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I contributi sul tema
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1.
{Nicola
Martella} ▲
Già
preoccupa il fatto che il lettore sopraccitato ha usato una versione in cui è
scritto: «...erano preordinati alla vita eterna, credettero». Essa è
viziata dalla Vulgata.
Preoccupa anche che chi parte
da un assunto ideologico-dottrinale tragga da un brano descrittivo (quindi non
dottrinale) e per di più cosi breve e indistinto, una così rilevante dottrina.
Cercherò di mostrare che si possa intendere il brano anche diversamente.
A ciò si aggiunga che appena prima di questo verso,
Paolo e Barnaba dissero francamente ai Giudei: «Era necessario che a voi per
i primi si annunziasse la parola di Dio. Ma poiché la respingete e non vi
giudicate degni della vita eterna, ecco, noi ci volgiamo ai Gentili» (v.
46). E un verso dopo si legge: «E la parola del Signore si spandeva per tutto
il paese» (v. 49). Viene creata una grande contraddizione testuale, se si
intende il v. 48 alla calvinista nel senso della doppia predestinazione.
Si noti, che Paolo e Barnaba non dissero ai Giudei:
«Visto che voi non siete (pre-) ordinati, ci rivolgiamo a quanti fra i Gentili
lo sono». Essi misero l’enfasi sulla responsabilità oggettiva dei Giudei: «…la
respingete e non vi giudicate degni della vita eterna». Si noti poi che di
una parola rivolta a pochi iniziati, difficilmente si poteva dire che «si
spandeva per tutto il paese».
Andiamo all’espressione verbale indiziata hēsan
tetagménoi eis in: «crederono quanti
erano determinati riguardo alla
vita eterna». Tetagménoi
è participio perfetto, sia passivo che medio, del
verbo tássō. Si noti che questo
verbo non ha qui la particella pre- e tradurre preordinare è fuori
luogo. Lo spettro di questo verbo è troppo vasto per essere ridotto all’idea
della predestinazione calvinista. Infatti tássō
significa, tra altre cose: «ordino, schiero, dispongo» (p.es. in senso
militare), «metto, colloco, pongo, dispongo, stabilisco» (p.es. luogo, posto,
ufficio), «designo, stabilisco, assegno, costituisco, incarico, determino, metto
a capo, ordino, annovero», eccetera. Tássō
significava pure «convengo in / su qualcosa, tratto, me la intendo». E così via.
I calvinisti partono subito
dall’assunto ideologico che sia Dio qui a ordinare, disporre o determinare.
L’altra possibilità è che a fare questo siano stati i Gentili stessi: essi erano
disposti o determinati. Nel brano sono essi la parte attiva, mentre Dio non è
menzionato come agente. Si può tradurre ad esempio: «e crederono quanti erano
convenuti sulla vita eterna», «erano disposti (o predisposti) riguardo
alla [= eis] vita eterna», o «erano determinati (o decisi) riguardo alla
vita eterna». In tali casi, ciò rispecchierebbe semplicemente la parabola
del seminatore: quanti erano una buona terra, accolsero il seme della parola (Mc
4,20) e lo fecero germogliare a vita eterna. Ciò si accorderebbe con la
disponibilità dei Gentili (azione contraria al rifiuto dei Giudei; v. 46)
e con l’espansione della Parola (v. 49).
Come si vede, da un brano descrittivo è meglio non
trarre arcani nel senso di una qualunque sovrastruttura ideologico-dottrinale.
Proiettando qualcosa nel testo, poi si pretenderà di ritrovalo. Ma ciò è
eisegesi (proiezione) non
esegesi (spiegazione).
2.
{Rosa Fidelis, ps.
}
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Nota redazionale:
Questo contributo è arrivato dopo che avevo preparato già da giorni quello
precedente. Quindi l'autrice non lo conosceva ancora. |
Sono d’accordo su come Nicola Martella ha interpretato Efesini 2,8 e 1 Pietro
1,1. [►
Sovrastrutture dottrinali e teologia riformata] Perciò
mi soffermo subito su Atti 13,48. Benché Gaetano non lo abbia detto
esplicitamente, penso che la questione cui egli si riferisce riguardi
l’interpretazione del verbo greco tetagménoi, che nella traduzione da lui
riportata è reso con «preordinati», e inteso dai calvinisti nel senso di
«predestinati», cioè nel senso che Dio aveva deciso dall’eternità di far
conseguire a queste persone la vita eterna, per cui necessariamente avrebbero
creduto all’Evangelo.
In realtà il verbo greco
tássō (di cui tetagménoi è in questo caso participio medio,
cioè con valore riflessivo) significa «disporre», cioè sistemare
convenientemente, secondo un determinato criterio. Se io, per esempio, preparo
la tavola, non metto i piatti e le posate a caso, ma secondo un ordine preciso.
Questo verbo, però, è qui usato non in riferimento a un ordine materiale, come
quello della tavola, ma a un ordine spirituale, quello che consiste nelle buone
disposizioni interiori. Uno, infatti, non può accogliere Gesù se non c’è in lui
disposizione per la verità, cioè verso ciò che è moralmente vero, perché
consonante con la norma divina del bene.
Chi cerca la verità, cerca Gesù, anche se non lo
sappia, perché Gesù è la verità, come dice egli stesso in Giovanni 14,16: «Io
sono la via, la verità, la vita». Gesù, quindi, non è solo la verità: è
anche la vita, e con questo Giovanni intende la vita eterna.
Ecco dunque che chi è «disposto» (tetagménos)
per la verità è disposto anche per la vita eterna.
Per meglio chiarire che il verbo tetagménos non
implica nessuna idea di predestinazione eterna, faccio notare che esso si trova
anche in Atti 20,13, dove è utilizzato per esprimere un concetto assai più
banale: Paolo, volendo recarsi da Troade a Gerusalemme, invece d’imbarcarsi fin
dall’inizio con i compagni, chiese loro di prenderlo a bordo successivamente, ad
Asso, essendo
dia-tetagménos «internamente disposto, avendo l’intenzione» di fare la prima
parte del viaggio a piedi.
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► URL: http://puntoacroce.altervista.org/_Den/T1-At13,48_calvinismo_Esc.htm
04-08-2007; Aggiornamento: 03-07-2010