Un taglio netto alle convenzioni anti-bibliche e pseudo-bibliche, all'ignoranza e alle speculazioni — Ein klarer Schnitt zu den anti-biblischen und pseudo-biblischen Konventionen, zur Unwissenheit und den Spekulationen — A clean cut to the anti-biblical and pseudo-biblical conventions, to the ignorance and the speculations — Une coupe nette aux conventions anti-bibliques et pseudo-bibliques, à l'ignorance et aux spéculations — Un corte neto a las convenciones anti-bíblicas y pseudo-bíblicas, a la ignorancia y a las especulaciones

La fede che pensa — Accettare la sfida nel nostro tempo

«Glaube gegen den Strom»: Für das biblische Unterscheidungsvermögen — «Faith countercurrent»: For the biblical discernment — «Foi contre-courant»: Pour le discernement biblique — «Fe contracorriente»: Por el discernimiento bíblico

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Il sabato, l’anno sabbatico e il giubileo.

 

Ecco le parti principali:
■ Il patto, l'etica e il pensiero sabbatico
■ Il sabato nell’Antico Testamento, nel giudaismo, nel Nuovo Testamento e relative questioni odierne
■ L’estensione del sabato: l’anno sabbatico e lo jôbel nella Torà e nella storia
■ L’ideale e le funzioni teologiche risultanti
■ Excursus: Storia del giubileo cattolico
■ Le feste principali in Israele.

 

► Vedi al riguardo la recensione.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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E IL PADRONE LODÒ IL FATTORE INFEDELE?

PARLIAMONE

 

 a cura di Nicola Martella

 

Nell'articolo «E il padrone lodò il fattore infedele (Luca 16,1-13)» abbiamo visto come si possa fraintendere questo particolare brano. Lettori attenti e onesti lo hanno definito come ostico, difficile da capire e contorto agli occhi di noi occidentali e specialmente alla morale corrente. Questa e altre «docce fredde» di Gesù scompigliano, in ogni caso, il sentimento comune, specialmente quello di «onesti cittadini» dinanzi alla legge dello Stato. Abbiamo visto come sia necessario distinguere fra «avvedutezza» e «giustizia», come fa Gesù. Resta ferma la sua valutazione di fondo riguardo alle «ingiuste ricchezze».

    Qui i temi concomitanti potrebbero essere diversi, sebbene vogliamo attenerci specialmente al nostro tema di base. Si potrebbe parlare dell'etica del lavoro e dell'etica della finanza. Ad esempio, laddove c'è chi «vince» in borsa (è ironia parlarne come gioco), ci sono altri che «perdono» e magari si rovinano l'esistenza. Chi specula, getta spesso sul lastrico molti piccoli risparmiatori. Alcuni architettano il crack di un'azienda, per trarne il massimo dei profitti, senza darsi scrupolo delle famiglie che rimangono senza lavoro. Il mercato si regge su domanda e offerta e alcuni usano la «congiuntura» come clava per avere i prodotti al prezzo minimo possibile per rivenderli al prezzo massimo possibile.

    Si potrebbe parlare anche di un'etica molto più quotidiana, legata ai nostri consumi. Per fare un esempio, i palloni di uno dei tanti campionati sono spesso prodotti nell'Estremo Oriente  da bambini che sono costretti a lavorare e vivere come schiavi per cucirli, pur di sopravvivere. Così è per molti altri prodotti. Giorni fa, cambiando canale, la giornalista diceva che una donna in Germania compra un buon reggiseno a 40 €, appunto il salario mensile di un'operaia che lo produce in Cina. Si potrebbe parlare anche delle catastrofi ecologiche, che sono attuate altrove nel mondo da multinazionali, per produrre prodotti da vendere in occidente. E così via.

    Ho portato questi esempi non tanto per iniziare qui una discussione sull'etica del lavoro e delle finanze, certamente sensato per una discussione ad hoc, ma per mostrare che ai beni, ai possedimenti, alla ricchezza c'è sempre associata una certa dose di ingiustizia, volenti o nolenti, che si sia coscienti o meno. Il problema maggiore nasce laddove la ricchezza diventa un fine a sé e non rimane solo un mezzo. Quando il virus del materialismo e del consumismo intaccano anche i seguaci di Gesù, allora i rischi per la morale e i pericoli per la fede sono solo dietro l'angolo...

