1. LE QUESTIONI:
Un lettore mi ha posto le seguenti questioni. Ciao, fratello Nicola, pace.
Nell’Evangelo di Matteo il mandato, dato agli apostoli, è di andare due a due
per il mondo a evangelizzare. Oggi questo mandato lo dovremo attuare anche
noi e, se è sì, perché non tutti lo fanno? Grazie.
Qualcuno dice che Filippo è andato da solo, mandato da Dio
a parlare della Parola all’Etiope. Ma in un altro versetto viene evidenziato che
andare a due a due serve anche per il fatto che chi inciampa, viene
sorretto e aiutato dall’altro fratello. {Giancarlo Picchio; 11-11-2016}
2. IL VANTAGGIO DI ESSERE IN DUE: Nella Scrittura viene
evidenziato il vantaggio di essere almeno in due nella vita, nelle
imprese umane e nell’opera del Signore. Salomone elenca alcuni di tali vantaggi
qui di seguito: «Due valgono più di uno solo,
perché sono ben ricompensati della loro fatica. [10] Infatti, se l’uno cade,
l’altro rialza il suo compagno; ma guai a chi è solo e cade senz’avere un
altro che lo rialzi! [11] Così pure, se due dormono assieme, si riscaldano;
ma chi è solo, come farà a riscaldarsi? [12] Se uno tenta di sopraffare chi è
solo, due gli terranno testa; una corda a tre capi non si rompe così
presto» (Ec 4,9-12). Partendo da questo brano bisognerebbe rispondere
di sì alla domanda iniziale.
Ora, però, questo quadro positivo dell’umano consorzio
va bene là, dove ci siano le seguenti premesse fra due persone: accordo,
rispetto e lealtà. Perciò, quello presentato da Salomone è un buon ideale,
specialmente in situazioni negative della vita o per ottenere maggiori
risultati. È fuor di dubbio che due persone insieme producano in simbiosi
più di quanto avrebbero mai prodotto separatamente. D’altra parte, una persona
competente e dinamica si sente sempre limitata da chi è incompetente,
ozioso o petulante, con cui ha fatto società. In certi casi, si ritiene sia
meglio separarsi che stare (sempre) a litigare o a questionare (cfr. Gn
13,7ss.11 Abramo e Lot; At 15,39 Paolo e Barnaba).
In ogni modo, la domanda è questa: «Due camminano
forse insieme, se prima non si sono messi d’accordo?»
(Am 3,3). Interessi contrastanti possono mettere fine non solo a
imprese comuni, ma anche alle amicizie e ai rapporti umani.
Lo stesso vale anche per la coppia quale
micro-società (Gn 2,24). Infatti, il matrimonio può essere fonte di
consolazione nei mali della vita (cfr. Gn 26,67 fu
consolato; 2 Sm 12,24 consolò; cfr. Pr 18,22
bene, favore; 19,14 dono); certo, a meno che non si sposa la persona
sbagliata (Pr 21,9.19 rissosa e stizzosa; cfr. 1 Sm 25,3.25 Nabal
duro e malvagio, uomo da nulla e stolto).
3. APPRENDISTATO E GRANDE MANDATO:
Ora, bisogna osservare che
andare a due a due non esiste come norma nel grande mandato missionario
del Messia, dove Egli dice letteralmente solo: «Andando, fate discepoli tutti
i popoli» (Mt 28,18ss). Perché non impose una norma numerica qui? Perché le
situazioni missionarie sono variegate in tanti sensi; e anche perché non sempre
si trova qualcuno disposto ad andare verso la stessa direzione e destinazione.
È vero che durante l’apprendistato dei Dodici e
dei Settanta, Gesù li mandò a due a due (Mc 6,7; Lc 10,1). Qui, però, si
trattava di andare solo nella loro patria e fra i loro connazionali. E le
premesse e le norme d’ingaggio erano differenti. Infatti, qui tra i loro
connazionali potevano sperare nell’ospitalità; per questo il Messia comandò loro
di non portarsi nulla per il viaggio, ma di godere
l’ospitalità, che avrebbero incontrato (Mc 6,8ss; Lc 10,3.7s). Inoltre tali
discepoli, mandati a due a due, dovevano preparare l’arrivo del loro Maestro,
che stava per arrivare in tale luogo (Lc 10,1). Andando a eseguire tale
incombenza del Messia, non dovevano salutare alcuno per via! (v. 4); questo è
impensabile per un missionario oggigiorno.
