Io e mia moglie,
dopo aver fondato una chiesa a Roma insieme a un’altra coppia di missionari,
avevamo iniziato una «cellula» a Frascati. In tale periodo. abbiamo avuto
comunione con i membri della «Chiesa di Cristo» di Frascati, con cui
abbiamo celebrato la Cena del Signore. Alcune volte sono stato invitato a dare
un pensiero. In genere, partecipavo allo studio biblico domenicale, interagendo.
Quindi, non ho nulla da dire sul piano della comunione. Il piano dottrinale non
presenta molti problemi, a eccezione della concezione un po’ sacramentale del
battesimo; poi sul piano culturale ecclesiale c’è il famoso problema degli
strumenti musicali.
Umberto Izzo, prendendo posizione su un mio precedente articolo, ha
cominciato la sua lettera come segue: «Gent.mo Sig. Nicola Martella, mi permetta
di chiarire alcuni aspetti in merito agli argomenti da Lei trattati sul valore
dottrinale della denominazione Chiesa di Cristo e sul Battesimo. Premetto che
condivido appieno una sua affermazione circa la semplicità del messaggio
evangelico che è anche quello che Gesù ci ha insegnato. I membri della Chiesa di
Cristo desiderano ardentemente con molta umiltà di tagliare (dispensare) “rettamente
la parola della verità” (2 Timoteo 2,15)». {28 dicembre 2008}
Dopo ciò presenta due punti, su cui dibattere. Il primo tratta il fatto se la
«Chiesa di Cristo» sia o meno una denominazione. Il secondo riguarda uno
dei suoi punti cruciali: il battesimo quale strumento necessario di
salvezza. Trattiamo ognuno a sé stante. Chiaramente questa è specialmente
un'occasione per chiarire a priori
alcuni aspetti, che affliggono similmente o diversamente anche altre
denominazioni.
Questo articolo è rimasto a lungo da parte, in attesa di pubblicazione.
Ultimamente ho ricevuto un lungo articolo di una credente della «Chiesa
di Cristo», visibilmente preso da varie parti di un sito ufficiale di tale
gruppo ecclesiale, che ricalca proprio le stesse tesi e che attacca
massicciamente tutti coloro, che la pensano diversamente. Questo mi ha indotto a
pubblicare finalmente questo scritto. {Nicola
Martella} |
1. DENOMINAZIONE
1.1. LE
TESI
(Umberto Izzo): La Chiesa di Cristo non è una denominazione in quanto
vuol essere quella «Chiesa»,
che Gesù ha istituito in Matteo 16,18, che Gli appartiene. La Chiesa in quanto
assemblea che appartiene a Cristo, che ne è il fondatore, appartiene anche a Dio
«Chiesa di Dio» (Atti 20,28; 1 Corinzi 1,2; 10,32 e così via...). La Chiesa è il
popolo eletto della nuova Alleanza, chiamato da Dio a ritirarsi dal mondo e a
vivere, nel contempo, nel mondo.
1.2.
OSSERVAZIONI E OBIEZIONI (Nicola Martella): Questa tesi la conosco anche
da vari siti della «Chiesa di Cristo». Anche altre denominazioni cristiane
affermano la stessa cosa e ognuna di loro si rapporta alle origini. Ci
sono stati vari tentativi nella storia di creare una «chiesa di unificazione»;
in pratica hanno creato un’altra denominazione. Non sarà l’aggiunta di un
genitivo
(«di Cristo», «di Dio», ecc.) a «chiesa» a rendere quest’ultima speciale e meno
denominazione. Le denominazioni non sono di per sé qualcosa di negativo,
se intendono se stesse solo come parte della chiesa universale e non affermano
con arroganza di essere l’unica vera chiesa. Già il NT ci presenta due grandi
«contenitori culturali» nella chiesa d’allora: Giudei e Gentili, a cui si
riferirono due differenti tipi di missioni (Gal 2,7ss). Nel concilio di
Gerusalemme, per salvaguardare l’unità, si stabilì il diritto dei Giudei e
dei Gentili di seguire le proprie caratteristiche culturali, conformi
all’Evangelo, senza imporle all’altra parte (At 15; 21,20-25).
