Secondo alcuni, nel
fare missione in una zona nuova o nell’attività evangelistica d’una chiesa
locale, bisognerebbe dapprima cercare gli Ebrei e portare loro l’Evangelo, e
solo poi ai Gentili. Secondo tale logica, bisognerebbe dapprima cercare l’ago
nel pagliaio, per poi passare alla paglia. Come abbiamo visto nell’articolo «Del
Giudeo prima e poi del Greco», tutto ciò si basa su una
singolare interpretazione di tale locuzione.
Che cosa ne pensate? Quali sono al riguardo le vostre
esperienze, idee e opinioni?
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I contributi sul tema
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1. {Andrea Diprose}
▲
■ Contributo:
Priorità agli ebrei, ma anche priorità al fare discepoli di
rappresentanti d’ogni gruppo etnico sulla terra.
Secondo il sottoscritto, bisogna continuare a dare priorità
all’evangelizzazione degli ebrei
(stiamo parlando di «ebrei» o «giudei» da un punto di vista etnico), questo sia
basandosi su d’una lettura semplice di Romani 1,16-17 sia prendendo in
considerazione anche il futuro d’Israele etnico di cui si parla nei capitoli 9 a
11 di Romani, capitoli in cui è palese che ci saranno tante conversioni negli
ultimi tempi di membri dell’Israele etnico. Tutto questo però senza
trascurare il bisogno di
fare discepoli, non proseliti o «convertiti», fra tutte le etnie (panta
ta ethne) della terra (Matteo 28,18-20).
Dobbiamo infatti evitare due errori
piuttosto gravi, due estremismi:
■ L’estremismo buonista che ritiene che gli ebrei, in quanto «popolo di Dio»,
potrebbero essere salvati senza riconoscersi peccatori e bisognosi di Yeshua, il
Messia.
■ L’illusione che tutto il mondo sia stato già raggiunto con il Vangelo
solo perché le etnie maggiori di questo pianeta sono state raggiunte con il
Vangelo. Infatti, Apocalisse 5,9-10 fa riferimento all’Agnello [Gesù] che ha
acquistato gente d’ogni tribù, lingua, popolo e nazione. Vediamo in questi
versetti un chiaro riferimento a ogni gruppo etnico. Non ho motivi per prevedere
che qualche gruppo etnico vada escluso.
Questi ragionamenti
sono anche in linea con vari documenti prodotti di recente da evangelici che
hanno scritto nel periodico, disponibile online, LAUSANNE WORLD PULSE. Si
veda ad esempio lo scritto di Kai Kjaer-Hansen, pubblicato a marzo 2010, e
intitolato «Not Messiah to the Jews, Not Messiah at All: On Jewish Evangelism».
{12-05-2010}
▬
Osservazioni
(Nicola Martella): A rigor di logica, se bisogna dare priorità
a una cosa (l’evangelizzazione degli ebrei), senza trascurare
un’altra priorità (fare discepoli fra tutte le etnie della terra), nessuna delle
due ha priorità. Ad esempio, se per la salute bere è prioritario, ma non devo
trascurare neppure la priorità di mangiare, nella pratica devo mangiare e bere
per stare sano.
Sugli errori di valutazione non si può che concordare. Tuttavia ciò non
risolve il dilemma delle priorità.
Tale articolo consigliato si trova qui: Kai Kjaer-Hansen,
Not Messiah to the Jews, Not Messiah at All: On Jewish Evangelism (Lausanne
World Pulse, marzo 2010). Magari chi conosce sufficientemente la materia e la lingua, può
farne in un contributo un semplice e breve sunto.
2.
{Gianni Siena}
▲
Le considerazioni di Nicola, in risposta a
Wesley Copperwheat, sono pertinenti ed esaurienti. Ho qualche disavventura
nel tentativo di portare il Vangelo agli ebrei e, considerato quanto hanno
subìto dai «cristiani», io non mi avventurerei a evangelizzarli, senza una
motivazione profonda e una spinta rivelatrice dello Spirito Santo. Dio
sospinge coloro, che fanno parte del «resto eletto» in base alla grazia [Rm
11,7], verso i luoghi dove possono trovare ravvedimento. [...] Vi sono esempi
attuali e interessanti di Giudei che si stanno avvicinando al Signore e lo
riconoscono quale Messia; ma chi pensa di porgere loro la grazia, non ignori
quanto male sia stato fatto a Israele nel nome di Cristo: ovviamente Gesù
non centra, ma è importante saper trattare con i Suoi fratelli secondo la carne.
