Un taglio netto alle convenzioni anti-bibliche e pseudo-bibliche, all'ignoranza e alle speculazioni — Ein klarer Schnitt zu den anti-biblischen und pseudo-biblischen Konventionen, zur Unwissenheit und den Spekulationen — A clean cut to the anti-biblical and pseudo-biblical conventions, to the ignorance and the speculations — Une coupe nette aux conventions anti-bibliques et pseudo-bibliques, à l'ignorance et aux spéculations — Un corte neto a las convenciones anti-bíblicas y pseudo-bíblicas, a la ignorancia y a las especulaciones

La fede che pensa — Accettare la sfida nel nostro tempo

«Glaube gegen den Strom»: Für das biblische Unterscheidungsvermögen — «Faith countercurrent»: For the biblical discernment — «Foi contre-courant»: Pour le discernement biblique — «Fe contracorriente»: Por el discernimiento bíblico

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Radici 5-6

 

Bibbia (generale)

 

 

 

 

Oltre alle parti introduttive (Bibbia, AT) e al Giochimpara finale, il libro contiene due parti distinte dell’AT: l’Epoca Babilonese e l’Epoca Persiana. In appendice ci sono tre excursus:
■ I nomi ebraici di Dio
■ Il patto, i patti e i testamenti
■ La Bibbia fra criticismo e modernismo.

 

◘ Ecco le parti principali dell’Epoca babilonese («Libri storici e profetici III»):
■ L’epoca babilonese in generale
■ Sofonia
■ Habacuc
■ Geremia
■ Lamentazioni
■ Daniele
■ Ezechiele
■ Il tempo dell’esilio. 

 

◘ Ecco le parti principali dell’Epoca persiana («Libri storici e profetici IV»):
■ L’epoca persiana in generale
■ Esdra-Nehemia
■ Ester
■ Aggeo
■ Zaccaria
■ Malachia
■ L’epoca intertestamentaria.

 

► Vedi al riguardo la recensione.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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DUBBI SULLA PAROLA DI DIO

 

 di Nicola Martella - Fiorina Pistone

 

 

1.  ENTRIAMO IN TEMA (Nicola Martella): Fiorina Pistone ha fatto un lungo cammino col Signore, il quale l’ha illuminata passo per passo con la sua sacra Scrittura, a seconda della sua disponibilità di accettarla come «Parola di Dio». La gestazione è stata lunga ed è stata opera di Dio; io mi sono limitato a dare consigli scritturali, quando lei me li ha chiesti. Quando Fiorina sperimentò la rigenerazione, Dio le diede molte certezze. La buona pianta rischiava però di essere soffocata dalle zizzanie, seminate dal maligno. Parlando con lei, per certi tratti mi sembrava come uno di quei «bambini sballottati e portati qua e là da ogni vento di dottrina per la frode degli uomini, per l’astuzia loro nelle arti seduttrici dell’errore» (Ef 4,14). L’obiettivo era però giungere «alla piena conoscenza del Figlio di Dio, allo stato di uomini maturi, all’altezza della statura perfetta di Cristo» (v. 13).

     Uno degli ostacoli maggiori è stato il suo cerebralismo critico, il suo intellettualismo «cervellotico» o, come si esprimeva Lutero: la «ragione prostituta», ossia quella che, senza Dio, seduce e aggioga l’uomo alla sua logica limitata, facendolo sentire il metro di misura di tutto. Alla fine di tale subdolo processo, l’uomo si crea un «Dio» a propria immagine e somiglianza. Partire da lì e arrivare al Dio vivente, alla cui somiglianza l’uomo è stato creato, per il credente può essere un lungo, insidioso e tormentato cammino, alla cui fine solo, quando si accetta la disciplina di Dio, c’è il «pacifico frutto di giustizia» (Eb 12,11) presso il Signore, nelle braccia finalmente si riposa fiduciosi. Per conoscere Dio Padre, ci vuole una rivelazione da parte del Figlio (Mt 11,27). È presso di Lui che finisce ogni travaglio e oppressione, anche mentale; prendendo il suo giogo (= signoria) dolce e leggero, si ottiene riposo alla propria psychḗ (vv. 28s).