Anche Paolo ribadì ciò anche nelle sue epistole (Rm 14). Egli parlò anche
dei diversi campi di missione, guidate da differenti squadre missionarie e del
fatto che egli non invase il campo altrui; quando vide conclusa la sua funzione
in una certa zona, non invase quella altrui, ma si recò in zone ancora vergini
(Rm 15,23s; 2 Cor 10,13-16).
Tutto ciò era legittimo. L’aspetto negativo era invece che nella
stessa compagine ecclesiale (allora ci si riuniva nelle cosiddette «chiese
in casa») si formavano gruppi, che ritenevano di essere più speciali degli
altri: «Perché, fratelli miei, m’è stato riferito intorno a voi da quelli di
casa Cloe, che vi sono fra voi delle contese. Voglio dire che ciascun di voi
dice: “Io sono di Paolo; e io d’Apollo; e io di Cefa; e io di Cristo”. Cristo è
egli diviso? Paolo è egli stato crocifisso per voi? O siete voi stati battezzati
nel nome di Paolo?» (1 Cor 1,11ss). Si noti che anche coloro che affermavano
di essere «di Cristo», si sentivano più speciali degli altri, sebbene
fossero solo una corrente tra le altre nella stessa chiesa locale.
È corretto affermare che la chiesa universale è molto più grande di
quanto possa mai essere una sola denominazione, grande o piccola che sia.
Bisogna contrastare la pretesa di considerare il proprio gruppo d’appartenenza
la sola vera chiesa. Anche le «Assemblee (o Movimento) dei Fratelli», a
cui appartengo, sebbene nato senza etichetta e sebbene ancora oggi ci sono
problemi di una chiara nomenclatura, è una parte della chiesa universale e come
tale vuole essere fedele alle Scritture e vivere in sua conformità. Chiaramente
mi porrò in contrasto con qualunque tipo di chiesa che cercherà di
«biblicizzare» le proprie tradizioni e i propri gusti culturali e cultuali,
ritenendoli gli unici «biblicamente» validi. Penso che un po’ di umiltà e di
sobrietà biblica faccia bene, senza eccezioni, a ogni movimento o chiesa, che si
richiama alla sacra Scrittura.
La «Chiesa di Cristo» è un’esperienza storica di credenti, una come
tante. Ammettendo di essere come denominazione una parte del Corpo universale di
Cristo, ha il suo diritto di essere. Poi se una loro fazione vuole servirsi di
strumenti musicali (e altri strumenti tecnici) e l’altra li snobba, sono affar
loro, fintantoché specialmente i secondi non pretendano che il loro modo di fare
(la loro tradizione) sia il solo possibile e il solo «biblico».
2. BATTESIMO
2.1. LE
TESI
(Umberto Izzo): Il battesimo non è un semplice rito, né una pura formalità ma,
l’inizio del cammino, che un cristiano deve intraprendere e l’acquisizione
d’alcuni vantaggi secondo la volontà di Gesù. Il battesimo:
■ È necessario per ottenere la salvezza (Marco 16,16);
■ Permette la remissione dei peccati (Atti 2,38);
■ Ci riveste di Cristo (Galati 3,27);
■ Ci separa dal mondo del peccato (1 Pietro 3,20-21);
■ Porta alla morte del vecchio uomo corrotto dal peccato e alla nascita del
nuovo uomo che non è più legato al mondo, ma a Cristo (Romani 6,3-5).
Infine l’esempio
più eclatante lo troviamo in Atti 8,26-40: la predicazione di Filippo si
conclude con il convincimento dell’Etiope a battezzarsi.
2.2.
