Entriamo in tema Avere proprie opinioni è legittimo. Presentare la
proprie convinzioni in modo articolato e persuasivo fa parte della libertà
individuale che riflette e s’ingegna. La fissazione su argomenti monotematici
però, oltre a creare una certa monotonia, può allontanare dalla realtà, che è
sempre multipolare e complessa.
La questione assume aspetti preoccupanti quando
l’idea, da cui si parte è una mera semplificazione della realtà. Finché tale
idea era parte della complessità della realtà, aveva la sua ragione d’essere.
Quando però si assurge tale concetto a paradigma per cernere e discernere la
complessa realtà, si rischia di creare una «sovrastruttura ideologica» che, con
le sue semplificazioni, vuole dare una risposta «convincente» alla complessa
realtà, che a volte appare contraddittoria. Dall’idea si arriva all’ideologia.
Quando a ciò si aggiunge l’aspetto compulsivo e ossessivo, ossia tutto ruota
intorno a tale paradigma, si arriva prima o poi a una vera e propria demagogia. Allora non si vede più il mondo reale per quello che è,
ma in funzione di tale idea assurta a «chiave di volta» della realtà stessa.
Questo fa sì che ogni critica mossa a tale concezione viene valutata come un
affronto alla «verità» stessa; chi presenta obiezioni e critiche a tale idea,
diventa immediatamente un nemico da combattere e da abbattere.
Approfondiamo la questione Chi è ormai malato di ideologia, pretende che il mondo
reale corrisponda alla propria valutazione della realtà, e viceversa. In un
confronto perciò non prende sul serio le osservazioni altrui, non è disposto a
riflettere a nuovo sulla questione, a rivedere il realismo della propria
«sovrastruttura ideologica» costruita. Ogni osservazione, ogni obiezione e ogni
critica producono in lui non
una benefica riflessione, ma una radicalizzazione crescente, un’assolutizzazione
maggiore dell’idea diventata paradigma e la convinzione che tale ideologia
rappresenta il punto di svolta nella situazione attuale, la risposta che muterà
le cose. Si pensi qui ad esempio alle forti ideologie del 20° secolo (fascismo,
nazismo, comunismo, liberismo, ecc.). Si pensi qui però anche ai massimalismi
religiosi presenti pressoché in ogni religione (islamismo, sionismo,
ultra-ortodossia, politicizzazione della religione, estremismi, ecc.). Si pensi
qui anche ai massimalismi dogmatici all’interno del cristianesimo (romanesimo,
calvinismo, dispensazionalismo, darbismo, geovismo, ecc.), all’assunzione di
certe dottrine, di stili di vita e di pensiero come segno di «autenticità»
cristiana e l’assimilazione di particolari «contenitori» culturali e dogmatici a
«vero» cristianesimo (hamish, avventismo, carismaticismo, giudeo-cristianesimo,
sionismo cristianizzato, ecc.).
Su varie strumentalizzazioni ideologiche
dell’escatologia ho scritto in «Escatologia
1-2», e cioè in campo dogmatico, politico e filosofico. In questo
sito abbiamo già preso posizione su massimalismi dogmatici quali il «sionismo
cristianizzato», vari riformismi della chiesa di stampo diverso
(giudeo-cristianesimo, neo-calvinismo, spiritualismo gnostico o esoterico) e il
carismaticismo (cfr. anche «Carismosofia»).
Qui di seguito mi limiterò quindi a pochi esempi.
Quando gli «ismi» diventano ideologia Una cosa è parlare di carismi ed averne, altra cosa è
essere seguace del carismaticismo. Una cosa è avere simpatie per Israele e per
il giudaismo, altra cosa è essere seguace del sionismo cristianizzato o
propagatore di un giudeo-cristianesimo anche per i Gentili. Il lungo carteggio
con seguaci di queste direzioni, mi hanno convinto di quanto segue. Ho constatato nel tempo che il tema del giudaismo è una
delle occupazioni prevalenti di chi si è avvicinato al «sionismo
cristianizzato»; in poco tempo da simpatizzante, si diventa seguace e poi
propagatore di un
giudeo-cristianesimo anche per i Gentili. Nel tempo ho constatato che
pressoché qualunque argomento si cominci con loro, si arriva immancabilmente al
presunto «sottotesto ebraico» di un brano del NT o all’interpretazione d’esso
alla luce della Mishna, del Talmud o di uno degli scritti rabbinici. Chi è
entrato nella logica di un sionismo cristianizzato o di un giudeo-cristianesimo
quale modello «biblico» e migliore per tutti i cristiani, vede pressoché il
senso della sua vita e la sua missione nella realizzazione di un
cristianesimo culturalmente e dottrinalmente agganciato al giudaismo. Nel
contatto con alcuni esponenti di tale paradigma, sia io sia altri abbiamo avuto
l’impressione che essi siano rammaricati di non essere nati giudei. Alcuni di
loro si sono messi alla ricerca delle loro eventuali «radici ebraiche» e chi non
le ha trovate, vorrebbe almeno vivere alla giudaica, vorrebbe unire insieme
sinagoga e chiesa. Dal carteggio avuto con alcuni di loro, ho dovuto concludere
che la giudaizzazione del cristianesimo è diventato lo scopo principale del loro