 

 

2.  ALCUNE PREMESSE

 

2.1.  BUONE NOTIZIE (Fiorina Pistone): Già nel giugno del 2013, dopo averla ricontattata mesi prima, Fiorina finalmente mi scrisse: «Caro Nicola, tra i cinque e i sei mesi fa mi hai invitata a inviarti mie notizie, chiedendomi di dirti qualcosa, che ti rallegrasse. Allora questo non mi era proprio possibile, perché mi sentivo divisa in me stessa tra l’aspirazione a una fede in Gesù veramente ferma e la mia incapacità di accettare tutta la Scrittura. Quest’ultimo aspetto mi appariva ormai necessario per raggiungere lo scopo, ma per me molto difficile, a causa della mia precedente formazione cattolica romana. La Chiesa Cattolica, infatti, dopo il Concilio Ecumenico, conclusosi nel 1964, ha accolto un concetto della Bibbia ispirato in parte alla teologia liberale.

     Con l’aiuto di Dio che ha ascoltato le mie suppliche e con quello dei fratelli e delle sorelle della mia chiesa, sono uscita da questo problema; e ora ho un forte senso di gratitudine verso Dio, che mi ha riaccolta dopo questa tempesta, e verso tutti coloro, che hanno collaborato con Lui nel soccorrermi».

 

2.2.  UN’ANALISI PRELIMINARE (Nicola Martella): Già allora le risposi quanto segue.

 

     ■ L’approccio alla sacra Scrittura: Se non prestiamo fiducia alle basi della fede, quest’ultima sarà sempre tentennante. La testimonianza biblica è arrivata fino a noi: questo è uno dei più grandi miracoli della storia. Non esiste alcun libro al mondo, che abbia così tanti manoscritti (e così antichi) come la Bibbia. Bisogna pensare che i sacri Testi sono stati copiati e ricopiati a mano da persone scrupolose, ma imperfette. All’inizio il testo era tutto maiuscolo e senza vocali (p.es. in ebraico). Qualcuno, ricopiando il sacro testo, ha fatto qualche errore di ricopiatura; altri hanno usato poi tale manoscritto per ricopiarlo. Eppure, se si confrontano tutti i manoscritti a nostra disposizione, come fa la critica testuale, gli errori sono statisticamente irrilevanti, essendo comprensibili e potendo spiegarli e risalire, a buona ragione, al vero senso originario.

     Quindi, la testimonianza biblica, arrivata fino a noi, è un vero dono miracoloso del Signore. È la base della nostra fede, essa non c’inganna e non ne esiste un’altra. Le dottrine degli uomini mutano negli accenti, ma essa, essendo il pensiero di Dio, affidato prima a Israele e poi alla chiesa, rimane la livella per la fede, le dottrine e la prassi dei credenti. Essa corregge le deviazioni umane. Lo Spirito Santo è, per così dire, così incarnato in essa, che da sola è capace di trasformare gli uomini, che la leggono; così è accaduto innumerevoli volte durante il corso della storia.

     Perché Dio ci parli mediante la Scrittura, dobbiamo purificarci dai pregiudizi, che ci sono stati instillati dalle ideologie, dalle dottrine e dalle tradizioni religiose degli uomini. Se la Scrittura viene sminuita, snaturata e così via, la fede si baserà allora sulle mutevoli opinioni degli uomini e allora sarà una costruzione senza vero fondamento e, prima o poi, collasserà.

 

     ■ L’uscita dal tunnel del dubbio: Ricevere la liberazione dal dubbio, è una grazia divina fondamentale e importante. Ciò significa smettere di essere «giudice» della Scrittura e tornare a essa, accettandola per quello che è, ossia come «Parola di verità»; essa, se tagliata rettamente, toglierà la confusione e renderà accetti a Dio (2 Tm 2,15). Allora lo Spirito Santo se ne servirà nei nostri riguardi per «insegnare, a riprendere, a correggere, a educare alla giustizia» e per rendere così ognuno di noi «completo e ben preparato» (2 Tm 3,16). Solo dopo che abbiamo eliminato tute le nostre riserve verso la Scrittura e la riceviamo come dono di Dio, essa potrà equipaggiarci «per il perfezionamento dei santi, per l’opera del ministero, per la edificazione del corpo di Cristo» (Ef 5,12). E allora smetteremo di dipendere dalle opinioni umane, specialmente da quelle alla moda di filosofi dogmatici, che vogliono sedurre con le loro interpretazioni antiscritturali (v. 14).