OSSERVAZIONI E OBIEZIONI (Nicola Martella): Questa parte è più
controversa e non mi trova chiaramente d’accordo. Devo riconoscere che molti dei
problemi si basano su questioni di traduzione. Al riguardo faccio notare quanto
segue.
■ Trarre da
Marco 16,16 la necessità del battesimo in acqua per ottenere la salvezza, è
alquanto problematico. Per i versi che seguono a Mc 16,8 ci sono centinaia di
varianti; ciò mostra che tale aggiunta è alquanto insicura. È probabile che
l’originale di Marco terminasse effettivamente con Mc 16,8 e che in seguito
alcuni hanno creduto, ognuno a modo suo, di completare il quadro, facendo una
sintesi dei fatti postumi (cfr. prenderanno in mano serpenti con l’esperienza di
Paolo a Creta; v. 18; At 28,3ss). Tutto ciò dovrebbe indurre a non trarre da
tale testo delle dottrine importanti. Per l’approfondimento rimandiamo
all’articolo «Marco
16,16-20».
■ Il battesimo è necessario ai fini della salvezza?: A quanto appena
detto, si aggiunga che da nessuna parte del NT si afferma come in Marco 16,16: «Chi
avrà creduto e sarà stato battezzato, sarà salvato...»; inoltre nella
seconda parte di tale verso la condanna segue all'incredulità, senza che il
battesimo sia neppure menzionato. I tre concetti «credere», «battezzare» e
«salvare» (e loro derivati) non si trovano mai insieme in nessun verso del NT.
Il ladrone sulla croce fu salvato senza essere battezzato, e questo
sebbene Gesù avesse ingiunto nella sua predicazione (come già fece Giovanni
Battista): «Ravvedetevi, perché il regno dei cieli è vicino» (Mt 4,17), e
sebbene avesse battezzando come lui (Gv 3,22s.26; 4,1s). Inoltre, si può essere
battezzati senza essere salvati; questo è il caso di Simone il Mago, per il
quale né il battesimo (At 8,13) né l’imposizione successiva delle mani funzionò,
trovandosi ancora «in fiele amaro e in legami di iniquità» (v. 23). Anche
gli altri Samaritani, pur essendo stati battezzati (v. 12), non poterono essere
rigenerati mediante il loro esercizio di fede, ma dovettero venire gli apostoli
a imporre loro le mani (v. 17). Il battesimo non comunicò lo Spirito
rigenerante, e quindi la salvezza, sebbene la gente avesse esercitata la fede
(vv. 12.15s); dopo l’imposizione delle mani da parte degli apostoli, i
Samaritani non furono battezzati nuovamente in acqua.
A ciò si aggiunga che falsi maestri e falsi profeti sono sorti proprio
tra quelli che sono stati battezzati (At 20,30 sorgeranno di fra voi stessi; 1
Gv 2,19 usciti di fra noi). Quindi, il battesimo in acqua è soprattutto un
atto di ubbidienza ed è pure un atto simbolico e illustrativo della
«immersione in Cristo», avvenuta mediante lo Spirito Santo; di ciò parleremo
maggiormente sotto.
■ Il battesimo permette la remissione dei peccati?: Al riguardo si cita
di sovente Atti 2,38. Per capire quanto intendesse il giudeo Pietro a
Pentecoste, bisogna andare indietro al primo battesimo in acqua del NT.
Il costume di farsi battezzare in acqua, confessando i propri peccati, lo
troviamo nel NT all’interno del ministero di Giovanni Battista, in vista
dell’avvento del Messia
(Mt 3,5.11) e del suo giudizio (vv. 10.12). Il battesimo in acqua era un segno
dell’avvenuto pentimento in vista dell’avvento del regno messianico e
prevedeva un cambiamento di mentalità, «frutti degni del ravvedimento»
(v. 8). Giovanni Battista predicava «un battesimo di ravvedimento
in vista della remissione dei
peccati» (Lc 3,3). Come si vede il battesimo intendeva essere segno di
ravvedimento; poi in greco segue la preposizione eis, che qui ha il senso
di «verso, in vista di», intendendo che la «remissione dei peccati»
sarebbe stata accordata dal Messia al suo ritorno, quando «ogni carne vedrà
la salvezza di Dio» (v. 6) e il Messia terrà il giudizio storico (vv.
