Una lettrice ci ha presentato le seguenti questioni.
Caro fratello, vorrei anch’io rivolgerti alcune domande per avere delle risposte
da parte del Signore. È giusto andare alla presenza del Signore con degli abiti,
da dove fuoriesce lo slip, per seguire la moda? O magari con delle gonne molto
corte e cose varie? Attendo risposta e intanto ti ringrazio e il Signore ti
benedica. {Sara Iadaresta Esposito; 7 ottobre 2009} Ad aspetti
rilevanti di tali questioni rispondiamo qui di seguito. |
1. ANDARE ALLA PRESENZA DEL SIGNORE?:
Per prima cosa abbiamo una concezione della devozione con «tare» religiose non
consoni al nuovo patto, quando usiamo l’espressione «andare alla presenza
del Signore» e simili. Nella Bibbia l’espressione «presenza del Signore (o
dell’Eterno)» non è sempre un posto, dove gli uomini vanno. Nel NT tale
espressione non ricorre mai né l’altra affine «presentarsi davanti al Signore».
Se nell’antico patto si intendeva spesso il santuario centrale d’Israele con
tale espressione (ma c’erano anche altri usi), nel nuovo patto la sala di culto
non può essere considerata né il luogo privilegiato per la «presenza del
Signore» né la «casa di Dio».
Nel nuovo patto il tempio non è un luogo, ma è l’assemblea dei credenti in un
luogo, indipendentemente da dove si trovano o si radunano. Il tempio di Dio (o
casa del Signore) sono i credenti nel loro complesso e non un luogo (1 Cor
3,16s; 6,19; Ef 2,21s).
Volentieri ricordiamo agli altri le parole di Gesù, rivolte alla Samaritana,
circa il luogo in cui adorare (Garizim o Gerusalemme; Gv 4,20s). Gesù ribadì
un’altra via, incredibile sia per Giudei sia per Samaritani: «I veri
adoratori adoreranno il Padre in spirito e verità» (vv. 23s).
Gesù promise ai suoi discepoli la sua presenza, indipendentemente dal luogo in
cui si sarebbero trovati: «Dovunque
due o tre sono radunati nel nome mio,
qui sono io in mezzo a loro» (Mt 18,20 il contesto parla della
disciplina ecclesiale). «Ed ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla
fine dell’età presente» (Mt 28,20)
Nel nuovo patto si parla di «tutti quelli che
in ogni luogo invocano il nome del Signor nostro Gesù Cristo,
Signore loro e nostro» (1 Cor 1,2). Paolo voleva che «gli uomini facciano
orazione in ogni luogo, alzando
mani pure» (1 Tm 2,8). Negli unici tre brani in cui si parla di «casa di
Dio» nel NT nel senso del nuovo patto, non si intende una sala di culto, ma la
chiesa stessa quale assemblea e tempio di Dio, ossia le persone: «…affinché
tu sappia come bisogna comportarsi nella casa di Dio, che è l’assemblea del Dio
vivente, colonna e base della verità» (1 Tm 3,15; Eb 10,21 «gran
Sacerdote sopra la casa di Dio»; 1 Pt 4,17 «il giudizio deve cominciare
dalla casa di Dio»).
2. CONSEGUENZE PER L’ETICA DEL NUOVO PATTO:
Al tempo del NT, non c’era differenza fra l’etica usata in casa e quella usata
in «chiesa», ossia nei raduni, che erano in casa.
Non doveva succedere così che se qualcuno si chiamava «fratello», ma faceva cose
sconvenienti, lo si poteva escludere dagli incontri, ma avere relazioni con lui
nella vita «normale». Paolo ricordò ai Corinzi: «V’ho scritto è di non
mischiarvi con alcuno che,
chiamandosi fratello, sia un fornicatore, o un avaro, o un idolatra, o un
oltraggiatore, o un ubriacone, o un rapace; con un tale [simile]
non dovete neppure mangiare» (1
Cor 5,11; cfr. «falsi fratelli» in 2 Cor 11,26; Gal 2,4). Bisogna quindi parlare
dell’etica del corpo e dell’abbigliamento.
Il rapporto col
proprio corpo dinanzi a Dio
Per tali motivi il credente è sempre alla «presenza del Signore», sia in
pubblico che in privato, sia nel mondo che durante i raduni di chiesa, sia nella
devozione pubblica che in quella privata (cfr. Gal 2,20).