     Solo allora, con tale fondamento sicuro, lo Spirito Santo potrà servirsi della Parola di Dio per mezzo di noi, per edificare e ammaestrare gli altri con la stessa fede dei credenti dell’AT e del NT, di Cristo e degli apostoli.

 

 

3.  LA TESTIMONIANZA (Fiorina Pistone): Già nell’estate del 2013 le scrissi che tale sua esposizione del travaglio riguardo alla Bibbia e le mie risposte sarebbero state bene in uno scritto per il sito. La invitai a illustrare meglio il decorso di tale combattimento, nelle cause, nella dinamica e nella soluzione. Ora, finalmente, mi è arrivata la sua testimonianza del suo lungo travaglio mentale, spirituale e devozionale, che ella ha vissuto, e la riporto qui di seguito. Ella aveva intitolato la sua attuale testimonianza con un verso biblico: «Dio mi ha fatta risalire dalla fossa» (Giona 2,7).

     Mi chiamo Fiorina Pistone e ho sessantanove anni. Circa quattro anni e mezzo fa, dopo molte conversazioni via internet con Nicola Martella, affiancate, da parte mia, da un lungo periodo d’intenso studio biblico, lasciai la chiesa cattolica per approdare a una chiesa evangelica.

     Penso, però, di dire una cosa esatta, se affermo che, quando ho preso quella decisione, la mia conversione non era completa. Per me la cosa più difficile era riconoscere che tutta la Bibbia è «Parola di Dio».

     La Bibbia dice che Dio è buono e giusto; anzi, Gesù dice addirittura che nessuno è buono tranne che uno solo, cioè Dio (Mc 10,18). Io a questo ho sempre creduto, ma mi sembrava che certe pagine della Bibbia, piuttosto numerose nell’Antico Testamento, fossero in contraddizione con questa verità; per questo a esse non mi sentivo di credere. Queste pagine mi facevano molto soffrire.

     Per questo, quando ero cattolica, mi sembrava giusto quello, che dicevano i biblisti di questa chiesa nelle loro introduzioni e nei loro commenti ai testi sacri, quando sostenevano che le Scritture spesso sono condizionate dalla mentalità del luogo e del tempo in cui sono state scritte. In questo caso, si diceva, occorre liberare il messaggio biblico dai concetti estranei al messaggio di Dio. Solo alcuni dei commenti ai singoli passi, però, spiegavano con esattezza dove, secondo l’autore del commento, finiva la parola dell’uomo e cominciava la parola di Dio. Questo mi obbligava a farmi continue domande, e a porre io stessa dei paletti per stabilire ciò, che dovevo o non dovevo credere. Solo che io i paletti li spostavo continuamente avanti e indietro, secondo gli alti e bassi di quella, che Nicola Martella, rispondendo un giorno (quando ero già uscita dalla chiesa cattolica) a una mia e-mail, definì una «fede ballerina». Egli aveva capito da dove nasceva il mio problema di allora, che consisteva nel non essere certa della salvezza.

     Nei primi due anni dopo la mia conversione, le cose, per quanto riguarda il problema dei paletti, per me non cambiarono.

     Uscita dalla chiesa cattolica, frequentai una prima chiesa evangelica. Qui chiesi a una sorella se la Bibbia in quella chiesa veniva creduta per intero, oppure interpretata. Lei mi rispose: «La Bibbia è perfetta: bisogna lasciarla com’è». Mi sentii profondamente delusa; anzi, abbattuta: nella chiesa cattolica non mi sentivo più di tornare, non avendo più sufficiente fiducia in essa, ma come potevo credere a tante cose della Bibbia, che mi apparivano contrarie al concetto di santità e di bontà di Dio?