{12-05-2010}
3. {Salvatore Paone}
▲
Mi vengono in mente
due versetti. «E ho altre pecore che non sono di questo ovile» [Gv
10,16]. E Paolo dice in Romani 10,12s: «Poiché non c’è distinzione
fra il Giudeo e il Greco, perché uno stesso è il Signore di tutti, ricco verso
tutti quelli che lo invocano. Infatti: “Chiunque
avrà invocato il nome del Signore sarà salvato”».
Questi versetti, come anche Giovanni 3,16,
esprimono che il messaggio di Dio, cioè il Vangelo della grazia, è per tutti;
non ci sono priorità, l’unica priorità assoluta è quella di portare anime
a Cristo. Infatti, in tutti questi versetti è chiaramente affermato che non
esistono distinzioni, poiché il Cristo è morto per tutti gli uomini.
È inoltre scritto: «Ma a tutti quelli che
l’hanno ricevuto, Egli ha dato il diritto di diventare figli di Dio: a quelli,
cioè che credono nel suo nome» (Gv 1,11s). A quelli che credono nel
suo nome, cioè chiunque, non prima un popolo e poi l’altro; non ci sono
distinzioni né priorità: chiunque s’avvicina alla grazia, riceve il dono della
vita eterna. {14-05-2010}
4. {Nicola Carlisi}
▲
■ Contributo: È giusto
che si sappia che, Israele come comunità nazionale prese ben presto la strada
dell’apostasia. Questo popolo praticamente perse il suo carattere di
popolo di Dio, e divenne «lo ammi», cioè «non mio popolo» (Osea 1,9). Resterà
solo un piccolo rimanente che saranno coloro che daranno inizio alla
predicazione dell’Evangelo subito dopo la Pentecoste.
Di noi Gentili, che eravamo senza Cristo, alieni allo Stato d’Israele, ed
estranei ai patti della promessa (Ef 2,1,12), è detto: «E amerò
“non-amata”;
e a “non-mio-popolo” dirò:
“Popolo mio”, ed egli mi dirà: “Mio
Dio”» (Osea 2,23; Rom 9,25-26).
Il Signor Gesù disse: «Io non sono mandato se non alle pecore perdute
della casa d’Israele» (Mt 15,24). E ciò perché egli stesso era sotto la
legge (Luca 2,22.24.41). Quindi la sua predicazione per prima fu indirizzata al
popolo giudeo (Mt 5,1.12; 24,25).
Secondo l’autore della lettera agli Ebrei la salvezza della chiesa,
incominciò a essere annunziata da Gesù mentre ancora era in terra (Ebrei 2,3).
Dopo la morte e resurrezione di Cristo, noi che eravamo lontani
siamo stati approssimati e di due popoli Dio ne ha fatto uno. Avendo per la
croce uccisa l’inimicizia in se stesso, avendo gli uni e gli altri accesso al
Padre, in uno Spirito (Ef. 2,13.18).
Pietro iniziò la sua predicazione ai suoi connazionale fratelli, dopo circa
sette anni fu costretto da Dio (perché lui ancora non aveva compreso che Dio
accettava i Gentili alla grazia ) ad andare da Cornelio per aprire la porta ai
Gentili. Appresso subentrò
Paolo che fu fatto apostolo dei Gentili, cioè Greci, Italiani, Arabi, in
tutta l’Europa, ecc.
Le parole prima al Giudeo intendono il fatto che s’iniziò da loro, ma in
seguito non si guardava più la nazionalità, ma s’evangelizzava chiunque.
La pace di Gesù sia con tutti voi. {12-05-2010}
▬
Osservazioni
(Nicola Martella): Sebbene questo sia un altro tema, faccio notare che
sia «lo’ `ammî» («non mio popolo»; Os 1,9) che «`ammî» (Os 2,23) si riferiscono
alla stessa realtà etnica, ossia Israele, proprio come mostrato da Romani
9,25s. È inoltre scritto: «Quel che
Israele cerca, non l’ha ottenuto;
mentre il
residuo eletto
l’ha ottenuto; e gli altri sono stati induriti» (Rm 11,7s). Pietro,
scrivendo ai Giudei cristiani (!) quale residuo eletto d'Israele, applicò a loro
proprio i brani di Osea, distinguendoli dalla massa del popolo, che aveva
rifiutato Gesù quale Messia (2 Pt 2,6-10).
Faccio inoltre notare che in Ebrei 2,3 non si parla della chiesa, ma
della «salvezza» in genere. Si veda quanto segue: «Ed ella partorirà un
figlio, e tu gli porrai nome Gesù, perché è lui che
salverà il suo popolo
dai loro peccati» (Mt 1,21); Gesù: «Ravvedetevi, perché il regno dei
cieli è vicino» (Mt 4,17); «…Principe e Salvatore, per dare
ravvedimento a Israele, e remissione dei peccati» (At 5,31).