Da ciò consegue che la domanda è posta male e si dovrebbe riformularla
così: «È giusto vestirsi con degli abiti, che mostrano parti di indumenti e del
corpo che possono alimentare la concupiscenza negli altri?». La risposta è
chiaramente di no.
Certamente esistono vestiti legati a contesti, ad esempio un abbigliamento da
spiaggia, uno per andare al ristorante, un altro per andare all’opera o a un
matrimonio. Anche in tali contesti bisogna vestirsi come stando «alla presenza
del Signore», ossia con verecondia, pudicizia e moralità, evitando di dare
scandalo e di stimolare la concupiscenza altrui. Come afferma Paolo, le parti
del corpo le meno onorevoli e meno decorose devono essere oggetto di maggiore
onore e di maggiore decoro (1 Cor 12,23). Inoltre, nel modo che agiamo e ci
vestiamo, dovremo rendere conto al Signore. Se diamo scandalo, siamo colpevoli
verso gli altri.
Una genuina conversione si palesa in un mutamento di stile di vita.
Riguardo alla debolezza della carne, Paolo affermò: «Come già prestaste le
vostre membra a servizio della impurità e della iniquità per commettere
l’iniquità, così prestate ora le vostre membra a servizio della giustizia per la
vostra santificazione» (Rm 6,19). Chi è stato rigenerato, non può continuare
a pensare secondo gli schemi del mondo, ma deve rinnovare il suo modo di
pensare; e, se vuole offrire a Dio un «culto razionale», deve presentare il suo
corpo «in sacrificio vivente, santo, gradito a Dio» (Rm 12,1s).
Il proprio corpo
in relazione ai fratelli
Il principio per i «forti», ossia per quelli che ostentano parti del loro corpo
o della loro biancheria intima, verso i «deboli», ossia quelli che sono turbati
da ciò, trova nel seguente brano la sua similitudine: «Ora noi che siamo
forti, dobbiamo sopportare le
debolezze dei deboli
e non compiacere a noi stessi. Ciascuno di noi compiaccia al prossimo nel bene,
a scopo di edificazione» (Rm 15,1s; cfr. 1 Cor 1,27s). Quello che i «forti»
possono reclamare come «diritto» può diventare «un intoppo per i deboli»
(1 Cor 8,9), diventando così colpevoli dinanzi a Dio: «Ora, peccando in tal
modo contro i fratelli e ferendo la loro coscienza, che è debole, voi peccate
contro Cristo» (v. 12). Il principio dei credenti biblici dev’essere questo:
«per non scandalizzare il mio fratello», io desisto da ciò che può essere
per lui una trappola e un motivo di caduta (v. 13).
Il proprio corpo
in relazione alla preghiera
Riguardo al modo di esplicare la propria devozione a Dio, Paolo voleva questo: «Gli
uomini facciano orazione in ogni luogo, alzando
mani pure.
Similmente che le donne si adornino d’abito
convenevole, con verecondia e modestia», ossia nel fare orazione (1
Tm 2,8s). Per questo parlò altrove della velatura del capo per la donna durante
la devozione pubblica, anche a motivo degli angeli, di là se si intendesse un
velo esterno o la chioma femminile (1 Cor 11).
Il proprio corpo
funzione della testimonianza
Oltre all’aspetto dell’essere causa di caduta per gli altri credenti, c’è
l’aspetto della testimonianza dell’Evangelo. A suo motivo, si faceva debole con
i deboli, per guadagnarli a Cristo e salvarne alcuni di loro (1 Cor 9,22s;
11,29).
Pietro ricordò che il credente, sebbene prima della conversione si fosse
comportato come un pagano, ora dove «consacrare il tempo che resta da passare
nella carne, non più alle concupiscenze degli uomini, ma alla volontà di Dio»
(1 Pt 4,2s), sebbene questo porti il disprezzo dei vecchi compagni di via, ma
sapendo che essi renderanno conto a Dio (vv. 4s; v. 7 temperati e vigilanti).
Egli diede la seguente raccomandazione: «Diletti, io v’esorto come stranieri
e pellegrini ad astenervi dalle carnali concupiscenze, che guerreggiano contro
l’anima, avendo una buona condotta fra i
pagani; affinché laddove sparlano di voi come di malfattori, essi, per le
vostre buone opere che avranno
osservate, glorifichino Dio nel giorno che Egli li visiterà» (1 Pt 2,11s).
Egli aggiunse pure che le donne che hanno un marito incredulo, devono
comportarsi così che essi «siano guadagnati senza parola dalla condotta delle
loro mogli», una «condotta casta e rispettosa» (1 Pt 3,1s). Poi parlò
«dell’ornamento incorruttibile dello spirito benigno e pacifico» che deve
caratterizzare le credenti, in contrasto con la lussuria esterna (vv. 3ss).
