Qui di seguito
discutiamo l’articolo «Quanti
«doni» riceve ogni credente?». Secondo la tesi di alcuni
credenti, ognuno riceverebbe un solo «dono» di numero e dovrebbe, quindi,
esplicare una sola funzione ministeriale. Spesso si proietta il termine
italiano «dono» nei brani, in cui non c’è, e si trascurano i significati
propri dei termini e delle locuzioni presenti nel testo greco. C’è altresì anche
una certa confusione fra talenti naturali, capacità acquisite e carismi
quali «azioni (o manifestazioni) di grazia». Il problema nasce laddove sono i
conduttori di chiesa a nutrire tale convinzione e, nella pratica ecclesiale,
se ne servono per limitare le attività e i ministeri dei membri della loro
chiesa. È inutile dire che ciò crea solo tensioni nella comunità; a ciò
si aggiungano frustrazione e amarezza da parte di chi vede nella propria
vita varie «azioni della grazia» (carismi) e si sente chiamato a vari ministeri.
Alcuni membri capaci, non trovando spazio nella propria comunità, ma
spesso solo fuori di essa, non trovando purtroppo disponibilità da parte dei
conduttori di approfondire le questioni e non riuscendo a frenare la chiamata da
parte del Signore, dopo anni di profondi conflitti interiori, decidono di
cambiare chiesa locale, per trovare la «famiglia spirituale», in cui possono
servire con passione, gioia ed efficacia nelle funzioni ministeriali, per le
quali si sentono chiamati dal Signore e con le quali hanno potuto già servire
Dio efficacemente fuori del loro contesto ecclesiale.
In questo luogo non vogliamo parlare di doni, ministeri e funzioni ministeriali
in se stessi né stabilire quanti e quali siano, ma solo della questione del
sedicente «dono unico» per credente. Perciò, non vogliamo trattare tutti
i brani del NT, ma soltanto quelli, che vengono citati
nell’argomentazione per avvalorare la tesi «un solo dono per un solo credente».
Che cosa ne pensate? Quali sono al riguardo le vostre esperienze, idee e
opinioni?
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1. {Ignazio
Mangiaracina}
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Contributo:
Al credente non viene dato
nessun dono, se non quello della vita eterna. {02-11-2013}
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Antonio Boanelli:
Tutti! {02-11-2013}
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Nicola Martella:
Dove leggete una cosa del genere? Non avete letto, vero, l’intero articolo sul
sito? Fatelo e poi intervenite nel merito e in modo probante.
Faccio notare che, se lo Spirito distribuisce le sue «manifestazioni» come
vuole, significa che tutti le ricevono, ma non tutti le stesse!
Altrimenti lo Spirito non le distribuirebbe e tutti esplicherebbero le stesse
funzioni ministeriali.
Faccio, inoltre, notare che la «vita eterna» nel NT non è propriamente un
«dono», ma un
chárisma
«azione di grazia, grazia», così anche in Romani 6,23, che è l’unico brano in
cui compaiono insieme.
■
Antonio Boanelli: I doni
sono per la chiesa, ma vengono dati al credente. Leggi la Bibbia e
vedi come Pietro e Paolo, gli apostoli del Signore, avevano più di un dono
alla volta. Ho ascoltato una predica, che parlava dell’apostolo Paolo, e
attraverso la Bibbia c’è stato fatto notare che lui aveva tutti e nove doni. Con
tanti versi biblici non puoi andare contro la Parola. {02-11-2013}
▬
Nicola Martella:
Non è mai affermato nel NT che Dio abbia dato i suoi carismi quali «azioni della
grazia»
all’assemblea
(ekklēsía), ma che ha «costituito
nell’assemblea» funzioni ministeriali specifiche, che vengono elencate
(1 Cor 12,28ss), affinché chi ne riceve la chiamata e i carismi corrispondenti,
le svolga.
Tali carismi, che Paolo chiamò anche pneúmata «spiritualità, ossia azioni
o manifestazioni di Spirito», che bisogna desiderare e
cercarne in abbondanza «per
l’edificazione dell’assemblea» (1 Cor 14,12). Se fossero dati alla
chiesa, che li distribuisce come vuole, perché il singolo dovrebbe desiderarli e
cercarli in abbondanza? Come si vede, tale tesi rispecchia una convenzione poco
credibile.
A ciò si aggiunga che, se i carismi fossero dati alla chiesa, Paolo non direbbe
a Timoteo: «Non trascurare il carisma, che è in te» (1 Tm 4,14; 2
Tm 1,6 «ravvivare il
carisma
di Dio, che è in te»).
