizioni dei
popoli pagani circonvicini, è proprio quello che vogliono gli studiosi liberali
e, oltre a essere sbagliato, si chiama sincretismo. I patriarchi cercarono
moglie per i loro figli non tra i Cananei, ma tra i loro parenti mesopotamici. I
patriarchi non parteciparono mai ai culti pagani del loro tempo. Dio proibì loro
di fare alleanza con le popolazioni circonvicine e anzi, considerandoli fonte di
contaminazione religiosa e morale, ne ordinò la distruzione. «Tutte queste
cose abominevoli le ha commesse la gente che v’era prima di voi, e il paese n’è
stato contaminato. […] Badate che,
se lo contaminate, il paese non vi vomiti come
vomiterà la gente che vi stava
prima di voi. Osserverete dunque i miei ordini, e non seguirete alcuno di quei
costumi abominevoli che sono stati
seguiti prima di voi, e non vi
contaminerete con essi. Io sono l’Eterno, il Dio vostro» (Lv
18,27-30).
La
religione d’Israele non era una «riforma» religiosa e morale delle religioni
pagane, ma fu una istituzione completamente nuova. Mosè poteva fare un culto
ecumenico con gli Egiziani, ma Dio pretese che Israele si recasse «tre
giornate di cammino nel deserto, per offrire sacrifici all’Eterno, al Dio nostro»
(Es 3,18), per celebrargli «una festa nel deserto» (Es 5,1), affinché non
li colpisse «con la peste o con la spada» (v. 3; 7,16). Per inciso, il
Faraone affermò che non conosceva Jahwè (Es 5,2). Quando egli pretese che gli
Ebrei offrissero sacrifici al loro Dio nel paese, Mosè rispose che i sacrifici
degli Ebrei erano al punto un
«abominio per gli Egiziani» che, offrirli lì, avrebbe significato un
terribile affronto che sarebbe costata loro la vita (Es 8,26). Inoltre Dio aveva
comandato una distanza di almeno tre giornate di cammino nel deserto (v. 27).
Non si può quindi parlare di una reintroduzione delle decime a
favore dei sacerdoti e dei poveri, poiché «decima» è il dieci percento esatto
delle entrate e non vi è evidenza documentaria che ciò accadesse esattamente
altrove in Canaan e tra i paesi circonvicini a Israele. Qui ci vogliono prove
non assunti. Le tasse che i re imponevano alle popolazioni del loro regno o ai
paesi occupati non si chiamavano «decime», ma tributi (2 Cr 24,27 tributi; Esd
4,20 tributi, imposte e pedaggi; Mt 17,25 tributi, censo). La tassa, paventata
da Samuele con l’introduzione del re (1Sm 8,11-17), non era la «decima»
religiosa, ma un tributo statale che, sebbene fosse chiamata solo qui «decima»
(Israele non conosceva ancora altro), si aggiungeva agli obblighi religiosi. Poi
i tributi statali divennero una normalità (2 Sm 20,24; 1 Re 4,6); in genere era
l’esattore dei tributi che percorreva il paese (Dn 11,20; Zc 9,8; 2 Cr 10,18
poteva andargli male). La decima religiosa aveva un ciclo triennale e veniva
versata perlopiù al santuario (Lv 14,28s, Lv 26,12s), i tributi statali avevano
altre sue regole, in genere erano molto più restrittivi sui termini e molti più
esosi delle decime (2 Re 12,4.10s.14 giogo pesante).
Nel caso di Gn 14,20 non si trattò di un tributo imposto da Melqisedek ad
Abramo, ma di
un’offerta volontaria che il patriarca decise di dargli sul bottino preso
per onorare l’Altissimo. Non aveva nulla a che vedere con un costume consolidato
né con un obbligo statale. Nel testo non c’è nessun indizio che i re cananei
avessero un debito verso il re di Salem. Le popolazioni della Palestina erano a
quel tempo una serie di città-stato indipendenti, spesso sotto l’influenza
dell’Egitto, accomunati da etnie differenti, per questo scorribande provenienti
dalla Mesopotamia potevano arrecare tanto danno e rendere tributarie tali
città-stato (Gn 14,1-7).
Mischiare
aspetti religiosi con quelli statali crea solo confusione. Inoltre tra
Melqisedek e i leviti non c’è alcun punto di contatto. Non si può accertare un
«ordine sacerdotale di Melqisedek» al tempo della conquista e durante l’epoca
dei re. Le decime in Israele furono comandate ancor prima di arrivare in Canaan
ed erano un’istituzione nuova in Israele (Lv 27,30ss).
Affermare che «la decima è abolita? Sì e no!», è solo fuorviante. Le
decime erano imposte in modo fisso per legge all’interno della teocrazia
d’Israele. O c’è ancora la teocrazia (e allora bisogna trasferirsi tutti in
Israele nei confini prescritti e bisogna osservare tutta la legge), oppure non
c’è e il «nuovo statuto» (quello messianico) ha sostituito quello vecchio
(quello mosaico). Allora si fa bene a chiamare le cose col loro proprio nome,
per evitare confusione. Se Dio ama un donatore allegro, e ciascuno può
dare «secondo che ha deliberato in cuor suo, non di mala voglia, né per forza»
(2 Cor 9,7), non si può chiamare ciò «decima», poiché essa era obbligatoria, né
si può minacciare di maledizione i credenti dal pulpito con versi come Malachia
3,8s («voi mi derubate»), né si può affermare a propria preferenza che
«il 9% del salario medio sarebbe un appetibile introito da devolvere…» in
beneficienza.
Come è stato evidenziato alla fine, a predicare sull’obbligo della decima sono
specialmente i predicatori di massa: tele-predicatori, evangelisti di massa
(cfr. Benny Hinn), apostoli autoproclamati, profeti carismaticisti e quant’altri
che da ciò vogliono trarre consistenti introiti per sé e le loro cose. Non a
caso essi predicano un «evangelo del successo» e una «teologia della
prosperità», per ammantare le loro imprese finanziarie, in cui la devozione è
fonte d’arricchimento (cfr. 1 Tm 6,9s). Come ha fatto ad esempio il libanese
Benny Hinn, arrivato negli USA da immigrato, ad accumulale una tale ingente
ricchezza? Come hanno fatto similmente anche gli altri unti carismaticisti, di
cui parecchi sono caduti in scandali finanziari?
L’opera del Signore necessita di «offerte volontarie», anche regolari
(Fil 4,14ss «parte alla mia afflizione»), e di responsabilità da parte dei
credenti (1 Cor 9,6-11; 2 Cor 9,5ss; Gal 5,6ss). Ora, però, da nessuna parte c’è
scritto che bisogna ingrassare le «vacche di Basan» (cfr. Am 4,1), un «clero»
che si erge al di sopra delle chiese e che le munge fino al sangue, pur di
preservare il proprio stato socio-economico, e che imboniscono i credenti con il
fumo di dottrine provenienti dalla gnosi del «pensiero positivo»: «l’evangelo
del successo» e la «teologia della prosperità».
► URL:
http://puntoacroce.altervista.org/_TP/A1-Decime_approx_storic-teolog_Sh.htm
21-11-2008; Aggiornamento:
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