L’uso del corpo
e la disciplina di chiesa
C’è pure la questione della disciplina di chiesa. Ostentare parti del proprio
corpo e della propria biancheria intima è una forma di fornicazione (porneia
significa anche lussuria). Come abbiamo già visto, Paolo raccomandò di non
mischiarsi né avere comunione con chiunque, sebbene si chiami «fratello» si
comporti da «fornicatore», ossia da lussurioso (1 Cor 5,11). L’apostolo ingiunse
ai fratelli, oltre a «sostenere i deboli», di «ammonire i disordinati» (1 Ts
5,14) e addirittura a ritirarsi «a ogni fratello che si conduce
disordinatamente e non secondo l’insegnamento» e l’esempio ricevuto da loro
(2 Ts 3,6s.11). Questo è il compito dei conduttori, i sorveglianti del gregge
(Eb 13,17), cosa a cui alcuni hanno abdicato per paura di perdere gente nelle
loro comunità. Così tirano su persone che non sono né carne né pesce, né freddi
né ferventi (Ap 3,15s). Essi hanno però l’obbligo che negli incontri di chiesa «ogni
cosa sia fatta con decoro e con ordine» (1 Cor 14,40). Ciò deve valere però
oggigiorno sia nella sala di culto sia nella vita quotidiana.
3. ASPETTI CONCLUSIVI: Un
credente che distribuisce i simboli della cena del Signore in una chiesa
locale, mi ha spiegato l’imbarazzo che a volte ha, passando appunto col pane e
col vino, quando ci sono donne credenti vestite in modo succinto e che lasciano
tracimare le loro sovrabbondanze naturali con molta disinvoltura e senza darsene
pensiero. Chi predica la Parola in varie chiese, deve a volte esercitare
molta disciplina nel concentrarsi sulla Scrittura, quando ha dinanzi a sé donne
con seni molto esposti e poco coperti, con gonne molto succinte, con
abbigliamenti quasi da spiaggia o che esercitano spensierate continui moti di
accavallamento di gambe, con poca sensibilità e decoro verso gli astanti. Altre
volte, ai credenti viene difficile concentrarsi nell'adorare il Signore,
quando hanno dinanzi a sé schiene alquanto nude, pantaloni basi e alquanto
calati, da cui fanno mostra slip o parti del deretano. A ciò si aggiungano, ad
esempio, anche le pance nude ben oltre l'ombelico, vestiti a rete larga e quelli
con varie trasparenze.
Spesso tali persone, perlopiù donne, non hanno nessuno in casa che le istruisca
su
come vestirsi senza essere provocanti ed essere fonte di concupiscenza e
tentazioni per il prossimo. E anche i conduttori
predicano su tante cose «spirituali», lasciando spesso in soffitta proprio
«l’etica del corpo», a cui il NT dà molto spazio. Paolo ricordò: «Ogni
Scrittura ispirata da Dio, è utile a insegnare, a riprendere, a correggere, a educare alla giustizia…» (2 Tm 3,16). Purtroppo, a volte,
sono proprio i conduttori a dimenticarsi di tutto questo.
In casa e fuori casa la norma era solo questa: «Siate irreprensibili e
schietti, figli di Dio senza biasimo in mezzo a una generazione storta e
perversa, nella quale voi risplendete come luminari nel mondo, tenendo alta la
Parola della vita» (Fil 2,15). Ciò valeva sempre, sia nella vita comune, sia
nei momenti, in cui ci si radunava per adorare Dio e per edificarsi insieme (1
Cor 14,26).
Per l'approfondimento si veda in Nicola Martella,
Sessualità e contesti, Sesso & Affini 1 (Punto°A°Croce, Roma
1998), gli articoli: «Il pudore», pp. 224-233; «Decoro e decenza», pp. 234-242;
«Il problema della nudità», pp. 243-246; «La religione dell’apparenza», pp.
247-253; «L’abbigliamento», pp. 254-265; «Provocazione e seduzione», pp.
266-272. |
►
Abbigliamento fra casa e chiesa? Parliamone
{Nicola Martella} (D)
►
Abbigliamento da spiaggia
{Nicola Martella} (D)
► URL:
http://puntoacroce.altervista.org/_TP/A1-Abbiglia_casa_chiesa_S&A.htm
17-10-2009; Aggiornamento: 20-10-2009 |