pensiero e delle loro riflessioni. Alcuni di loro hanno fatto della loro
ricorrente presenza a Gerusalemme un’esperienza pressoché mistica. Altri
vorrebbero fare altrettanto, sennonché le finanze non lo permettono. Analizzando i loro scritti, si prende atto che nelle
loro tesi ripetono e codificano continuamente queste loro convinzioni, che hanno
preso oramai i tratti di una vera «sovrastruttura dogmatica». Tutto viene visto
in funzione di tale «radici giudaiche» del cristianesimo e tutto viene ridotto a
ciò, anche a costo di non cogliere l’intera realtà delle cose, di polarizzare ed
estremizzare le questioni, di essere partigiano quanto alla rappresentazione
della storia e della teologia e di fare perciò ideologia. Quando tali questioni arrivano periodicamente
all’attenzione, si può capire che i lettori possano diventare abbastanza stanchi
di affrontare tali temi, presentati ormai con una certa frequenza e quindi, per
così dire, con una certa «ossessione». Constato che in Italia sono pochi coloro
che poi prendono posizione, non volendo esporsi in prima persona o credendo che
una giudaizzazione del cristianesimo sia un aspetto marginale. Perciò mi sono
spesso visto in obbligo di rispondere io punto per punto alle loro asserzioni. Un elemento che mi è saltato all’occhio è che, nel
proseguo del carteggio, non solo tali persone ritornano continuamente alla
carica su tali temi particolari, ma ripropongono le stesse cose già affrontate
come se non avessi risposto loro affatto. Penso che si possa comprendere che,
come detto, si possa diventare esausti al riguardo, anche constatando che
qualunque tema si cominci con loro, si finisce al giudaismo, alla Mishna, al
Talmud, alla cabala, allo Zoar, eccetera. Similmente accade per alcuni altri miei interlocutori:
in qualunque tema essi intervengano, essi deviano quasi sempre nell’occultismo
e/o nel
carismaticismo. In tutti questi casi mi viene da citare il proverbio
nostrano: «La lingua batte, dove il dente duole». Oppure, come recita un
proverbio tedesco: «Chi ha un martello in mano, vede tutto come chiodi».
Di per sé m’ero proposto di glissare su temi
come la giudeo-cristianizzazione e il carismaticismo, poiché sono sempre
ricorrenti e non mi edifica oltremodo di doverli continuamente affrontare. Le
insistenze dei miei interlocutori mi costringono a cercare di mettere un
punto finale a questioni del genere, ma essi ritornano periodicamente
all’assalto. Dove c’è però una militanza partigiana su tali temi, non c’è da
illudersi, avendone essi fatta una specie di missione di vita.
Alcuni elementi di una ideologia Quand’è che un’idea, un’opinione e una convinzione
personale diventa un’ideologia e prende sempre più i tratti di una vera e
propria «sovrastruttura dogmatica»? Quanto qui detto prescinde dal solo
giudeo-cristianesimo e dal carismaticismo. Si tratta di considerazioni riguardo
ad atteggiamenti che riscontro in alcuni siti web e in diverse missive ricevute
da alcuni interlocutori. Qui parliamo dell’approccio ideologico alla realtà e
bisogna intenderlo semplicemente come un campanello d’allarme. Ecco qui di
seguito alcuni punti che bisogna considerare. ■ Chiunque parte da una sovrastruttura dogmatica,
qualunque essa sia, affermerà che la sua sia una questione assolutamente
«biblica», anzi centrale e assolutamente indispensabile per un cambiamento
positivo dello status quo. In effetti, però, metterà insieme tante «pulci»
(falsi indizi, mezze verità, preconcetti, apriorismi, falsi sillogismi) e
costruirà così «elefanti» (ideologie, sovrastrutture dogmatiche)! L’idea di
partenza (un aspetto parziale della realtà, di una dottrina, ecc.) diventa prima
predominante, poi ossessiva e quindi una vera e propria ideologia; a questo
punto, avendogli attribuito il significato di «chiave» e di paradigma della
realtà, ciò può assumere i contorni di una demagogia dai tratti di «senso di
vita» e di «missione». Più si cammina acriticamente in tale solco e più esso
diventa profondo; così si perde il contatto con la realtà concreta. Altri
compagni di via, altrettanto radicali, convinceranno che si sta facendo la cosa
giusta; nasce così il gruppo, la «tribù», il movimento. L’incomprensione da
parte del mondo esterno e altri elementi (avversione, contrasto, ecc.) porta a
compattarsi maggiormente e a credere che si stia nel giusto e di essere
particolari «eletti» con una particolare «missione». Non assoggettati a una
critica oggettiva, tali fantasmi elefantiaci affollano e dominano poi la mente,
prendendo così di vivere una vita propria, talché sembrano reali. Si vive in un
sogno ideale perduto, ma si è magari incapaci di raccordarsi con la concretezza
della vita, con le persone che ci circondano e con un mondo che si perde. In
certi casi ciò sfocia nell’estremismo religioso, in altri in una specie di
«cupola» per soli iniziati.