5. {Pietro Calenzo}
▲
■ Contributo:
Personalmente sono molto grato al fratello Martella, non solo per i
carismi che il Signore gli ha donato, ma anche perché ci comunica, ci aggiorna e
ci partecipa delle novità o degli avvenimenti spirituali, che riconosco
essere in qualche caso sorprendenti, o quanto meno innovativi per la mia
persona. Non avevo mai sentito parlare di questa particolare ideologia
evangelistica che preveda che, sempre e in ogni caso, la Buona Novella debba (o
dovesse) essere annunciata prima agli Ebrei e poi ai Gentili. Forse è un mio
limite per non essermi allontanato molto dalla mia regione di residenza.
Mi chiedo, se in una qualsiasi città, paese, villaggio della terra si seguisse
tale prospettiva del mandato missionario e, non esistendo in un determinato
luogo, Ebrei, si dovrebbe andare alla ricerca degli Ebrei più vicini, e
poi evangelizzare, posponendo i propri concittadini o compaesani, o vicini di
casa!.
Al di là di ciò, è imperativo il grande mandato dell’evangelista Marco,
che ben spiega (come tra l’altro l’apostolo Paolo) le tre fasi della
progressione e della dispensazione dell’economia della grazia, prima al Giudeo,
poi al Samaritano e infine ai pagani. Come è dimostrato nel libro degli
Atti, la grazia del Signore Gesù, procedette nella sua espansione
esattamente in tal senso. Non è un caso che il Messia, apparso sulla via di
Damasco all’apostolo Saulo (poi Paolo), lo abbia investito subito
dell’apostolato a evangelizzare i Gentili. È vero che lo stesso Paolo in una
prima fase delle sue missioni apostoliche si rivolse solo ai Giudei (così
come Pietro, Giacomo e gli altri dodici), ma è pur vero che, ove l’apostolo
incontrava una forte resistenza o opposizione da parte dei Giudei, egli si
rivolse immediatamente ai Gentili; anzi a un certo punto della sua vita
missionaria, si rivolse sostanzialmente solo ai pagani, indifferentemente
dalla loro etnia. Così facendo, non tralasciò ovviamente, qualora ci fossero
stati, d’evangelizzare anche i Giudei che erano presenti in questo o quel luogo.
Come ben argomentato dal fratello Martella, la progressione dell’opera della
grazia, nelle sue tre fasi, oltre che a rispondere a un preciso ordine del
Messia Gesù, era caratterizzata da una sua precisa logica: evangelizzare
innanzi tutto, in terra di missione, le persone che avessero familiarità con la
Parola di Dio o altre peculiarità in comune (come la lingua, non tutti
conoscevano il greco, ma solo l’ebraico o l’idioma natio).In ogni caso, è
pacificamente acclarato che Paolo con le sue varie squadre missionarie, si
rivolse successivamente alla evangelizzazione dei Gentili, con le specifiche
sopracitate.
Rimangono, Scritturalmente parlando tutte le prerogative propedeutiche solamente
del popolo ebraico, ma queste sono legate temporalmente, nella loro gran parte,
ad avvenimenti futuri, non dimenticando mai, che da tale nazione, è nato,
incarnandosi, l’eterno Logos. Un caro abbraccio nel Messia Gesù Vivente.
{13-05-2010}
▬
Osservazioni
(Nicola Martella): Faccio notare che nel discusso finale dell’Evangelo di
Marco si legge soltanto: «E disse loro: “Andate per
tutto il mondo e predicate
l’Evangelo ad ogni creatura”»
(Mc 16,15; Mt 28,19 «ammaestrate tutti i popoli»). Ciò che intende Pietro
(prima al Giudeo, poi al Samaritano e infine ai pagani), di per sé discutibile
quale asserzione attribuita a Gesù, si trova altrove e recita: «…mi sarete
testimoni e in Gerusalemme, e in tutta la Giudea e
Samaria, e fino all’estremità della terra» (At 1,8). È vero che
l’Evangelo si estese nel senso di un prima e un poi, ma ciò fu dovuto
alla contingenza storica e culturale: le convenzioni religiose e culturali
giudaiche degli apostoli impedirono loro di realizzare subito il programma
comandato da Cristo. Infatti, si notino le congiunzioni in Atti 1,8:
facendo l’uno, si doveva fare anche l’altro. Essi si concentrarono sull’uno
(Gerusalemme e Giudea), trascurando del tutto il resto, e dovettero essere
costretti dal Signore ad affrontare l’altro (At 8,1.4s Samaria; 11,19s
Fenicia, Cipro e Antiochia, alcuni ai Giudei soltanto e altri anche ai Greci;
10,1ss Pietro e Cornelio; vv. 45 stupore dei cristiani giudei; 11,1ss Pietro che
dovette giustificarsi! v. 18 i Giudei cristiani presero atto della «novità»). Il
programma di Paolo fu differente (At 26,20).