     Avvertii su di me una terribile minaccia: quella dell’ateismo, perché mi sembrava, ad esempio, insostenibile il concetto che Dio punisce le colpe dei padri sui figli (Es 20,4). Comunque continuai a frequentare tale chiesa evangelica.

     Quando seppi che a Novara c’era anche la Chiesa dei Fratelli, mi recai in questa chiesa, dove mi resi conto che anche lì la Bibbia veniva considerata perfetta. Ad un certo punto lasciai la prima chiesa evangelica e continuai a frequentare la Chiesa dei Fratelli, che mi appariva dottrinalmente più biblica.

     Ero determinata a essere fedele a Gesù, ma la mia fede, a livello mentale, era sempre piuttosto debole. Io, tuttavia, cercavo di rafforzarla approfondendo le letture bibliche, in genere facendomi accompagnare da qualche testo scritto che mi aiutava a «vedere» cose, che da sola non notavo. Nella mia chiesa c’era uno scaffale pieno di libri a cui attingevo, di tanto in tanto, un nuovo testo.

     Erano ormai circa due anni, che avevo lasciato la chiesa cattolica, quando mi trovai a passare un periodo in cui mi sentivo un po’ giù. Avevo avuto qualche delusione, che mi aveva fatto perdere un bel po’ della mia autostima. Inoltre certi impegni, che mi ero presa, avevano ridotto la quantità di tempo che dedicavo allo studio della Bibbia, e la mia fede si era ulteriormente indebolita.

     In quel periodo riuscii comunque a leggere il libro «L’ispirazione e l’autorità della Bibbia» di René Pache, e in me si era rafforzata la consapevolezza che, se non credevo ad alcune parti dell’Antico Testamento, non potevo fare a meno di dubitare anche di Gesù, perché Gesù aveva dimostrato di tenere tutta la Scrittura nella massima considerazione. Così avevo cominciato a chiedere a Dio di farmi credere a tutta la Bibbia, ma mi sembrava che Dio non volesse esaudirmi.

     Io, abitualmente, m’inginocchiavo a pregare due volte al giorno, al mattino prima della colazione e alla sera, prima di andare a letto. Dopo questi momenti di preghiera mi sentivo tranquilla e serena, ma lungo la giornata i problemi ricominciavano e mi tornavano in mente, in modo ossessivo, i passi biblici, che trovavo meno credibili; e di nuovo la mia mente, come sfuggendo alla mia volontà, considerava questi passi con pensieri d’incredulità.

     Dopo il libro di René Pache, ne lessi uno di un altro autore che, lo seppi successivamente, viene considerato piuttosto estremista. La maggior parte di quel libro mi piaceva, perché l’autore esprimeva una grande fede e devozione. Ma poi arrivai alle pagine, in cui egli commentava 1 Corinzi 11,1-15. L’autore dava di quel passo un’interpretazione esagerata, arrivando a dire non solo che le donne devono portare i capelli lunghi, ma anche che la loro lunghezza deve coprire anche buona parte del corpo. Io ne fui molto turbata: già per conto mio, ricorrendo anche alla consultazione del testo greco, avevo constatato che quel passo non è del tutto chiaro, e difatti esso viene variamente interpretato, e le chiese si regolano in modo diverso tra loro, secondo le usanze che vi si sono instaurate, e secondo le convinzioni dei conduttori. L’idea che Dio potesse chiedermi di portare i capelli tanto lunghi da coprire anche buona parte del mio corpo mi appariva insopportabile. Avevo ormai sessantasette anni e i capelli lunghi non potevano più starmi bene. D’accordo, l’interpretazione di tale autore era probabilmente errata, ma io come facevo a esserne sicura?

     Me la presi con Dio: fino ad allora avevo avuto verso di Lui un atteggiamento sottomesso; come ho già detto, gli chiedevo di farmi credere a tutta la Scrittura, anche se tante pagine suscitavano in me un senso di rifiuto. Cominciai a dirgli: «Signore, io posso accettare che tu chieda ai tuoi fedeli cose, che non mi vanno (credere a certe pagine sgradevoli della Bibbia), ma almeno le tue prescrizioni dovrebbero essere comprensibili, altrimenti come puoi pretendere che io obbedisca?».