■ L’ideologia, qualunque essa sia, rende ciechi
e ottusi di mente, come direbbe Paolo, stendendo sugli occhi un velo (2 Cor
3,14ss); essa mette fuori uso il discernimento biblico (1 Gv 4,1) e come abbiamo
visto, lascia vedere «pulci» come «elefanti» o, come ha detto Gesù stesso, fa
colare moscerini e inghiottire cammelli (Mt 23,24). Se qualche nostro amico e
conoscente si dà a una tale «idea forte» e non si riesce a trasmettergli il
necessario realismo razionale e biblico, si assisterà a una crescente
trasformazione nel senso del radicalismo. Allora si assiste che tali persone
hanno una mente ipercritica verso alcune cose, che essi avversano, ma non sono
in grado di avere quel sano criticismo verso le proprie convinzioni, non facendo
valere le eventuali osservazioni e obiezioni degli altri. Allora questi, ad
esempio, pur essendo critico verso i cosiddetti «padri della chiesa» e la
scolastica, non lo è verso il giudaismo
rispettivamente talmudico, gnostico, cabalistico, zoariano, eccetera né verso la
concezione del giudeo-cristianesimo assunta a modello «biblico». Un altro, pur
essendo critico verso i fenomeni gnostici fuori del proprio movimento (medicine
alternative, occultismo, ecc.), diventa subito allergico quando altri fanno
obiezioni al carismaticismo e mostrano aspetti gnostico-esoterici di
alcuni «unti», «profeti», «uomini di Dio», eccetera. È scritto che «l’uomo pneumatico» (ossia chi è
assoggettato al
pneuma o Spirito), avendo la «mente di Cristo», è in grado di giudicare
«d’ogni cosa» (1 Cor 2,15s). L’alternativa è essere «carnali… bambini in
Cristo» (1 Cor 3,1ss), che si fissano su questo o quell’esponente del
cristianesimo, patteggiando per l’uno e avversando l’altro (vv. 4ss),
dimenticando che «nessuno può porre altro fondamento che quello già posto,
cioè Cristo Gesù» (v. 11). ■ Un elemento di una mentalità ideologica è
l’adesione incondizionata a una «sovrastruttura dogmatica» di riferimento (p.es.
romanesimo, calvinismo, arminianesimo, universalismo, carismaticismo,
dispensazionalismo, giudeo-cristianesimo, ecumenismo). Un altro indizio è la
pesantezza
d’animo creata da tali persone, che ritornano in modo prevalente o addirittura
ossessivo sugli stessi temi, aggiustando solo un po’ la mira e portando magari
alcuni nuovi argomenti per una tesi che rimane sempre la stessa. Un altro
elemento di una mentalità ideologica è la difesa ad oltranza di alcuni contenuti
anche dinanzi alle evidenze contrarie, cosa che porta anche a barare
sulla storia, sull’esegesi e sulla dottrina, pur di aver ragione; per fare ciò,
tali persone devono alquanto semplificare sia la storia sia la dottrina,
tagliando fuori ciò che va a proprio svantaggio. Un elemento preoccupante della
mentalità ideologica è la crescente radicalizzazione sulle proprie tesi e una
certa misura di «fissazione» su tali temi chiave, che sono figlie o
dell’isolamento o del fatto che ci si muova solo all’interno di certi ristretti
orizzonti; tutto ciò portano tali persone, come detto, a essere monotematici
e monotoni. Messi alle strette, tali persone imbevute di ideologia
passano a «demonizzare» i loro interlocutori critici, a riprodurre le loro
obiezioni in modo deformato e a minacciare di «giudizio divino» chi fa le
eventuali obiezioni a tale sistema dogmatico; spesso si fa coincidere le
osservazioni critiche dell’altro addirittura con il «peccato contro lo Spirito
Santo», con l’abominio, col «peccato imperdonabile» o con quello che mena a
morte. In certi momenti della storia, quando il potere religioso e politico è
stato nelle stesse mani, si è passati alla persecuzione dei dissidenti (cfr.
l’Inquisizione; cfr. le «teocrazie» cristianizzate).
■ Diramare le «matasse» di tali persone, costa ogni
volta molto tempo e molte energie. Il problema è che più tali persone si radicalizzano nei
loro argomenti e meno credibili appaiono le loro tesi e le loro argomentazioni.
A un certo punto del confronto, può succedere che, dopo aver speso tante energie
e tempo per fare osservazioni e obiezioni alle loro tesi, ti chiedano di
togliere dal sito i loro scritti o ti denigrano su altri siti a tua insaputa. Di
ciò abbiamo già parlato in un altro articolo [►
In rete correttezza o «gioco sporco»?].
► URL: http://puntoacroce.altervista.org/_Cul/A1-Idea_ideologia_MeG.htm
22-10-2007; Aggiornamento: 17-09-2015 |