2. {Rita Fabi}
▲
Anch’io ho notato
che c’è un po’ di confusione in giro sul tema che hai trattato e spiegato
molto bene. Forse in parole povere bisognerebbe far comprendere la differenza
tra dono e talento, in modo che uno comprenda bene che, ad esempio, i
talenti vengono dati a tutti gli uomini conformemente alla volontà di Dio, in
quanto ci possono essere uomini dotati di talenti particolari, mentre alcuni a
primo avviso non sembrano dotati di alcun talento o di pochissimo. A tale scopo
mi permetto rimandare a un sermone di Spurgeon («I
due talenti»), che ho tradotto ultimamente, in cui si comprende bene cosa
siano i talenti. Che poi questi ultimi prendano il nome di dono, quando
vengono assegnati per grazia a una persona nata di nuovo, deve anche essere
chiaro, poiché i doni sono tutti assegnati per mezzo dello Spirito; altrimenti
si potrebbe credere che dono e talento siano la stessa cosa. Abbiamo tutti dei
talenti naturali, che nascono cioè con noi, di cui possiamo disporre
tutta la vita e sono per noi (anche se ognuno dovrebbe disporne per dare agli
altri e non per se stesso). Parlo di predisposizioni innate a fare certe
cose, che possono essere di utilità per gli altri. Ma i doni, che vengono
dallo Spirito, devono essere primo per dare gloria a Dio e secondo per la
chiesa.
Poi abbiamo i «carismi», che possono esserci e possono non esserci e
hanno ben altra valenza. Il significato di «carisma» deriva da una radice greca
che vuol dire «grazia». Nel linguaggio religioso, è la grazia come dono elargito
da Dio, come bene hai spiegato te caro Nicola.
Faccio un esempio: uno può essere naturalmente bravo a parlare (talento
se è un uomo normale, o dono se è nato di nuovo). Ha la lingua sciolta ed è in
grado di dire tantissime cose in tanti modi. I presentatori, gli attori, i
politici e gli insegnanti, generalmente hanno questa parlantina.
Vi sono anche molti predicatori in grado di dire tante cose, hanno il
dono del saper parlare, ma pochi hanno veramente il «carisma del
predicatore». L’avere una predisposizione non basta a renderla speciale,
se questa non è accompagnata, come hai detto tu, da un «azione di grazia». Uno
può, infatti, dire cose meravigliose, ma avere la platea piena di gente, che
sbadiglia, perché questa non viene minimante toccata. Diciamo, come hai detto
tu, che questa «azione di grazia» serve per esplicare un servizio o una
funzione ministeriale di primo piano nel piano di Dio.
Quando un predicatore ha in sé l’azione di grazia o carisma, allora l’argomento
della predica diventa solo l’occasione, perché è lo Spirito di Dio, che
agisce attraverso di lui e compunge in modo diretto i cuori di chi ascolta. E
questo forse è il motivo perché ci sono predicatori, che lasciano completamente
inerti i cuori, mentre ve ne sono altri che ogni volta, che predicano, lasciano
dentro un segno efficace.
«Per la
grazia, che m’è stata data, io dico quindi a ciascuno fra voi che non abbia
di sé un concetto più alto di quel che deve avere, ma abbia di sé un concetto
sobrio, secondo al misura della fede, che Dio ha assegnata a ciascuno.
Poiché, siccome in un solo corpo abbiamo molte membra e tutte le membra
non hanno un medesimo ufficio, così noi, che siamo molti, siamo un solo
corpo in Cristo, e, individualmente, siamo membra l’uno dell’altro. E siccome
abbiamo dei doni differenti secondo la grazia che ci è stata data, se
abbiamo dono di profezia, profetizziamo secondo la proporzione della nostra
fede; se di ministero, attendiamo al ministero; se d’insegnamento,
all’insegnare; se di esortazione, all’esortare; chi dà, dia con semplicità; chi
presiede, lo faccia con diligenza; chi fa opere pietose, le faccia con
allegrezza» (Romani 12,3-8).
Penso che Paolo quando dice «per la grazia, che mi è stata data», parli
proprio del carisma ricevuto, mentre quando parla dei doni si riferisca a
quelli, che ogni credente riceve al momento della nuova nascita, e che attendono
al compito, che ognuno ha nella chiesa.
Non so se è esattamente così, ma questo è ciò che ho compreso io. Se sbaglio, ti
sarei grata di dirmi dove. {02-11-2013}
3. {Nicola
Martella}
▲
Sul piano
linguistico ed esegetico, ognuno parla secondo la competenza, che possiede.