7ss.17), quando Egli separerà, come fa un pastore, le pecore dai capri. Per
questo dava norme morali che mostravano un vero ravvedimento e cambiamento
proprio in vista dell’inizio del regno (vv. 10-14) e del giudizio storico
del Messia (vv. 16ss).
Le domande furono le stesse: «E allora, che dobbiamo fare?» (Lc
3,10.12.14; At 2,37), e similmente il messaggio di Pietro a Pentecoste non si
differenziava da quello di Giovanni Battista: «Ravvedetevi, e ciascuno di voi
sia battezzato nel nome di Gesù Cristo,
in vista
della remissione dei vostri peccati, e voi riceverete il dono dello Spirito
Santo» (At 2,38). Infatti, essi aspettavano il ritorno del Messia a breve: «Salvatevi
da questa perversa generazione»
(v. 40).
Nella sua prossima predicazione Pietro ingiunse ai Giudei: «Ravvedetevi
dunque e convertitevi, affinché i vostri peccati siano cancellati» (At
3,19), senza neppure nominare il battesimo in acqua. Anche qui segue subito la
prospettiva escatologica, poiché il ravvedimento e la conversione avevano questa
prospettiva: «affinché vengano dalla presenza del Signore tempi di ristoro e
che Egli vi mandi il Cristo che v’è stato destinato, cioè Gesù. Lui il cielo lo
deve accogliere fino ai tempi della restaurazione di tutte le cose» (vv.
20s).
Non bisogna neppure sopravvalutare in senso sacramentalista le parole di Anania
a Paolo, secondo la sua narrazione: «Ed ora, che indugi? Lèvati, fatti
battezzare, e sii lavato dei tuoi peccati, invocando il suo nome» (At
22,16). Qui i peccati vengono lavati, invocando il nome di Gesù e il
battesimo è solo un atto di ubbidienza, che simboleggia tutto ciò. Nella
narrazione originaria è scritto che Paolo prima fu «ripieno dello Spirito
Santo» (At 9,17) e poi, dopo aver riacquistato la vista, fu battezzato (v.
18). Nella terza versione della narrazione (At 26) Paolo non nominò neppure
Anania e il battesimo.
■ Il battesimo ci riveste di Cristo?: Qui il problema è derivato dal
fatto che le nostre traduzioni invece di tradurre i termini greci
baptízein
«immergere» e baptismós «immersione», ne hanno fatto una semplice
trasposizione in italiano. La conseguenza è che si pensa che ogni qual
volta compaiono tali termini greci, gli autori intendano il battesimo (=
l’immersione) in acqua. In effetti nella stragrande maggioranza dei casi si
tratta di un’immersione nell’acqua soltanto quando è espresso chiaramente;
questo è il caso laddove il contesto è chiaro (1 Cor 1,13-17; 15,29; Eb 6,2). È
ad esempio strano tradurre: «E in funzione di Mosè tutti furono battezzati
nella nuvola e nel mare» (1 Cor 10,2 eis ton Mōüsēs), visto che gli
Israeliti dell’esodo furono «immersi» in tali elementi e non conoscevano il
battesimo in acqua; inoltre, nel contesto il confronto è morale e non esiste un
parallelo con battesimo in acqua.