6. {Manlio Muscarella}
▲
■ Contributo: Il
contesto, in cui sono descritti i quattro Evangeli, è unicamente quello
giudaico del tempo. Infatti il Messia, essendo ancora sotto la legge, adempì
ogni cosa della legge e dei profeti. Si rivolse esclusivamente al suo popolo
con il rigore e l’usanza e l’ubbidienza che imponevano la legge e i profeti.
Solo in due frangenti si trova ad affrontare persone che non fanno parte del
popolo d’Israele, descritti nei seguenti passi. In ambedue i casi l’approccio
del centurione e della donna [di lingua] greca con Gesù è d’estremo rispetto e
comprensione per gli usi i costumi e la fede, che l’Israele di quel tempo, aveva
nel Messia che era stato preannunciato. In effetti, queste due persone
straniere, erano in parte entrate nella comprensione e negli usi del popolo
ebraico. Infatti il centurione, rispettando le usanze giudaiche, dice a
Gesù di non entrare sotto il suo tetto, cioè la casa d’un pagano; e la donna
sirofenicia usa lo stesso umile linguaggio giudaico, chiamandolo «figlio di
Davide». Questo denota la conoscenza del credo giudaico, accetta, con «dici
bene», il fatto che anch’essa non facendo parte del popolo d’Israele,
s’accontentava di raccogliere le briciole del pane che è il Messia
(brani: Mt 8,5; Lc 7,1-24; Mt 15,21; Mc 7,24).
Come le
autorità religiose giudaico sono inciampate nel Messia, così spesse volte
la chiesa è inciampata su Israele. Se si toglie Gesù da Israele e lo si fa solo
cristiano, è molto facile che appaia un altro Gesù, non descritto nella Bibbia.
Grazia e Pace Shalom. {13-05-2010}
▬
Osservazioni
(Nicola Martella): Dice bene questo lettore che il compito di Gesù
fosse rivolto, in quella fase, alle sole «pecore perdute della casa d’Israele»
(Mt 15,24); questo fu altresì il compito dei suoi discepoli in quegli anni di
«tirocinio» (Mt 10,5s), poiché soltanto gli Israeliti potevano capire subito il
seguente messaggio: «Il regno dei cieli è vicino» (v. 7).
Rimane pittoresco che le briciole del pane siano il Messia; in Mt
15,22-28 non c’è traccia di una cosa simile. Nel testo si parla del favore di
Dio riservato ai figli (Giudei) e non agli estranei; ella riconobbe ciò e con
un’illustrazione si appellò alla grazia immeritata, e Gesù ne riconobbe la gran
fede ed agì di conseguenza, guarendo la figlia.
È vero che è
sbagliato togliere Gesù dal suo contesto giudaico, altrimenti diventa il
Gesù dei filosofi cristiani. D’altro canto, il rischio è quello di
imprigionare Gesù nelle convenzioni giudaiche del tempo e di giudaizzare la
sua opera di redenzione, facendo dipendere la salvezza dall’osservanza della
legge; anche qui si predicherebbe un «altro Gesù» (Gal 1,6-9; 2 Cor 11,3s).
Giovanni mise direttamente nel suo prologo la seguente cesura storica e il
seguente segno di distinzione teologica fra antico e nuovo patto: «È
della sua pienezza che noi tutti abbiamo ricevuto, e grazia sopra grazia. Poiché
la legge è stata data per mezzo di Mosè; la grazia e la verità sono venute per
mezzo di Gesù Cristo» (Gv 1,16s). A differenza di Mosè, il Logos di Dio,
essendo in diretta intimità col Padre, è Colui che ne ha fatto la precisa
descrizione (gr. esegesi; v. 18). A inciampare nella storia sono stati
proprio i Giudei (Rm 11,7-11; 2 Pt 2,6ss).
7. {Vari e brevi}
▲
■
Saverio Esposito:
La Grazia difatti è stata manifestata a ogni credente, a ogni bandiera, e Dio ha
sparso il suo sangue e il suo Spirito su tutti quelli che lo accettano!
