Qui di seguito discutiamo l’articolo «Essere
e dare testimonianza». Nella testimonianza cristiana ci vuole
coerenza fra parole e fatti, fra annuncio e stile di vita, fra fede e
opere, fra dottrina ed etica, e così via. Un altro elemento è la costanza
nella fede (Evangelo), nell’amore (azione) e nella speranza (attesa e
prospettive della fine). Inoltre, connessa a questi due elementi, c’è la
questione della credibilità: gli altri non vedono Dio, ma vedono te; essi
leggeranno dalla tua condotta quanto tu sia credibile nel messaggio, che
proponi!
Per questi motivi, essere testimonianza e dare testimonianza sono due parti
della stessa medaglia. Chi predica bene e razzola male, svigorisce il
messaggio che annuncia. Chi non diventa un esempio, un modello, un segno e un
presagio con le sue parole e le sue opere, difficilmente sarà un monito per
la coscienza altrui. Se tu non riconduci tutte le questioni e problematiche
della tua propria vita a Cristo, difficilmente avrai qualcosa da comunicare agli
altri.
Infine, c’è la questione della passione per la «Buona Novella» e dello
zelo
nell’annunciarlo. Se non si brucia personalmente per Cristo, è difficile che
altri vengano incendiati. Chi semina con mano debole e incostante, avrà poco da
raccogliere.
Che cosa ne pensate? Quali sono al riguardo le vostre esperienze, idee e
opinioni?
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I contributi sul tema
▲
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1. {Paola
Sartori}
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Un’ottima
testimonianza per chi ci conosce è come viviamo la nostra vita; sempre
che questa sia coerente con la Parola. Invece negli incontri occasionali
è opportuno poter intervenire con esempi scritti nella Parola e mostrare come
Dio è intervenuto nella mia vita, cambiandola e trasformandomi. A me piace
molto parlare di Lui, di quanto meraviglioso Egli è, come se fosse una
persona molto speciale in carne e ossa, ma esaltando la sua spiritualità.
{30-04-2011}
2. {Luisa
Lauretta}
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Ho letto con
interesse il tuo articolo Nicola, è sempre molto interessante. Molti cristiani,
fra cui la sottoscritta, si sono lanciati con entusiasmo nell’impresa di
«convertire» i propri parenti, provocando quasi sempre delle reazioni
negative. Da questa esperienza ho imparato a parlare o a tacere, secondo
la necessità. Sono convinta che la più grande responsabilità di coloro, che
hanno appreso e continuano ad apprendere la verità, è quella di dare il buon
esempio di vita: «Così risplenda la vostra luce nel cospetto degli
uomini, affinché vedano le vostre buone opere e glorifichino il Padre vostro che
è nei cieli» (Matteo 5,16). Ancora Pietro esortò tutti i cristiani a tenere
un buon comportamento, come possiamo leggere in 1 Pietro 2,12: «Avendo
una buona condotta fra i Gentili, affinché laddove sparlano di voi come
malfattori, essi per le vostre buone opere, che avranno osservate, glorifichino
Dio nel giorno che egli li visiterà».
Sono più che convinta che, quando Dio comincia a operare nella vita delle
persone, queste stesse saranno un esempio vivente della gioia, che il
Signore ha messo nel loro cuore. Non ritengo che far mostra della propria
preparazione biblica abbia un effetto quasi sempre positivo, ma una vita ripiena
di ardore, amore e gioia e affrontata senza ansia e frustrazioni, potrà
senz’altro incuriosire di più. Chi si potrebbe lamentare di una moglie
amorevole, di un vicino di casa simpatico e di un marito premuroso in famiglia?
Il frutto dello Spirito, che dovrebbe abbondare in ogni credente, farà
sicuramente «colpo» nei non credenti. E come dico sempre io: «I fatti
contano più delle parole». {01-05-2011}
3. {Marina
Mancinelli}
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Credo che l’unico
modo per dire ai nostri amici che siamo cristiani, sia «essere cristiani»
nel vero senso della parola. Il nostro modo di vivere, il nostro modo di
vestire, come ci poniamo con gli altri, essere testimoni di Cristo, cioè
vivere Cristo ogni giorno sia il modo migliore. Non dobbiamo chiuderci o
smettere di frequentare i nostri amici, solo perché non sono «credenti
come noi»; possiamo, secondo me, anche uscire con loro, l’importante è non fare
le stesse cose, che possono fare loro, ovvero bere alcolici in modo esagerato,
dire parolacce, ecc., ecc. Lo scopo dev’essere quello di far notare che in Gesù
Cristo siamo diversi in modo sano. Insomma in poche parole, non serve
dire di essere cristiani, se il nostro comportamento dice il contrario.