     Confidai a un fratello della mia chiesa di avere molti dubbi: lui, basandosi su Ebrei 11,1a («La fede è certezza di cose che si sperano»), mi disse che la fede è certezza, perciò se c’è la fede non ci possono essere dubbi, e io probabilmente non ero mai stata salvata. Dato che in quel periodo ero già piuttosto giù di morale, queste parole mi portarono quasi alla disperazione.

     La cosa nella chiesa si riseppe, e tutti cercavano di tirarmi su. Ma, anche se questa sollecitudine mi dava un certo conforto, nulla era risolutivo, per me, perché nessuno (neanch’io) capiva da dove realmente nasceva il mio problema. Ero piena d’ansia e dormivo sempre meno.

     L’esasperazione mi portava anche a esprimermi con Dio facendo battute sarcastiche, e questo mi dava ulteriori preoccupazioni. Come poteva Dio accettarmi, se non avevo rispetto per Lui? In quel periodo, tutte le pagine per me sgradevoli della Bibbia mi riecheggiavano sempre più ossessivamente nella memoria, e i miei dubbi diventavano sempre più gravi. Nella mia infelicità, sentivo maggiormente le tentazioni e facevo più peccati di quanti ne avessi fatti mai. Pensavo spesso che Dio forse non mi aveva mai voluta. Avevo tanta paura di Lui che desideravo di diventare atea, tuttavia non ci riuscii.

     Per placare la mia ansia, andai da un medico, che mi prescrisse dei calmanti. Non so se furono questi farmaci a rendermi stabilmente più tranquilla, ma a un certo punto mi resi conto che non avevo più bisogno di assumerli, perché il mio animo si era come placato. Tuttavia non avevo risolto il mio problema di fondo: la debolezza della mia fede.

     Allora mi capitava spesso di parlare con un fratello della mia chiesa, che a volte aiutavo ad assistere sua madre. Un giorno gli accennai al mio problema. Lui mi disse: «Tu ricadi sempre nello stesso peccato». Dato che tempo prima lui aveva cercato di consolarmi per i miei dubbi sulla Bibbia, gli risposi: «Mi hai detto che considero il bicchiere mezzo vuoto, anziché considerarlo mezzo pieno». Lui mi rispose: «Non si può evitare che gli uccelli ci passino sopra il capo, ma si può impedire che vi facciano il nido». Questo aforisma lo avevo già sentito altre volte, ma riferito ai pensieri libidinosi. Pensai che forse dovevo trattare allo stesso modo quei pensieri, che provenivano dal mio senso critico, quando mi veniva da applicarlo a qualche passo della Bibbia.

     Pensai anche che probabilmente mi sarebbe servito pregare più spesso, inginocchiandomi davanti a Dio anche a metà giornata, anziché soltanto al mattino e alla sera. E così feci. Riuscii così a evitare di disperdere lungo la giornata quello, che avevo acquisito al mattino: un animo docile e fedele.

     E a poco a poco, riacquistai la mia serenità. Avvertii che la mia fede in Gesù era diventata ben ferma. Ero uscita come da un abisso in cui avevo vissuto il periodo più terribile della mia vita, e sono sempre molto grata a Dio di avermene tratta fuori.

     Nella Bibbia, per me, ci sono sempre pagine sgradevoli (a volte, però, ora qualcuna la capisco un po’ di più, e allora la trovo più accettabile), ma esse non mi rimbombano ossessivamente nella testa come mi succedeva in quel periodo; e non pensandoci troppo, perché tante cose noi non le possiamo capire, cerco di evitare che questo indebolisca di nuovo la mia fede.

     Io penso che Dio, nel periodo di crisi che ho passato, mi abbia volutamente lasciata nelle mani del demonio, per darmi una lezione, e indurmi a lasciare la mia abitudine di «giudicare la legge» (secondo le Scritture la legge è la stessa Bibbia), per affidarmi incondizionatamente e totalmente a Lui.