Mentre la differenza tra «talento» e «dono» è lampante, quella fra
«carisma» e «dono» non tanto, poiché si parte dalle traduzioni nostrane,
che mettono «dono» anche laddove in greco c’è altro o non c’è per nulla!
L’inizio di
Romani 12,6 recita così: «Avendo “azioni di
grazia” differenti [chárismata diáfora] in conformità della grazia [katà tḕn
chárin] elargitaci…»; l’ulteriore termine
«dono» non ricorre in greco, ma si legge direttamente: «…se di
proclamazione, proclamiamo secondo al misura della fede». Anche qui
chárisma (al pl.) è la grazia concreta nel credente, mentre cháris è
la grazia generale. La funzione ministeriale, che si svolge è efflusso
della grazia concreta (chárisma) nel singolo credente, che si manifesta
diversamente, a seconda della vocazione, delle facoltà ricevute e del ministero
svolto.
Esistono talenti naturali
particolari (mente matematica, udito assoluto, capacità linguistiche, ecc.) e
abilità acquisite (specializzazioni tecniche, retorica, ecc.). Saulo da
Tarso, ad esempio, aveva sia talenti naturali (p.es. particolari capacità
linguistiche, che gli permisero d’imparare molte lingue, cosa che gli fu utile
durante le sue missioni), sia abilità acquisite (era un teologo,
conoscitore degli Scritti sacri; retorica). Saulo, quando era nel giudaismo,
usava ambedue per i suoi scopi ideologici. Dopo essersi convertito, talenti
naturali e abilità acquisite furono molto utili per l’avanzamento del regno di
Dio. Ambedue da sole, però, non avrebbero sortito effetti positivi, se non
fossero stati sorretti dalla chiamata di Dio e dalla «grazia in azione» (chárisma),
che gli fu personalmente elargita.
4. {Pietro
Calenzo}
▲
■
Contributo:
Grazie dello studio, Nicola. Purtroppo il tema dei doni pneumatici è uno dei
temi più dibattuti e spesso insoluti, che si possano intraprendere. Nel mondo
pentecostale classico o mainline, la linea dei nove doni sembra ben
definita e cristallizzata su tale numero, così come espresso dalla Scrittura in
1 Cor 12,1-11. In relazione alle altre liste di doni spirituali che pur esistono
nel mondo pentecostale o carismatico, vi è un silenzio a volte imbarazzante. A
mio modo di vedere, le liste dei carismi sono sei, comprendendo in esse anche 1
Cor 7,7, dove senza dubbio Paolo apostolo parla della castità, che egli adduce a
se stesso. Pertanto, andando oltre la troppa inflazionata lista di 1 Cor
12,1-11, citerei anche 1 Pt 4,11; Rom 12,6-8; Ef 4,11; 1 Cor 12,27-28; 1
Cor 12,28-30; ai quali aggiungerei senz’altro, come premesso, 1Cor 7,7; che ne è
unitamente a 1 Cor 12,11 anche una eccellente chiave di lettura.
Sulla problematica, su esposta, equazione un credente = un dono, suppongo
che sia insostenibile da un punto di vista Scritturale, i già menzionati
Paolo e Timoteo, oltre ad esempio Barnaba, Giacomo (fratello del Signore), Tito,
assommavano numerosi doni spirituali nelle proprie persone.
Evidentemente, la affermazione di questa chiesa apostolica non è delle più
felici, anche perché, carissimo Nicola, non rispondenti a una attenta esegesi
quale quella da te espressa. Sono anni e anni che effettivamente mi chiedo come
il dono di assistenza o di servizio (diakonia) siano, nel
concreto, tra i meno nominati. Grazie della ricca esegesi. {02-11-2013}
▬
Nicola Martella:
Qui più che il numero effettivo dei cosiddetti «doni» ci interessa approfondire
la singolare tesi «ogni credente ha un solo dono». Come è stato fatto notare
numerosi personaggi del NT mostravano di possedere
ed esercitare numerosi carismi e manifestazioni
dello Spirito.
5. {Antonio
Capasso}
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Contributo:
Nell’articolo non viene preso il considerazione il testo di Efesini 4,11.
Vi è secondo te una diversità tra questi doni descritti in questo brano da
quelli descritti in Rom 12 e 1 Cor 12? Personalmente io credo che i doni
descritti in Ef 4,11, di cui viene detto che sono dati da Cristo, costituisce
chi li riceve, un ministro della chiesa, quindi chi li riceve li riceve in modo
permanente. Viceversa i doni descritti in 1 Cor 12 essendo letteralmente
«manifestazioni dello Spirito», «atti dello Spirito«, non sono un possesso del
credente (mi riesce difficile pensare che un singolo soggetto possa possedere un
atto dello Spirito), ma un possesso del deposito spirituale della chiesa.