    Non è un caso che nella Torà era ancorata questa ingiunzione: «Se vendete qualcosa al vostro prossimo o se comprate qualcosa dal vostro prossimo, nessuno faccia torto al suo fratello» (Lv 25,14). E anche nel nuovo patto si legge questo avvertimento: «Nessuno faccia prevaricazioni né sfrutti il fratello negli affari, perché il Signore è un vendicatore su tutto ciò» (1 Ts 4,6).

 

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I contributi sul tema

(I contributi rispecchiano le opinioni personali degli autori.

I contributi attivi hanno uno sfondo bianco)

 

1. Guerino De Masi

2. Gianni Siena

3. Pietro Calenzo

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Clicca sul lemma desiderato per raggiungere la rubrica sottostante

 

 

1. {Guerino De Masi}

 

Ho letto le domande di Luca Ciotta e d’Eugenio P. Campo; esse non sono questioni di singoli ma penso che accomunano molti. L’onestà sta nel porsi le domande senza giungere o accontentarsi di frettolose e superficiali risposte. Nicola, per questo, ci è d’esempio oltre che di grande aiuto e ne approfitto per ringraziarlo di tutto il materiale che mette a disposizione, oltre alla possibilità d’interloquire in questo spazio.

     Colgo dunque l’occasione per condividere quanto ho maturato in rapporto a questo testo di Luca 16. L’espressione che più mi ha colpito e che ho memorizzato in questo brano è: «le ricchezze ingiuste» (v. 9).

     Ho pensato al modo più appropriato del come gestire le «ricchezze», il danaro, anche se in sé sono strettamente collegate alla ingiustizia!!! Cioè, una ricchezza accumulata comporta inevitabilmente qualche ingiustizia, ad esempio verso i debitori, i dipendenti, la concorrenza e il fisco, senza dimenticare quanto dobbiamo al Signore e il finanziamento dei suoi servitori.

     In altre parole, i soldi che accumulo sul conto in banca, sono certamente risparmi, ma anche guadagni. E i guadagni si fanno per differenza tra costi e ricavo. Il ricavo è tanto maggiore quanto maggiore è la mia capacità di contenere i costi. Come posso contenere i costi? ▪ 1. Pagando meno i dipendenti? ▪ 2. Non pagando interamente le tasse con una denuncia parziale al fisco? ▪ 3. Facendo una concorrenza sleale e dunque accaparrandomi contratti di lavoro, ottenuti sotto banco o con compromessi più o meno limpidi? ▪ 4. Lavorando in nero? Ovviamente non contemplo ed escludo a priori il furto e l’appropriazione indebita di beni altrui!!! (cosa che faceva il nostro fattore di Luca 16). Tuttavia, se la ricchezza di cui siamo «padroni» non è ereditata (e qui si potrebbe parlare del come comunque ci fu accumulata), vuol dire forse che siamo riusciti ad accantonare il gruzzolo con qualcuno di questi espedienti.

     Certamente ciò può anche essere il risultato d’una capacità di gestire le proprie finanze. A questo proposito ricordo una conversazione avuta con un mio amico di lavoro, dipendente d’una nota banca del nord. Mi parlava d’alcune case che possiede al mare e in montagna. Alle mie domande del come fosse riuscito in tale imprese, visto che io non riesco ad accumulare ricchezza tale da permettermi simili investimenti, lui mi rispose: «È evidente che non sai gestire bene i tuoi soldi!»

     Probabilmente ha ragione lui! Tuttavia, lui non si preoccupa del tesoro da accumulare in cielo, e io cerco invece di piacere al mio Signore. Con tutto questo, Dio mi ha benedetto e mi benedice comunque. Il mio conto in banca non è da milionario (d’euro) e i fidi bancari mi consentono d’onorare sempre i miei impegni di piccolo artigiano. Mi preoccupo che i miei dipendenti non abbiano a lamentarsi della loro paga, sapendo che, se fossero defraudati, il loro grido salirebbe al Signore! (Giacomo 5,4; Levitico 19,13; Malachia 3,5; Giobbe 7,2).