     Ora la realtà che conta, per me, è che appartengo a Gesù, che mi conduce in verdeggianti pascoli e mi guida lungo le acque calme. Egli mi ristora l’anima (Salmo 23) e mi conduce per sentieri di giustizia. {29-03-2014}

 

 

4.  ASPETTI CONCLUSIVI (Nicola Martella): Tralascio qui di affrontare l’interpretazione massimalista di tale autore relativamente a 1 Corinzi 11,1-15; preferisco dedicarmi al nocciolo del problema di Fiorina. Già nell’introduzione ho mostrato alcune dinamiche del problema; ora, traiamo alcune conclusioni.

     Quante volte ho detto, negli ultimi anni, a Fiorina che coloro, che sono «criticamente cerebrali», pensano di dover capire e controllare col loro giudizio (e pregiudizio) tutto quello, che è la realtà. Essi arriveranno sempre di nuovo alla disperazione perché, ogni qual volta avranno in mano una cerca quantità di tessere della realtà, che sono riusciti a incastrare insieme, e sono arrivati a delle conclusioni, scopriranno sempre più tessere da incastrare, e le loro precedenti sicurezze sono subito minate. Perciò, vivono continuamente nel dubbio, ed esso genera angoscia. Più scavano sulla parte visibile dell’iceberg, e più si rendono conto quanto esso sia enorme e quanto essi sappiano ancora poco; eppure pensano di poter esprimere, di volta in volta, giudizi definitivi. Poi, ritornano i dubbi e, con essi, l’angoscia rispetto a una realtà, che appare loro contraddittoria.

     Alcuni hanno lo stesso approccio con la Bibbia. Essi si fanno giudici della sacra Scrittura. Vogliono decidere, ognuno a modo suo, che cosa sia parola di Dio e che cosa parola di uomini. Tali critici della Bibbia vengono stimati come grandi studiosi. A nessuno viene in mente che essi hanno assunto il proprio soggettivismo, il proprio arbitrio e le proprie opinioni come metro di misura. Confrontando fra loro alcuni di tali critici, ci si rende conto che molti di loro arrivano ad altri risultati, spesso in contrasto fra loro, a seconda della loro scuola d’appartenenza. Alla fine, è più semplice credere a ciò, che «sta scritto», che prendere per oro colato le idee e le interpretazioni di siffatti uomini. Il paradosso di chi li segue è che, più «covano» con la loro mente sulle «pietre d’inciampo», e più si schiudono e si moltiplicano le velenose vipere del dubbio.

     L’uomo in genere e i credenti in particolare non sono in grado di capire la realtà, e neppure se stessi; essi necessitano di rivelazione! Dio si è rivelato progressivamente nei secoli, in situazioni ogni volta reali e specifiche. Voler giudicare con i nostri canoni culturali, assunti a livella e metro, ciò che Dio ha fatto in situazioni specifiche della storia e in altre culture, distanti da noi, è superbia e follia. La sacra Scrittura non si apre a chi la giudica, ma a chi si fida di Dio e la vuole comprendere con fede, rispetto e timor di Dio, per metterne in pratica con fedeltà i suoi santi principi. Similmente a come Dio si è rivelato nella storia, Dio si vuole rivelare progressivamente nel credente, illuminandolo col suo Spirito, svelandogli, a mano a mano che egli si fida di Dio e gli è ubbidiente, i tesori della sua Parola, dandogli discernimento, conoscenza, sapienza e ammaestramento.

     L’apostolo Paolo affermò che lo Spirito, che viene da Dio, permette ai credenti di conoscere le cose, che Dio ha donate loro, per poi parlarne «non con parole insegnate dalla sapienza umana, ma insegnate dallo Spirito» (1 Cor 2,12s). Quindi, possiamo capire della Scrittura solo ciò, che lo Spirito Santo ci rivela d’essa; la rivelazione va di pari passo con la santificazione e l’ubbidienza a Dio. Inoltre, bisogna smettere di essere «cervellotici» e di pretendere di poter controllare la verità e di poter attingere a essa in autonomia; al contrario, bisogna ammettere la propria ignoranza relativa e cominciare fidarsi di Dio. Poi, è infatti scritto letteralmente: «Ma l’uomo psichico non riceve le cose dello Spirito di Dio, perché esse sono pazzia per lui; e non le può conoscere, perché devono essere giudicate spiritualmente» (v. 14). «L’uomo psichico» è l’uomo, che superbamente pretende di poter arrivare alla ragione delle cose con la sua psiche, con i suoi mezzi intellettuali. Tuttavia, proprio lui non possiede le antenne per sintonizzarsi sul «segnale» dello Spirito, per ricevere la rivelazione, che porta a comprendere la realtà e la Scrittura stessa dal punto di vista di Dio, quindi in modo verace. «L’uomo psichico» è come un cieco, che nega i colori e che afferma che ci crederà, solo quando riuscirà a vederli.