Il credente, che viene usato in una di queste manifestazioni, non diventa
possessore del dono o della «manifestazione dello Spirito», ma uno strumento
dell’opera dello Spirito per quel momento. Quando Paolo parlando ai Corinzi
(cap. 14) dice che «tutti possiate profetizzare» non voleva certo dire
che tutti erano profeti? O sbaglio? Quindi c’è un diversità tra il dono
profetico di Ef 4,11 e quello di 1 Cor 12 e 14? Efesini 4,11 parla di un
dono dato permanentemente al credente e che gli permette di svolgere
costantemente tale funzione nella chiesa, mentre quello di 1 Co12 e 14 sono una
«manifestazione dello Spirito», che può essere dato ed esercitato da qualsiasi
credente (quindi anche dalle donne), che non li rende però per questo ministri
riconosciuti nella chiesa. Parlo di questo dono come esempio; il discorso può
valere anche per gli altri doni, tipo il dottore di Ef 4 e parola di conoscenza
o di sapienza di 1 Cor 12. Spero di non essere uscito fuori tema. {04-11-2013}
▬
Nicola Martella:
L’articolo non vuole esaminare tutti i brani del NT sulle «manifestazioni dello
Spirito», ma analizza solo i brani usati da tale credente e verifica la sua
tesi, secondo cui ogni credente riceva un solo «dono» dello Spirito.
Così facendo, confuto tali tesi e mostro che ogni «funzione ministeriale» di
primo piano possa richiedere l’esercizio di differenti carismi o «azioni
della grazia».
Le tue osservazioni
sono interessanti e possono essere oggetto di un dibattito a parte, ma non
c’entrano in questo luogo. Rileggi l’articolo e intervieni nel merito.
■
Antonio Capasso: Le mie
osservazioni, anche se non precisamente attinenti al tema, sono comunque
pertinenti. Per ciò che riguarda Ef 4,11, tu hai già dimostrato ampiamente che
un credente può riceverne
anche più di uno. L’esempio di Paolo è lampante. Egli era prima di
tutto un apostolo, ma anche un profeta e un dottore. Quindi, si possono ricevere
più di uno di questi doni. Per ciò che riguarda 1 Cor 12, se la mia tesi è
esatta, un credente può essere usato dallo Spirito anche in più di un dono
o «manifestazioni dello Spirito» senza per questo essere possessore del dono,
visto che il dono, è dono dato alla chiesa, ma non al singolo soggetto.
{04-11-2013}
▬
Nicola Martella:
Per quanto concerne, se i cosiddetti «doni» siano dati alla chiesa o ai
singoli credenti, si veda sopra nel primo contributo.
6. {Carmela
Magliano}
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■
Contributoo: Un compito
predomina sugli altri, poiché la stessa persona impersona quel dono adatto a
realizzarlo. Gli altri doni sono suggeriti, se solo si coltivano. {02-11-2013}
▬
Nicola Martella: Eppure Paolo poteva
evangelizzare, fare l’opera di missionario, piantando chiese, proclamare la
Parola e insegnare nelle chiese fondate o per epistola. Per tutto ciò si serviva
di carismi differenti, a seconda della situazione del momento.
■
Carmela Magliano: Paolo
diffondeva la Parola. {02-11-2013}
▬
Nicola Martella: Se evangelizzare,
proclamare (edificare, ecc.) e insegnare la Parola fossero la stessa cosa,
sarebbe stato inutile dare loro due definizioni diverse e differenziarli negli
elenchi dei carismi.
7. {Salvatore
Paone}
▲
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Contributo:
Secondo la Scrittura, ogni credente, dopo aver ricevuto la rigenerazione
attraverso lo Spirito Santo, riceve dei doni spirituali o carismi come
vogliamo dire. È normale che non parliamo di fenomeni estemporanei, come di
solito alcuni, fraintendendo, impartiscono dei falsi insegnamenti al riguardo. I
doni, come giustamente ha specificato Nicola Martella, non sono la stessa cosa
come i vari talenti umani, che spesso in chiesa non servono o quantomeno
non servono per espletare un servizio di «anzianato»; al contrario servono
doni dello Spirito Santo, per l’edificazione, l’insegnamento, l’esortazione
dei santi in vista del progresso e dell’avanzamento del Vangelo.
