Tempo fa ricevetti una lettera circolare di un credente e
amico che, tra altre cose, ci mettevano al corrente di un’esperienza dolorosa
accaduta alla famiglia del figlio. Mentre quest’ultimo era fuori casa per
ministero, dei ladri penetrarono in casa loro e — mentre la moglie e i figli
dormivano (forse i ladri spruzzarono qualcosa per narcotizzarli) — li derubarono
di molti beni e oggetti personali, portandosi via anche le automobili e
addirittura le chiavi di casa. Svegliarsi e trovare tutto a cose fatte sarà
stato un grande choc. A ciò si sarà aggiunta la sensazione che qualcuno aveva
violato il loro spazio personale, che potevano essere alla mercé dei
malintenzionati e che poteva succedere loro di tutto. Forse si saranno chiesti:
Potremo mai avere ancora la sensazione di essere protetti e sicuri a casa
nostra?
Quando scrissi a questo fratello,
per comunicare il nostro dispiacere per gli eventi subiti, egli mi rispose: «In
effetti è stata una brutta botta, finanziariamente e psicologicamente. Ci sono
poi delle circostanze molto particolari circostanti l’evento che preferisco non
tentare neanche di interpretare. È sempre difficile quando bisogna mettere Dio
nelle equazioni di certi fatti della vita. Viviamo comunque fedelmente il
presente anche senza capire il passato».
Quando ci succede qualcosa particolare, la nostra reazione teocentrica è spesso
questa: «Perché, o Dio, questo: proprio a me!?». E qui ogni parola ha già
un valore a sé («Perché?... o Dio!... Questo!... proprio a me!?»), mentre la
loro combinazione rende il tutto ancora più «esplosivo» o, per lo meno,
incomprensibile. Ci sentiamo come dei piccoli «Giobbe» e nutriamo in noi — come
lui — una «insalata russa» di sentimenti contrastanti. Penso che questa vicenda
e le parole di questo fratello possano aiutare altri credenti nella riflessione
e a maturare un rapporto «maturo» verso Dio, senza ricette prefabbricante e
senza ideologie dottrinali. Si tratta, infatti, di relazione che tocca
l’esistenza individuale e un rapporto personale con Dio «nella buona e nella
cattiva sorte».
Come reagiresti in queste circostanze? Come aiuteresti chi sta in tale
situazione?
Che cosa ne pensate? Quali sono al riguardo le vostre
esperienze, idee e opinioni?
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1.
{Argentino Quintavalle}
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La prova avviene quando le cose
non vanno come noi abbiamo pianificato, e allora ci troviamo in difficoltà. Se
Dio mettesse subito a posto queste cose secondo le nostre aspettative, tutto
andrebbe bene, ma se questo non avviene le difficoltà aumentano. Dimentichiamo
che nella prova, è Dio che ci chiama in causa e vediamo solo in termini di
quello che è visibile. Non dobbiamo mai dimenticare che la vita non è una gita
scolastica o un picnic. La gente del mondo pensa che dovrebbe essere così, che
hanno il diritto di avere tempo bello, tante belle cose e di divertirsi, ma
questo è molto lontano dalla posizione cristiana.
Non
siamo qui per avere tempo bello. Dio ci darà ogni cosa, ma a suo tempo. Non
siamo qui per divertirci o per giocare, siamo per combattere una battaglia
contro le forze del male. Siamo stati chiamati per la battaglia, non dobbiamo
mai dimenticarlo. Ecco perché non possiamo pianificare la nostra vita. Possiamo
immaginare la nostra vita come quella di un soldato che attende con impazienza
la fine del servizio militare per iniziare una nuova vita.
Il
libro di Giobbe parla di un tempo quando «tutti i figli di Dio mandavano
gridi di gioia» (38,7), alla creazione del mondo, ma altre Scritture ci
parlano di un tempo quando i figli di Dio saranno rivelati. Paolo lo chiama «la
manifestazione dei figli di Dio» (Rm 8,19), quando tutta la creazione
griderà di una gioia più grande, quando sarà liberata dalla servitù della
corruzione, quando saranno finite le sofferenze, le prove e le tribolazioni di
questa scena attuale. «Infatti la nostra leggera afflizione, che è solo per
un momento, produce per noi uno smisurato, eccellente peso eterno di gloria»
(2 Cor 4,17). «Io ritengo infatti che le sofferenze del tempo presente non
sono affatto da eguagliarsi alla gloria che sarà manifestata in noi» (Rm
8,18).
Gli
uomini vivono senza sapere che la vita non è quella che sembra essere, e quello
che essi pensano sia la realtà e la verità, non è altro che illusione e
delusione. Siamo circondati da filosofie e da idee comunemente accettate ma che
non sono vere. Gli uomini vengono spinti a vivere sulla base di idee false, e
questo può coinvolgere anche i credenti. Ecco perché è così importante
permettere allo Spirito Santo, per mezzo della Parola, di correggere le nostre
opinioni e rinnovare le nostre menti, come fece Giobbe e come disse Paolo in Rm
12,2.
È
significativo che Dio si presenta a Giobbe in una tempesta. Meditiamo sulla
domanda: «Che cosa vede Giobbe nella tempesta»? In mezzo a una tempesta non si
può vedere niente. Precisamente! Quello che Giobbe vede è che ci sono cose che
egli non può vedere.
Dio è
interessato ai piccoli Giobbe; interessato fino al punto di sottoporre la loro
lealtà a delle prove più o meno grandi.
Rabbi
Bunam (Rabbino Hassidico), ha detto che «un uomo dovrebbe portare due pietre
nella sua tasca. Su una dovrebbe esserci scritto, “sono polvere e cenere”;
sull’altra, “per me il mondo è stato creato”. Egli dovrebbe utilizzare ciascuna
pietra a seconda del bisogno». La manifestazione di Dio nella tempesta ha
insegnato a Giobbe di utilizzare la prima pietra, ma il libro di Giobbe ci
insegna come utilizzarle entrambe.
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► URL: http://puntoacroce.altervista.org/_TP/T1-Perche_a_me_Lv.htm
2007; Aggiornamento: 26-07-2008
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