In molti altri casi si tratta, in effetti, dell’immersione nel Corpo di Cristo
mediante lo Spirito Santo. Di ciò ci parla la dottrine (purtroppo poco
conosciuta) della «simultaneità con Cristo»: quando Cristo morì, lo
Spirito Santo immerse tutti i credenti in Lui; al momento di una genuina
conversione, lo Spirito di Dio immerge Cristo nella vita del credente. Per
questo Paolo poté dire: «Sono stato crocifisso con Cristo, e non sono più io
che vivo, ma è Cristo che vive in me» (Gal 2,20). E inoltre poteva asserire:
«Siccome il corpo è uno e ha molte membra, e tutte le membra del corpo,
benché siano molte, formano un unico corpo, così ancora è di Cristo. Infatti noi
tutti siamo stati immersi
mediante un unico Spirito
dentro un unico corpo, e Giudei e
Greci, e schiavi e liberi; e tutti siamo stati
abbeverati di un unico Spirito»
(1 Cor 12,12s traduzione letterale).
Perciò è un
grande errore applicare brani, che parlano dell’immersione nel Corpo di
Cristo, al battesimo in acqua. Infatti, Galati 3,27 è da tradurre correttamente
così: «Infatti voi tutti che siete stati immersi in Cristo, vi siete
rivestiti di Cristo». Qui Paolo disse la stessa cosa come in 1 Corinzi 12,13
nell’originale greco; la differenza è che in quest’ultimo brano possiamo parlare
di «effetto spugna» e in Galati 3,27 di «effetto rivestimento», come un oggetto
che viene intinto nell’oro e ne viene rivestito. In Galati 3 non ha senso
parlare di battesimo d’acqua, visto che l’argomentazione nel contesto riguarda
la giustificazione per grazia mediante la fede e la rigenerazione mediante lo
Spirito Santo (vv. 2s.5s.9.11.13s). Galati 3,27 spiega 2,20 con altre parole.
In tale categoria rientrano altri brani biblici, i quali parlano di tale
immersione in Cristo e non dell’immersione nell’acqua; quest’ultima è solo una
metafora e un simbolo della prima (oltre che un atto di ubbidienza), poiché
l’acqua battesimale rappresenta la tomba di Gesù. Nei seguenti brani il termine
«[immersione nell’]acqua» non ricorre e intende perciò l’immersione in Cristo
del credente al momento della sua morte e di Cristo in lui mediante la
rigenerazione; infatti nel contesto non si parla di acqua, e il tema è ben
altro.
«O ignorate voi che quanti siamo stati immersi in Cristo Gesù, siamo
stati immersi nella sua morte? Noi siamo dunque stati con lui seppelliti
mediante l’immersione nella sua morte, affinché, come Cristo è risuscitato dai
morti mediante la gloria del Padre, così anche noi camminassimo in novità di
vita. Perché, se siamo divenuti una stessa cosa con lui per una morte
somigliante alla sua, lo saremo anche per una risurrezione simile alla sua,
sapendo questo: che il nostro vecchio uomo è stato crocifisso con lui, affinché
il corpo del peccato fosse annullato, affinché noi non serviamo più al peccato»
(Rm 6,3-6). Come si vede è un’esplicazione di Galati 2,20.
«In lui voi siete anche stati circoncisi d’una circoncisione non fatta dalle
mani, [ma] nello spogliamento del corpo della carne, nella circoncisione di
Cristo, con lui
sepolti nell’immersione, in lui anche risuscitati con lui mediante la
fede nella potenza di Dio, che lo ha risuscitato dai morti» (Col 2,11s). Qui
Paolo disse con altre parole la stessa sostanza: l’immersione spirituale in
Cristo fa diventare una stessa cosa con lui quanto alla morte (due millenni fa),
alla rigenerazione (circoncisione interiore) e addirittura riguardo aspetti
ancora futuri (risurrezione).
■ Il battesimo ci separa dal mondo del peccato?: È alquanto singolare
citare al riguardo un brano così oscuro e controverso come 1 Pietro 3,20-21.