{13-05-2010}
▬
Osservazioni
(Nicola Martella): Permettetemi una nota fuori tema per rispondere a questo
lettore. Faccio notare che,
sebbene si abbia la convenzione di parlare di sangue sparso sopra
i credenti, di ciò non vi è traccia nella Bibbia. Il sangue veniva sparso sopra
l’altare o ai suoi piedi (Lv 5,9; 8,15; 2 Re 16,13). È scritto che il sangue di
qualcuno viene su qualcun altro, ma è in senso negativo (Mt 23,35). È vero che
nell’AT «il sangue di becchi e di tori e la cenere d’una giovenca
sparsa su quelli, che sono
contaminati, santificano in modo da dare la purità della carne» (Eb 9,13),
ma si ribadisce che «il sangue di Cristo…
purificherà la vostra
coscienza dalle opere morte per servire al Dio vivente»
(v. 14). Quindi nel nuovo patto l’opera è solo interiore. In nessun brano
den NT si parla del fatto che il sangue di Gesù o di Cristo sia messo, in
qualche modo, sopra qualcuno in senso materiale o spirituale. L’unico luogo,
dove il sangue di Cristo è stato portato, è il santuario celeste (Eb 9,12.24).
■ Volto Di Gennaro: Caro
Martella, il lettore pone una domanda seria. Tuttavia, non tiene conto di quello
che è stato lo sviluppo della Chiesa nascente, lo sviluppo teologico e
d’apostolato, insomma lo sviluppo storico. Il Nuovo Testamento (ma anche
l’Antico) occorre leggerlo tenendo presente la
dinamica degli eventi storici. Altrimenti è facile fare errori. Ti saluto
nel Signore. {12-05-2010}
▬
Osservazioni
(Nicola Martella): La premessa è opportuna. Resta una semplice domanda: «E
allora? Da ciò consegue che cosa?».
8. {Anna Barbuzza}
▲
■ Contributo: No, non è
così... Questa è presunzione! La chiesa gentile si è persuasa di non avere
bisogno del supporto della radice, che è quell’ebraica. Come dice la Scrittura,
noi eravamo un ramo d’olivo selvatico che per grazia di Dio, è stato innestato
nella famiglia d’Abrahamo. Nella lettera ai Romani capitolo 11, Paolo insiste
chiaramente sul fatto che Dio non ha rigettato il suo popolo... e che «i doni
e la chiamata di Dio sono senza pentimento». {13-05-2010}
▬
Osservazioni
(Nicola Martella): Chi è che ha detto cose del genere? Hai letto l’intero
articolo? Si tratta solamente dell’interpretazione di tale frase! Alcuni
intendono che prima d’evangelizzare i Gentili, bisognerebbe cercare ed
evangelizzare i Giudei. Si fa meglio a non proiettare cose di là da ciò che è
scritto... E, soprattutto, si fa sempre bene a leggere
l’intero articolo, prima di dare il proprio parere. Così suggerisce il
buon senso e la sapienza.
▬
Replica
(Nicola Martella): Il punto di vista espresso nel mio commento si rivolge
esclusivamente alle parole citate da André Martina, e non all'articolo in
merito... che, naturalmente non ho letto ma che, visto la circostanza, farò tra
breve... {Anna Barbuzza; 13-05-2010}
▬
Osservazioni
(Nicola Martella): Andre Martina ha citato in effetti il contributo di
Nicola Carlisi
(vedi sopra) sulla sua bacheca di Facebook, ma esso è stato tranciato da
quest'ultimo e probabilmente per questo era sparito il nome dell'autore (?).
9. {Guerino De Masi}
▲
Mi sono letto
l’intero scritto, come suggerito, e anche gli interventi qui precedenti. La
risposta è ben presentata da Nicola e di certo non c’è una «dottrina specifica»
per andare prima a cercare gli Ebrei da evangelizzare. Concordo
dunque su quanto è esposto nell’articolo, e ho pensato a un’altro brano che
mette in relazione Giudei e Gentili: «…ma noi predichiamo Cristo crocifisso,
che per i Giudei è scandalo, e per i Gentili, pazzia» (1 Corinzi 1,23).
Mi pare che quest’affermazione di Paolo scaturisca
dai risultati della sua predicazione del Vangelo e dunque della croce, e da come
reagivano Giudei e Gentili.
Anche qui «non c’è riguardo a persone»,
neppure nella loro reazione negativa di fronte a Cristo crocefisso.
