1. LE
ASPETTI GENERALI
1.1. IL
LIMITE DELLE TRASPOSIZIONI LINGUISTICHE: Ci sono termini, come «angelo»,
«apostolo» e «profeta», che creano continuamente fraintendimenti. Questo è
dovuto al fatto che essi non furono tradotti in latino, ma semplicemente
latinizzati, creando così molti equivoci. Sulla base della tradizione furono
poi riportati nelle lingue correnti, ossia nel nostro caso italianizzati.
Così succede che, quando sentiamo i termini «angelo», «apostolo» e «profeta»,
pensiamo oggigiorno subito rispettivamente a un essere celeste, a uno dei dodici
apostoli di Gesù e a qualcuno che predice il futuro. Ciò è limitativo e
fuorviante riguardo alla comprensione dell’intero NT.
Se andassimo però ai tempi del NT, ci renderemmo conto che tali termini avevano
un o
spettro di accezioni molto più vasto, erano usati molto più frequentemente
nel linguaggio usuale con altri e più comuni significati e significavano
semplicemente quanto segue: ánghelos «inviato, messaggero», apóstolos
«mandato, incaricato» e profētēs «proclamatore».
1.2. LE
QUESTIONI DI
BASE: Nella Bibbia nelle lingue originali il termine «angelo» non
esiste, poiché il termine ebraico male’ak e quello greco
ánghelos significano in realtà «inviato,
messaggero, rappresentante, mediatore» sia degli uomini (cfr. Pr 17,11; Lc 7,24;
9,52; Gcm 2,25), sia di Dio, tanto uomini di Dio (Ag 1,13 profeta; Mal 2,7
sacerdote), quanto esseri celesti; sono stati i traduttori a inventarlo,
italianizzando il termine greco. Tuttavia, che quegli esseri trascendentali, che
noi chiamiamo «angeli» esistano, pur mancando nella Bibbia tale termine
specifico, è dato dal fatto che essi sono i «messaggeri di Dio» (Gn 21,17;
32,1; Lc 12,8s), «messaggeri del cielo» (Mt
24,36) o «santi messaggeri» (Mc 8,38; Ap
14,10), sono mandati da Lui dal cielo per eseguire i suoi ordini, e al cielo
ritornano, per servire l’Onnipotente (Gn 28,12; Gdc 13,20; Mt 28,2; Lc 2,15;
22,43).
Si veda il paradosso in Malachia 3,1, in cui lo stesso termine è stato
riportato in due modi differenti per un profeta e per il Messia, creando
addirittura la base per la formulazione di una falsa dottrina, secondo cui il
Messia sarebbe stato un «angelo»! Tale verso è da tradurre radicalmente così: «Ecco,
io vi mando il mio inviato, affinché prepari la
via davanti a me. E subito entrerà nel suo tempio il Signore, che voi cercate; e
l’inviato del patto, che voi bramate: ecco,
egli viene, dice l’Eterno degli eserciti».
Il primo inviato è Giovanni Battista (Mt 11,10s gr. ánghelos; cfr. Mc
1,2-4), mentre il secondo è Gesù Messia.
«Angelo» è un
termine tecnico concepito dai teologi, per caratterizzare tali esseri
trascendentali e per distinguere questa categoria da altre (p.es. cherubini,
serafini; sono anch’essi termini italianizzati, che in ebraico significano
qualcosa!).
2. ALCUNI APPROFONDIMENTI
2.1. «ANGELI» MOLTO UMANI:
A volte viene citato Apocalisse 1,20, per parlare di presunti angeli
preposti alle chiese. Tale brano recita come segue: «Le sette stelle sono gli
inviati [ángheloi] delle sette
chiese». Come mostrano i capitoli 2-3, si trattava di responsabili di
chiesa, a cui Gesù si rivolse, distinguendoli dalle relative chiese (i
candelabri). L’espressione «inviati [apóstoloi]
delle chiese» si trova letteralmente in 2 Corinzi 8,23, dove indica «i
nostri fratelli».
Il termine greco
ánghelos
significa «inviato, messaggero, responsabile,
rappresentante»; esso era abitualmente usato
per gli uomini: Mt 11,10 per Giovanni battista (v. 9 profeta); Lc 7,24
discepoli di Giovanni battista; Lc 9,52 inviati di Gesù; Gcm 2,25 i messi
accolti da Raab. Solo il contesto mostrava che si trattata, a volte, di «inviati
celesti»; si veda, ad esempio:
ánghelos
del Signore Mt 1,20.24; 2,19; 28,2 (sceso dal
cielo); Lc 1; 2,9; At 5,19; 8,26; 12,7.23; nei cieli Mt 18,10; 22,30;
dei cieli Mt 24,36; di Dio Lc 12,9s; 15,10; Gv 1,51; At 10,3s; 27,23;
Gal 4,14; Eb 1,6; dal cielo Lc 22,43; Gal 1,8.
2.1. ANGELI UMANI, SÌ APOSTOLI:
In tal senso,
ánghelos
e apostolos
«mandato, inviato, incaricato, ecc.» significavano cose simili; si veda al
riguardo, come abbiamo già indicato sopra, «inviati [apóstoloi]
delle chiese» (2 Cor 8,23), confrontandoli con gli «inviati [ángheloi]
delle sette chiese» (Ap 1,20). Nel NT si usa
apóstolos
solo in riferimento agli uomini (anche per Cristo
rispetto a Dio Padre; Eb 3,1), e cioè in modo assoluto (Rm 11,13) o con la
specificazione del mandante (Cristo Gesù; 1 Cor 1,1; 1 Pt 1,1); tale termine non
fu mai usato per gli esseri celesti. Come abbiamo visto, le cose sono differenti
per
ánghelos, a causa dell’ambiguità del
termine; perciò, si specificava sempre di chi fosse l’inviato (terreste o
celeste), a meno che non fosse evidente nel contesto.
Per l’approfondimento:
■
Sui cosiddetti «angeli» in Apocalisse 2-3 si
veda in Nicola Martella (a cura di),
Uniti nella verità, come affrontare le diversità (Punto°A°Croce,
Roma 2001), nell’articolo «La conduzione quale chiave dell’unità» il punto «4.3.
Le lettere alle sette chiese», pp. 25s.
■ Sugli
esseri celesti si vedano in Nicola Martella,
Manuale Teologico dell’Antico Testamento
(Punto°A°Croce, Roma 2002), i seguenti articoli: «Cherubini», pp. 107ss; «Esseri celesti», pp. 157s; «Figli di Dio
(esseri celesti)», p. 162; «Inviato di Jahwè», pp.
194s.
► URL:
http://puntoacroce.altervista.org/DizBB/ Angeli_inviati_MT_AT.htm
13-07-2011; Aggiornamento: 27-12-2014 |