■ In
tutto l’Antico Testamento, santità significa «alterità», nel senso di
completa distinzione. Quanti dedicavano la loro vita al servizio della Deità
(sacerdoti) erano «santi», in quanto appartenenti a quella sfera e, quindi,
dedicati completamente a tale scopo. Oltre a questa
santità rituale, esisteva la santità morale
che riguardava l'ubbidienza della Parola di Dio da parte del popolo.
Isaia ha sviluppato questa concezione: la definitiva affermazione del
tale concetto di santità è la definizione «tre volte santo», che fa del
Signore la peggior minaccia per il peccato. {elaborazione: Francesco Bozzi -
rielaborazione e integrazione: Nicola Martella}
■ Questo concetto biblico significa
«speciale», contrapposto a «ordinario» (o profano) e intende nel Nuovo
Testamento che i seguaci di Cristo, i
cristiani, seguendo strettamente i suoi
insegnamenti, si distinguono da coloro che vivono una vita di contaminazione e
di peccato. Ogni vero seguace del Signor Gesù Cristo è «santo», ossia appartato
per Lui in vista della salvezza eterna ed è sua proprietà. Nella pratica «santo»
è chi vive moralmente separato dal peccato e dai peccatori, imitando Cristo
stesso (Eb 7,26 «santo, innocente, immacolato, separato dai peccatori»).
Come affermò il Signor Gesù a Paolo, nel momento della sua vocazione, «santi»
sono coloro che hanno ricevuto «per la fede in me, la
remissione dei peccati e la loro
parte d’eredità fra i santificati»
(At 26,18). Il passaggio è netto: «Come già prestaste le vostre membra a
servizio della impurità e della iniquità
per commettere l’iniquità, così prestate ora le vostre membra a
servizio della giustizia per la vostra
santificazione… Quale frutto dunque avevate allora delle cose delle quali
oggi vi vergognate? poiché la fine
loro è la morte. Ma ora, essendo stati
affrancati dal peccato e fatti servi a Dio, voi avete per frutto la
vostra santificazione, e per fine
la vita eterna: poiché il salario del peccato è la morte; ma il dono di Dio è la
vita eterna in Cristo Gesù, nostro Signore» (Rm 6,19.21ss). Fra le cose
della vecchia vita, Paolo menzionò nella stessa lettera proprio i rapporti
omosessuali fra maschi o fra femmine, dichiarandoli oggetto dell’ira divina (Rm
1,18-32).
Santi e irreprensibili sono sinonimi (Ef 1,4; Col 1,22
+ immacolati), come pure santi e «fedeli fratelli in Cristo» (Col 1,2). È
scritto: «Fornicazione però e ogni impurità o avarizia non siano neppure
nominate fra voi, così come si conviene a dei santi» (Ef 5,3). Quindi i
fornicatori e gli impuri (eterosessuali o omosessuali che siano) non possono
essere «santi». Perciò è scritto: «Come Colui che vi ha chiamati è santo,
anche voi siate santi
in tutta la vostra condotta» (1
Pt 1,5). Si parla anche della «costanza dei santi che osservano i
comandamenti di Dio e la fede in Gesù» (Ap 14,12). Si parla perciò con onore
delle «opere giuste dei santi» (Ap 19,8), paragonate a vesti candide. {Nicola
Martella}
▬ Letteratura
■
A. Motyer, Isaia (GBU, Roma 2002), p. 30.
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► URL:
http://puntoacroce.altervista.org/DizBB/
08-05-2007; Aggiornamento: 08-07-2010
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