{02-05-2011}
4. {Nicola
Carlisi}
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Una vera e sana
testimonianza per gli amici, che ci conoscono, è manifestare il nostro
cambiamento di vita; ciò non deve avvenire non con le sole parole, che quasi
spesso non accettano, ma con la verità che pratichiamo nella nuova vita, con
l’essere imparziali, col non disprezzare alcuno, con un parlare sano... con
l’amare ogni creatura. Con il dimostrare che la priorità viene data alla
volontà di Dio, onorandolo in tutta la nostra condotta. Allora succederà che
qualcuno crederà veramente in Gesù come suo Salvatore; il resto degli
amici pian piano si allontanerà da noi. Perdiamo pure gli amici, restando
fermi in Gesù il Signore della nostra vita. {02-05-2011}
5. {Anna Fusco}
▲
■ Contributo:
Giustissimo, è attraverso noi, con il nostro atteggiamento, modi di
pensare e di agire in modo corretto e giusto nei confronti di Dio, gli altri
possono cambiare; è attraverso le nostre testimonianze veritiere che gli
altri possono credere
che Gesù è vivo sul serio e si trova al nostro
fianco in ogni istante. Se noi non siamo coerenti, se diciamo a tutto il mondo
di essere cambiati e di aver accettato Gesù nella nostra vita e confermiamo di
essere dei buoni cristiani e, poi, ci mostriamo contrari a tutto quello,
che abbiamo affermato in precedenza, gli altri non potranno mai e poi mai
credere alla grandezza divina. In alcuni momenti, ci sembra difficile dimostrare
al mondo di aver assaporato la gioia di Cristo, soprattutto nei momenti di
sconforto, ma sta proprio lì l’intoppo. È proprio in quei momenti che
bisogna dimostrare il incontrario, che nonostante i momenti buoni (e ce ne sono
tantissimi), bisogna portare sempre un dolce sorriso sul nostro viso, i
nostri occhi non devono mai essere spenti, ma liberi e lucenti,
nonostante tutto. Solo cosi il mondo potrà crederci, è un nostro dovere essere
di testimonianza. Pace fratello caro, un abbraccio nell’amore di Gesù.
{13-05-2011}
▬
Risposta (Nicola Martella): È fuor di
dubbio che il modo come ci percepisce il mondo, contribuirà ad avvicinare le
persone a Cristo o ad allontanarle da lui, quindi abbiamo una gran
responsabilità nel nostro comportamento. Non è la nostra condotta però a
poter cambiare veramente le persone, ma è tutt’al più un monito e un richiamo
costanti. Non basta neppure dire
a tutto il mondo di essere cambiati, perché ciò
abbia un effetto di per sé; la gente ci scruta abbastanza per cercare le «crepe»
nella nostra personalità. Se i nostri atti incongruenti gridano più forte delle
nostre parole giuste, le persone percepiranno specialmente i primi. La gente,
più che ascoltare le nostre parole e prestare attenzione al nostro sorriso
(esso è sempre positivo unitamente alla vividezza degli occhi), guarda alla
nostra coerenza nei momenti buoni e meno buoni della nostra vita. Per
questo Paolo pronunciò le seguenti parole, di cui evidenzio solo alcuni concetti
adatti al nostro tema: «Noi non diamo motivo di scandalo in cosa
alcuna, affinché il ministero non sia oltraggiato; ma in ogni cosa ci
raccomandiamo come ministri di Dio per una grande costanza, per
afflizioni, necessità, angustie, battiture, prigionie, sommosse, fatiche,
veglie, digiuni, per purità, conoscenza, longanimità, benignità, per lo
Spirito Santo, per carità non finta; per la parola di verità, per
la potenza di Dio; per le armi di giustizia a destra e a sinistra, in mezzo
alla gloria e all’ignominia, in mezzo alla buona ed alla cattiva riputazione;
tenuti per seduttori, eppure veraci; sconosciuti, eppure ben conosciuti;
moribondi, eppure eccoci viventi; castigati, eppure non messi a morte;
contristati, eppure sempre allegri; poveri, eppure arricchenti molti; non
avendo nulla, eppur possedenti ogni cosa!» (2 Cor 6,3-10).
6. {Ursula
Illiano}
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In un epoca come
questa, dove le persone sono piene d’informazioni e tutti si alzano a dire la
propria, è indispensabile predicare la potenza del Vangelo con la propria
vita. Se il Vangelo, che predico, non è sufficiente per trasformare la mia
vita e farmi vivere ciò, che annuncio, a chi può interessare? Il mondo
offre di meglio! Inoltre io stessa sono trovata bugiarda. Ma ritengo che il
danno maggiore lo facciamo alla testimonianza del grande Dio, in cui diciamo di
credere, dando occasione agli increduli di deridere chi rappresentiamo.
Forse si riesce a dare testimonianza, ma essere una testimonianza vivente
richiede che ciò, che annunciamo, lo abbiamo sperimentato per primi.
{13-05-2011}
7. {Pietro
Calenzo}
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La celeste
vocazione, alla quale siamo stati chiamati, deve testimoniare al mondo tale
grazia concessaci dal Signore, in fedeltà alla Parola, con un proporci al mondo
come ambasciatori e inculcando la sana dottrina di Cristo con amore e verità.
{14-05-2011}
8. {Salvatore
Paone}
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Vero, benché molto
difficile siamo consapevoli che la vera testimonianza siamo noi
individualmente. I nostri gesti, il nostro parlare, il nostro esempio verso la
legge, il tutto dipende da noi stessi. Siamo chiamati a essere luce;
e se questa luce diventa fiacca, a chi risplenderà? Se il nostro vivere non è
radicato nei comandamenti del Signore, quale frutto porteremo? Potremmo
distribuire tutti i coupon e depliant, che parlano dell’Evangelo, ma se
non razzoliamo bene, la nostra «predicazione» diventa solo fumo.
{14-05-2011}
9. {}
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10. {}
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11. {}
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12. {Vari
e brevi}
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■ Paul West, ps.:
È meglio essere cristiani senza dirlo, che proclamarlo senza esserlo. {30-04-2011}
▬ Osservazioni (Nicola Martella): Meglio ancora è essere cristiani e proclamare la Buona
Novella con parole e opere!
■ Michela De Rose: Tu hai scritto: «Se non si brucia personalmente
per Cristo, è difficile che altri vengano incendiati». Sono senza parole, è una verità
indiscutibile. Grazie, Nicola. {13-05-2011}
► URL: http://puntoacroce.altervista.org/_TP/T1-Essere_dare_testimonia_Mds.htm
13-05-2011; Aggiornamento: 09-12-2012 |