No, credo che non dobbiamo preoccuparci d’andare a cercare prima gli Ebrei, ma
lasciamoci guidare verso coloro che sono preparati, lavorati, arati dallo
Spirito Santo e seminiamo la Parola senza remore e discriminazioni. È il Signore
che poi farà crescere! (1 Cor 3,7). {13-05-2010}
10. {Annalisa
Signoriello}
▲
■ Contributo: Rispondo
alla nota di André Martina [in effetti di
Nicola Carlisi, N.d.R.]
con delle parti del libro di Avner Boskey «Israele la chiave del risveglio
mondiale», che ho iniziato a leggere da qualche giorno:
«La maggior parte della Chiesa moderna è distratta e sorda nell’udire quel che
la Bibbia insegna sulla priorità d’Israele, anche se duemila anni fa Paolo fece
del suo meglio nel mettere in guardia i credenti circa il pericolo d’ignorare il
popolo ebraico. I cuore del messaggio vivente dell’apostolo Paolo è proclamato a
suon di tromba nel primo capitolo del Libro dei Romani. “Io
non mi vergogno del vangelo, perché esso è la potenza di Dio per la salvezza di
ognuno che crede: prima del giudeo e poi per il gentile” (Rom 1,16) Il
vangelo è la potente verità di Dio e questo buon messaggio di salvezza è diretto
specialmente verso il popolo ebraico. La parola
proton
(prima) in questo contesto enfatizza il grado: “al primo posto, sopra a tutto,
specialmente”. C’è una speciale connessione tra il popolo ebraico e il vangelo.
Paolo afferma che la priorità d’Israele non è solo un insegnamento Antico
Testamentario; esso risiede proprio nel cuore del vangelo, ed egli lo annuncia
con autorità apostolica» (pag. 66).
«Alcuni dicono che sebbene il vangelo era originalmente “prima al Giudeo” un
tale stato di cose non era inteso per durare. L’ordine delle parole in greco di
Romani 1,16 ci offre un aiuto. Tradotto si legge: “potenza
per / Dio / è / alla salvezza di tutti coloro che credono / al giudeo
specialmente e al greco”.
Il verbo estin
(è) è l’unico verbo in questa frase. Estin modifica due locuzioni, “potenza di
Dio alla salvezza di tutti coloro che credono” e “al Giudeo specialmente (o al
primo posto) e al Greco”. Se qualcuno vuol suggerire che il vangelo
era prima al Giudeo, ma non lo è
più, allora la costruzione greca e la logica lo forzano a concludere che il
vangelo era la potenza di Dio per
la salvezza, ma non lo è più. Viceversa, se il vangelo tuttora È la potenza di
Dio per la salvezza, allora il vangelo tuttora
è al Giudeo prima. Paolo collega la
presente potenza del vangelo alla presente priorità del popolo ebraico» (pag.
67).
Le pagine successive continuano parlando dell’importanza d’essere il
primogenito, e del fatto che Dio chiama il popolo ebraico «primogenito di Dio
fra le nazioni», la Sua priorità tra i popoli. «Questo è quel che dice il
Signore: Israele è il mio primogenito...» (Es 4,22-23).
Per chi volesse continuare a scoprire la relazione tra Dio e Israele può
procurarsi il libro e leggerlo. Shalom a tutti. {13-05-2010}
▬
Osservazioni
(Nicola Martella): In Avner Boskey non è tutto oro ciò che brilla. Egli sa fare
il giocoliere. I giudaisti al tempo di Paolo erano quelli che più danneggiavano
la missione cristiana e le chiese (At 13,45.50; 14,2.4s.19; 17,5.13; 18,12;
20,3.19; 21,31s; 22,30; 23,12.20s.27; 24,5-9; 25,2.7.15.24; Gal 5,11; 2 Cor
11,24.26; Tt 1,10); si vedano anche le epistole ai Galati e ai Colossesi. A
Corinto erano dei Giudei di stampo gnostico ad aver preso il potere nella chiesa
come superapostoli, sfruttandola e portando in essa un falso evangelo (2 Corinzi
11).
Avner Boskey s’aggiusta la verità come gli pare. La stessa costruzione di frase
di Rm 1,16 si trova anche Rm 2,9s e qui il riferimento al Giudeo «prima» e al
Greco «poi» è usato sia in negativo (ira e indignazione, tribolazione e
angoscia) sia in positivo (gloria e onore e pace), per terminare che «dinanzi
a Dio non c’è riguardo a persone» (v. 11).
L’Evangelo vale per
tutti, sia Giudei, sia Greci. Basta accettare Gesù quale Messia. La realtà è che
la maggior parte dei Giudei da due millenni rifiuta di credere che il loro
Messia è arrivato già ed è Gesù di Nazareth. Speriamo che presto in massa «volgeranno
lo sguardo a colui che hanno trafitto» (Gv 19,37; Zc 12,10; Ap 1,7).