     Solo capitolando e ammettendo il proprio limite di comprendere e giudicare le cose, si diventa recettivi per la rivelazione di Dio sulla realtà e sulla stessa sacra Scrittura. Solo allora si potrà fare l’esperienza di Giobbe che, dopo aver tanto disquisito su Dio con i suoi interlocutori, alla fine riesce a vedere Dio, rinsavisce e ammette la sua stoltezza e il limite della sua precedente conoscenza. «Ecco, io son troppo meschino; che ti risponderei? Io mi metto la mano sulla bocca. Ho parlato una volta, ma non riprenderò la parola, due volte... ma non lo farò più» (Gb 40,4s). «Sì, ne ho parlato; ma non lo capivo; sono cose per me troppo meravigliose e io non le conosco. Deh, ascoltami, io parlerò; io ti farò delle domande e tu insegnami! Il mio orecchio aveva sentito parlare di te, ma ora l’occhio mio t’ha veduto. Perciò mi ritratto, mi pento sulla polvere e sulla cenere» (Gb 42,3-6). Solo allora Giobbe cominciò a capire, poiché ammise la sua ignoranza relativa dinanzi al suo Creatore e permise a Dio di rivelarsi a lui, per presentargli un punto di vista più elevato della realtà, quello verace.

     Il credente biblico deve partire dalle convinzioni di Gesù e degli apostoli. Che pensava Gesù dell’AT? Egli lo citava come la Scrittura e ciò, che «sta scritto», ossia che Dio ha scritto. Similmente credevano gli apostoli. Pietro, parlando degli scritti di Paolo, affermò: «il nostro caro fratello Paolo ve l’ha scritto, secondo la sapienza che gli è stata data; e questo egli fa in tutte le sue epistole, parlando in esse di questi argomenti; nelle quali epistole sono alcune cose difficili a capire, che gli uomini ignoranti e instabili torcono, come anche le altre Scritture, a loro propria perdizione» (2 Pt 3,15s). E Paolo affermò: «Tutto quello, che fu scritto in precedenza, fu scritto per nostro ammaestramento» (Rm 15,4). «Ora, queste cose avvennero loro per servire d’esempio, e sono state scritte per l’ammonizione di noi, sui quali è arrivata la fine dei secoli» (1 Cor 11,10). Egli parlò anche del valore pratico degli Scritti ispirati (2 Tm 3,16s).

     Nel nuovo patto è stato rivelato il «mistero», tenuto nascosto nei secoli precedenti. Esso è chiamato pure «mistero di Cristo» (Ef 3,4ss; Col 4,3). Gesù Cristo è, a tutti gli effetti, il «codice segreto» di Dio, che permette di accedere al suo tesoro di conoscenza e per capire anche l’AT (pure nei suoi brani più ostici!). Per questo è scritto che il desiderio di Paolo per i credenti era che essi fossero «confortati nei loro cuori, essendo stretti insieme dall’amore, mirando a tutte le ricchezze della piena certezza dell’intelligenza, per giungere alla completa conoscenza del mistero di Dio: cioè di Cristo, nel quale tutti i tesori della sapienza e della conoscenza sono nascosti» (Col 2,2s). A tale ricchezza di Cristo può accedere solo chi reputa danno e spazzatura ciò, che ha e sa (Fil 3,8).

 

La Bibbia non è tutta opera divina? {Nicola Martella} (T/A)

 

► URL: http://puntoacroce.altervista.org/_BB/A1-Dubbi_Parola_R56.htm

02-04-2014; Aggiornamento:

 

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