Ritornando al tema centrale, sono convinto che,
per conoscere i vari doni o un dono dato, bisogna per prima cosa che si faccia
parte di una chiesa locale, esserne parte integrante e impegnarsi in
essa. Strada facendo, saranno gli altri a riconoscere in te, unitamente
alla tua crescita spirituale, quale sia il tuo dono. Ma ogni credente, nato da
Dio, ha o deve avere uno o più di un dono. {07-11-2013}
▬
Nicola Martella:
Faccio un solo appunto. I talenti naturali
possono essere d’intralcio al servizio voluto da Dio, qualora fanno
insuperbire e rendono la presentazione delle cose del Signore una «sapienza
umana», basata sulla retorica, sul convincimento solo razionale e psicologico e
sulla capacità di impressionare e trascinare gli altri (1 Cor 2,4s). D’altra
parte, i talenti naturali e le capacità acquisite, se messi al servizio del
Signore, possono essere di sostegno al ministero. Chi ha facilità di
apprendere e fare certe cose, perché possiede in merito un dono naturale e una
capacità acquisita, potrà usarli alla gloria di Dio. In seguito, approfondirò e
proporrò a parte questa questione in un tema specifico.
8. {Davide
Incardona}
▲
■
Contributo:
Se si dice di averne uno solo, si è «troppo» modesti; se si dice di
averne tanti, si è «troppo» presuntuosi. Spesso è meglio esercitarli,
senza chiamarli per nome, in modo da non sembrare sempre e solo «troppo».
{07-11-2013}
▬
Nicola Martella:
Certo, meglio esercitare ciò, che si è ricevuto. Tuttavia a una tesi, secondo
cui un credente può avere soltanto un «dono» di numero, bisogna pur
rispondere in modo adeguato, facendo un ragionamento probante con
l’approfondimento biblico. Altrimenti con una cosiddetta «teologia
dell’esperienza» ognuno potrà credere, praticare e insegnare ciò, che vuole;
e così facendo, chi crede alla tesi «un solo dono per credente», specialmente se
è in autorità, porrà gravi pesi e sofferenze sugli altri, impedendo
loro un libero esercizio delle «azioni della grazia» (o carismi), che sente di
aver ricevuto.
■
Davide Incardona: Noto, con
non troppo stupore, che è in atto da tempo una sorta di corsa ai troni.
Una volta raggiunto il posto tanto ambito, si presume di avere come
equipaggiamento spirituale tutti quanti i doni (scritti e non), da
elargire a propria discrezione a quei credenti «fidati», che li useranno, sotto
l’attenta supervisione della «cupola», per il «loro» bene comune. Per loro sarai
solo un visionario, a cui non è permesso di esprimersi, perché sei senza
«cattedra». Intanto, hanno fatto dei doni e dei ministeri una sorta d’ibrido;
ed ecco che a breve si sentirà sempre più spesso parlare di «doni-steri».
{07-11-2013}
▬
Nicola Martella:
«Cari-steri»? J
I carismi sono gli «ingredienti» di
base, con cui poter comporre la relativa «pasta» personalizzata (le
funzioni ministeriali). Il «lievito» è lo zelo. Poi, bisogna far cuocere
tutto nel fuoco dell’esperienza e dell’impegno. Buon appetito,
pardon,
buon servizio!
J
■
Davide Incardona: E buona
di-gestione. {09-11-2013}
9. {}
▲
10. {}
▲
11. {}
▲
12. {Autori
vari}
▲
■
Gianpirro Venturini:
Chiediamoci piuttosto
cosa ne fanno dei doni i «credenti»! Con un minimo di fedeltà dovremmo
assistere a un continuo dono reciproco di tutto e in ogni momento! Non mi sembra
che la situazione di tutte, dico, di tutte le chiese a ogni latitudine sia
questa! {04-11-2013}
■
Rosa Battista: Il credente
ha tanti doni
quanti ne dà lo Spirito Santo, che non deve rendere conto a nessuno della
modalità e della quantità! {07-11-2013}
■
Gianni De Pasquale: Tutti,
senza eccezione, hanno ricevuto almeno un dono. {02-11-2013}
■
Gloria Biancamano: Grazie,
Nicola, è spiegato molto bene la questione dei doni dello Spirito Santo e che
non si tratta di quantità. {02-11-2013}
■
Ivaldo Indomiti: Concordo al
100%. Grazie per la tua spiegazione. {02-11-2013}
■
Francesco D’addato: Non c’è
una regola. Possono essere 1, 2, 3, ma
almeno uno è sicuro. {07-11-2013}
► URL:
http://puntoacroce.altervista.org/_TP/T1-Doni_x-credente_Avv.htm
05-11-2013; Aggiornamento:
11-11-2013 |