     Malgrado tutto, una certa dose d’ingiustizia rimane comunque in ogni guadagno. Dico questo in rapporto anche agli sconti o alle modalità di pagamento che applico ai miei clienti. Stando sempre attento al fatto che la controparte cercherà comunque sempre di ricavare un maggior guadagno anche nel rapporto commerciale che è in corso con me. C’è sempre un stare attento a quello che riesci a portare a casa, perché quello che molli, a casa se lo porta lui! In questo tipo di trattativa, qualche ingiustizia ci scappa sempre.

     Mi piace il distinguo che sottolinea Nicola: Gesù loda l’avvedutezza e non l’ingiustizia del fattore. La lungimiranza che dovrebbe caratterizzare noi credenti nell’utilizzo della ricchezza e non nel fine della ricchezza a se stante, poiché conosciamo dalla Parola di Dio tutti i suoi nefasti danni. E per questo, mi piace ciò che sottolinea qui Nicola con il v. 10.

     Signore, aiutami a essere buon amministratore dei beni che m’affidi. {07-12-2009}

 

 

2. {Gianni Siena}

 

Gesù lodò la previdenza del fattore disonesto

 

Nella vita reale usiamo spesso espressioni di apprezzamento (sia pure in presenza di carattere e comportamento disonesti) verso determinate persone. Per esempio si dice d’una persona accorta e prudente: «È un autentico figlio di “madre ignota”» e simili espressioni, volendo così sottolineare l’astuzia e l’intelligenza di qualcuno.

     Gesù mostrò ai suoi la necessità d’essere previdenti e svelti nel prepararsi un futuro: Non è possibile rubare a tempo indefinito, l’ammanco viene presto o tardi scoperto. Così il fattore fece in modo d’assicurarsi il cibo facendo «sconti» a danno del suo datore di lavoro. Questo, pur licenziando il disonesto, non mancò di lodarne la lungimiranza.

     Così dovrebbero essere i cristiani: lungimiranti in vista del bene e del regno di Dio, ovviamente. Non c’è infatti tempo da perdere e l’eternità incombe. Al di là d’ogni differenza di cultura, certe pagine del Vangelo si capiscono... e auguro buona applicazione d’esse! {07-12-2009}

 

 

3. {Pietro Calenzo}

 

La parabola o l’iperbole del Signore Gesù dell’amministratore infedele ha come argomento, più che la ricchezza, l’ardire e la prontezza. L’amministratore, in quei tempi, era come un moderno promotore finanziario. Il padrone non è da identificarsi assolutamente con il Signore Gesù, che mai giustificherebbe azioni ingannevoli e mendaci dell’economo in questione. Il padrone nella parabola in argomento non loda la disonestà nel rubare o l’inganno del fattore, ma ammette la previdenza, l’acume, l’abilità, la perseveranza dei figli del mondo; questi ultimi, a volte, sono più solerti dei figli della luce. Infatti capita, talvolta, che i primi ricavino dalle loro relazioni reciproche gran profitto per i loro interessi mondani, ossia più di quanto facciano i figli della luce nella loro fraterna comunione e nelle proprie relazioni interpersonali di credenti; e ciò vale anche nell’annunciare l’Evangelo di Gesù Messia, in tempo e fuor di tempo, approfittando, con acume e prontezza, d’ogni occasione. «...e cioè il cristiano, che è elevato a servire con una pura coscienza, persegua lo scopo più elevato della sua vita, con zelo ed energie consimili, così come espresse e dimostrate da questo economo furfante e infedele« (Robert G. Stewart).

 

 

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► URL: http://puntoacroce.altervista.org/_BB/T1-Fattore_infedele_parla_Sh.htm

07-12-2009; Aggiornamento: 27-03-2010

 

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