11. {Vera Di Nardo}
▲
■ Contributo: Io
non capisco tutto questo blabla, ma sapete io so che Gesù è morto per noi e non
per fare i filosofi. Ma scusate se dico la mia: Gesù è amore, non conflitti, le
guerre facciamole fare agli altri, noi mettiamoci sotto le ali del Signore,
siamo di pari consentimento e la Pentecoste scenderà... Ma come volete che la
gente si converta a Dio, se fate i filosofi? Predicate piuttosto la verità non
tutte queste religioni; Dio non è religione, ma è il Salvatore personale. Pace
con l’amore di Gesù. {14-05-2010}
▬
Osservazioni (Nicola Martella): Io correggo i testi che
m’arrivano, ma correggere questo testo per renderlo leggibile e comprensibile,
non è stato facile. La lettrice usava un linguaggio tipo SMS e conteneva
madornali errori di ortografia, di grammatica e di sintassi; a ciò si aggiunge
il palese pensiero di chi è abituato a una devozione spiritualista senza
una grande conoscenza biblica. Mi chiedo perché lei e altri non riflettano
sufficientemente
prima di scrivere in rete e non correggano i loro testi, in modo da essere
comprensibili e ragionevoli.
Sebbene io mi eserciti a essere longanime verso tutti e dia spazio a tutti nel
confronto, non sopporto
l’ignoranza ammantata di spiritualismo e che s’atteggia a maestra di
dottrina e di sapienza.
Cerco di spiegarle come vanno le cose. Io rispondo alle domande che m’arrivano
da parte di credenti che cercano una risposta; così facendo, ne nasce un
articolo. Poi, metto quest’ultimo a disposizione dei credenti per un confronto
pacato e fraterno al fine della crescita comune. Chiaramente dialogare su cose
del genere premette maturità spirituale
(masticare il cibo sodo; Eb 5,12.14) e onestà intellettuale. I bambini nella
fede chiaramente si sentiranno a disagio, si sentiranno in balia delle
opinioni (Ef 4,14) o diranno solo blablaismi inutili. Inoltre bisogna aver
letto interamente l’articolo di riferimento per poter dire qualcosa in
merito, ammesso che si è in grado di capirlo come credente maturo nella fede e
nella conoscenza (1 Cor 2,6). Purtroppo alcuni sparano a zero, senza aver letto
nulla, mostrando così solo la loro insipienza.
Per questo non posso accettare tale discorso apparentemente spiritualeggiante,
ma che è qualunquista e pieno d’apparente sapienza. Infatti, chi ha messo in
dubbio
che Gesù sia morto per noi o che lui sia il Salvatore personale? Chi ha voluto
fare da «filosofo» (con una sola s), visto che cerchiamo di chiarire la sacra
Scrittura nei suoi aspetti oscuri? Spiegando il testo biblico, confrontandoci su
di esso, non realizziamo il «predicate piuttosto la verità»?
Chi mette in conflitto l’amore con la ricerca della verità, ha dimenticato «l’amore
per la verità» (2 Ts 2,10), la «verità in amore» (Ef 4,15; cfr. 2
Gv 1,3) e che bisogna essere «ammaestrati secondo la verità che è in Gesù»
(Ef 4,21), quindi secondo la Scrittura. A una fede infantile appare tutto
come «filosofismi» e, in effetti, ciò palesa la sua incapacità di capire
qualcosa e di contribuire in merito senza polemica. Chi non ha capacità di
capire e non ha nulla da dire in merito, s’astenga; così evita pure di
fare brutte figure dinanzi al prossimo. «Il cibo sodo è per uomini fatti; per
quelli, cioè, che per via dell’uso hanno i sensi esercitati a discernere il bene
e il male» (Eb 5,14).
Una nota al margine: La Pentecoste è un evento storico unico e
irreperibile, in cui lo Spirito Santo si è manifestato nel mondo come Persona
nella storia. Da allora in poi e a tutt’oggi, Egli è sulla terra attivo nella
chiesa; quindi non ha più bisogno di scendere, poiché dopo la Pentecoste storica
non è mai più risalito (non sentiamo mai di un’ascensione dello Spirito Santo).
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Replica (Vera Di Nardo): Allora scusami, fratello, se ho
detto quelle cose; io non sono esperta come te, ma so che Gesù è dentro di me.
Mi piace quando mi riprendono, si tratta di crescita verso Gesù. Sai, fratello,
siccome ci sono persone che s’alzano la mattina e decidono di fare i pastori;
poi, ci sono persone che criticano quelle pagine che parlano di Dio. Allora in
tutto questo ti chiedo ancora scusa e che DTB; pace. {14-05-2010}
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Osservazioni (Luisa Piana): La Parola di Dio è come il
mare, immensa e profonda: ci si può avvicinare a essa e farsi appena lambire le
caviglie, oppure immergersi sino alle massime profondità. Dipende dagli
interessi, dalle capacità e dalla propria curiosità.
Qui mi
riferisco a quanto espresso dalla sorella Di Nardo, che mi pare non comprenda e
condivida troppo la necessità d’approfondimenti sui temi biblici, in quanto
ritiene sufficiente sapere che il Signore è il suo Salvatore.