Che il battesimo in acqua non abbia tale forza in sé, è mostrato dal fatto che
le epistole sono piene di raccomandazioni ai credenti ad allontanarsi dal
peccato, dal mondo e dalla carnalità.
In tale passo oscuro è scritto che nell’arca «poche anime, cioè otto, furono
salvate nel mezzo dell’acqua. L’antitipo [corrispondente] salva ora anche
voi: l’immersione — non la rimozione della sozzura della carne ma la supplica a
Dio riguardo a una buona coscienza — mediante la resurrezione di Gesù Cristo».
L’immersione non è qui il battesimo, ma è l'immersione nell’evento
cristologico mediante (la morte e) la risurrezione di Gesù. Come Noè e la
sua famiglia furono salvati nell’arca attraverso l’acqua (tipo), così i credenti
sono salvati in Cristo, essendo immersi nella sua risurrezione
(antitipo). Il ravvedimento, che porta al battesimo in acqua non può da solo
rappresentare «la rimozione della sozzura della carne», ma è tutt’al più
una «supplica a Dio riguardo a una buona coscienza». Senza l’immersione
in Cristo mediante la rigenerazione dello Spirito Santo, il simbolo del
battesimo da solo è inutile; dove c’è la prima, il secondo ne è la corretta
rappresentazione d’ubbidienza: seppelliti con Cristo, si ritorna alla vita
di risurrezione, essendo stati immersi non solo nella sua morte, ma già nella
sua resurrezione. Una cosa è però la realtà, altra cosa sono i simboli e segnali
che la rappresentano.
■ Il battesimo porta alla morte del vecchio uomo e alla nascita del nuovo
uomo?: Al riguardo si cita Romani 6,3-5. Questo brano non parla però
dell’immersione nell’acqua, ma della «simultaneità con Cristo» (Gal 2,20). Se si
crede veramente che l’acqua abbia tale potere, ciò rientrerebbe nella sfera
della superstizione religiosa, quindi del sacramentalismo. Solo la nostra
immersione in Cristo (aspetto oggettivo) e di Cristo in noi (aspetto soggettivo)
può rappresentare la crocifissione del vecchio uomo con Lui (due millenni fa) e
la possibilità di vivere camminando in «novità di vita» (oggigiorno). Ciò è
possibile perché in Cristo noi siamo già arrivati al traguardo (risurrezione),
pur essendo ancora sulla via verso la gloria. Per il resto rimandiamo a quanto
già detto sopra.
Per concludere,
riporto il seguente episodio, avvenuto tempo fa. Un credente di Napoli mi ha
telefonato allarmato e scosso perché gli è stato detto che il battesimo sarebbe
necessario alla salvezza e che andrebbe all'inferno, se non si facesse
battezzare. Ecco le parole che gli ho scritto: Come ti ho detto ieri al
telefono, se l’acqua in sé salvasse o santificasse, dovremmo farci battezzare
spesso, anzi sarebbe meglio diventare dei pesci. Il battesimo è un’ubbidienza
a un esplicito comandamento del Signore. È anche una prova della fede,
per fare sul serio con lui, essendo un atto pubblico; è la dimostrazione
che la nostra fede è genuina e pronta a ubbidire al Signore, quando ce lo
comanda. Il battesimo è in pratica la dimostrazione materiale dell’identificazione
spirituale con Cristo, con la sua morte e con la sua risurrezione; l’acqua
rappresenta la tomba di Cristo, in cui s’entra idealmente con Lui (morte del
vecchio uomo) e da cui s’esce con Lui (vivere in novità di vita). Un credente,
dopo averlo capito, dovrebbe farsi battezzare, non per essere salvato, ma perché
è già salvato e, come tale, vuole ubbidire ai comandamenti del Signore.
► URL:
http://puntoacroce.altervista.org/_Den/A1-Battesimo_Chiesa-di-Cristo_UnV.htm
14-01-2009; Aggiornamento: 09-11-2011
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