{15-05-2010}
12. {Tonino Mele}
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Debbo dire che
neanche a me ha mai convinto questa tesi che fa leva su una certa priorità
«teologica» oltre che «cronologica», secondo cui il Giudeo debba venir
evangelizzato prima, rispetto alle altre nazioni. È evidente nel NT una loro
priorità «cronologica» e, quindi storica, ad essere evangelizzati prima... ma
poi, anche a seguito del loro rifiuto, c’è stato un «rivolgersi ai Gentili».
Se una priorità esiste,
non la metterei sotto il profilo degli ordinamenti scritturali, dove mi pare che
non esistono in merito prove incontrovertibili, ma la porrei sul piano dell’opportunità
storica. Dio può, nella sua sovranità, aprire delle porte per la missione e
far sentire in certi momenti della storia una «preferenza» e una «priorità» per
certi campi di missione. Così è successo con l’unità d’Italia,
allorquando il mutato quadro politico ha spinto molte missioni estere a
concentrarsi proprio sul nostro paese. Così è successo anche per i paesi
dell’Est col crollo del muro di Berlino. E questo potrebbe essere quello che
sta capitando a Israele, dopo che il Signore ha iniziato a raccoglierli
nella loro terra.
Detto questo, gli
argomenti che finora ho sentito, volti a legare questa «priorità» con un
ordinamento scritturale, mi son parsi un po’ deboli. In Romani 1,16s
l’enfasi non cade su chi bisogna evangelizzare prima, ma sulla potenza di Dio,
che è capace di salvare chi crede, a iniziare dal presuntuoso e ribelle Giudeo
(cfr. i cap. 2-3 e 9-11) fino a tutti gli altri. E se vogliamo essere più
precisi, qui non si parla tanto del Giudeo etnico, ma del Giudeo che «crede»
e mi pare questa la vera priorità del brano: la fede in Cristo.
{14-05-2010}
13.
{Manlio Giovanni Muscarella}
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■ Contributo: «Poiché
io non mi vergogno dell’Evangelo; perché esso è potenza di Dio per la salvezza
d’ogni credente; del Giudeo prima e poi del Greco» (Romani 1,16).
«Tribolazione e angoscia sopra ogni anima d’uomo che
fa il male; del Giudeo prima, e poi del Greco; ma gloria e onore e pace a
chiunque opera bene; al Giudeo prima e poi al Greco» (Romani 2,9).
«Poiché non v’è distinzione fra Giudeo e Greco;
perché lo stesso Signore è Signore di tutti, ricco verso tutti quelli che lo
invocano» (Romani 10,12).
«Non c’è qui né Giudeo né Greco; non c’è né schiavo
né libero; non c’è né maschio né femmina; poiché voi tutti siete uno in Cristo
Gesù» (Galati 3,28).
«Qui non c’è Greco e Giudeo, circoncisione e
incirconcisione, barbaro, Scita, schiavo, libero, ma Cristo è in ogni cosa e in
tutti» (Colossesi 3,11).
Alla luce di questi versetti siamo chiamati come testimoni di Dio a
evangelizzare tutti i popoli, anche gli odierni Ebrei, secondo i doni che lo
Spirito di Dio ha attribuito nella chiesa. In questo modo possiamo riportare «la
buona notizia», nella quale, alcuni di noi Gentili, ricevemmo salvezza, grazia e
pace per circa 2000 anni. La portiamo di nuovo allo stesso popolo che ce l’ha
trasmessa all’inizio della dispensazione della grazia, popolo che ha lasciato
subito dopo il primo amore. «Ma ho questo contro di te: che hai lasciato il
tuo primo amore» (il Messia; Apocalisse 2,4). Così comprendo l’ordine
scritturale «prima al giudeo poi al greco», visto che Israele come nuova
nazione è stata ristabilita dal nostro Padre Celeste, da 62 anni nell’antica
stessa terra. Grazia e pace. {16-05-2010}
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Osservazioni (Nicola Martella): Salta all’occhio l’uso
fuori contesto di Apocalisse 2,4, ma faccio notare che qui Gesù parlava al
conduttore della chiesa di Efeso, che era Gentile, e non al popolo giudaico;
probabilmente il lettore voleva solo creare un’associazione di pensiero in senso
lato. A parte questo, il resto sintetizza bene quanto detto nell’articolo di
riferimento.
14.
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15. {}
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16. {}
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► URL:
http://puntoacroce.altervista.org/_TP/T1-Giudeo-prima_poi-Greco_R34.htm
13-05-2010; Aggiornamento: 16-05-2010
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