Ciò mostra che non si
possono applicare in toto tali norme circostanziate alla missione del
nuovo patto. I discepoli sulla via verso Emmaus, ad esempio, erano sì
due, ma tornavano semplicemente a casa loro e parlarono al «forestiero», che
si aggiunse a loro (Lc 24,15ss). Giovanni lodò Gaio, che si prodigava per i
predicatori itineranti come segue: «Amato, tu operi fedelmente in ciò che fai
a favore dei fratelli che sono, per di più, forestieri. [6] Essi hanno reso
testimonianza del tuo amore, dinanzi alla chiesa; e farai bene a provvedere
al loro viaggio in modo degno di Dio; [7] perché sono partiti a causa del
nome di Cristo, senza prendere alcunché dai pagani. [8] Noi dunque dobbiamo
accogliere tali uomini, per essere cooperatori con la verità» (3 Gv
1,5-8). E anche Paolo ingiunse a Tito questa condotta per la chiesa locale: «Provvedi
con cura al viaggio di Zena, il legista, e di Apollo, affinché nulla manchi
loro. [14] Ed imparino anche i nostri ad attendere a buone opere per
provvedere alle necessità, affinché non stiano senza portar frutto»
(Tt 3,13s). Paolo stesso scrisse ai credenti di Roma, per essere accolto e
sostenuto, affinché raggiungesse la Spagna (Rm 15,24).
Tutto ciò mostra che
dobbiamo distinguere fra il tempo, in cui Gesù era tra i suoi discepoli, e l’era
della missione cristiana.
4. USI VARIEGATI NELLA MISSIONE: Al tempo del NT, quando un
missionario andava in missione, creava una squadra, in cui c’era almeno
un titolare e alcuni collaboratori; così fecero Paolo e Barnaba insieme (At
13,2ss) e ognuno per conto loro (At 15,39s). Paolo menzionò un gran numero di
discepoli, collaboratori e commilitoni, con cui di volta in volta formò delle
squadre missionarie.
■ In campo missionario esiste l’ideale e la realtà.
Non sempre due si concertano insieme per lo stesso obiettivo. Alcuni
missionari sono costretti a lavorare da soli nella messe o magari come
coppia sposata.
■ Ci sono stati tempi, in cui anche Paolo era
rimasto solo (2 Tm 1,15; 2 Tm 4,10.16). Aspettando i suoi collaboratori,
si associò ad altri credenti, trovati casualmente sul posto (At 18,1ss.5.18;
cfr. Rm 16,3).
■ C’erano coloro, che agivano come coppia (1
Cor 9,5; At 18,28; 1 Cor 16,19).
■ Pietro si spostava a volte con Giovanni (At
8,14; cfr. At 3,1.3s.7.11; 4,7.13.19), altre volte da solo (At 9,32.38s).
Bisogna tener presente che Pietro e Giovanni si conoscevano da vecchia data,
provenendo dallo stesso villaggio ed essendo stati soci insieme a Giacomo come
pescatori. Inoltre, Pietro, essendo avanti nell’età, sentiva una certa
responsabilità per Giovanni, che era molto più giovane (cfr. già Gv 21,20ss).
Inoltre, nei brani sopra citati, essi non erano partiti per fondare chiese, ma
agivano come guide della chiesa di Gerusalemme (cfr. Gal 2,9) o come suoi
delegati (At 8,14).
■ Abbiamo già menzionati i «predicatori itineranti»
(3 Gv 1,5ss), che erano una risorsa allora per le chiese, data la carenza di
scritti sacri e di insegnanti fra i molteplici gruppi, che erano spesso
abbastanza piccoli e dispersi. Paolo stesso non solo fondò chiese con Barnaba e
altri, ma intraprendeva dei viaggi fra le chiese ai fini di istruire i discepoli
(At 15,36).
■ Specialmente coloro, che avevano un ministero di
insegnante, potevano agire da soli. Sembra che Apollo avesse un ministero
solitario fra le chiese (At 18,24s.27s; At 19,1; cfr.
1 Cor 16,12), sebbene collaborasse occasionalmente anche con altri
servitori (Tt 3,13; cfr. 1 Cor 3,6). Chi svolgeva un lavoro d’insegnamento
itinerante, operare da solo era più congeniale per lui, visto che aveva più
libertà di movimento.
5. ASPETTI CONCLUSIVI: Da quanto detto sopra, risulta che non
era inusuale che Filippo fosse arrivato da solo presso i Samaritani (At
8,5) e che poi fosse stato usato dal Signore per evangelizzare l’Etiope, che
proveniva da Gerusalemme (vv. 26ss). Filippo, comunque, era un evangelista
della chiesa di Gerusalemme; ciò significa che non si spostava troppo dalla sua
base, ma andava e veniva continuamente da Gerusalemme.
I missionari, invece, andavano via dalla loro
assemblea locale per lunghi periodi, alfine di fondare altrove delle nuove
comunità; qui avere un gruppo missionario o almeno un altro collega (cfr. Paolo
e Barnaba) era più importante. Ora, sebbene sia auspicabile avere degli altri
colleghi nella stessa squadra, nella realtà non è sempre così: ● 1. Non
ci sono abbastanza operai nella messe; ● 2. Non sempre si hanno obiettivi
coincidenti (zone, strategia, ecc.); ● 3. Non tutti coloro, che vengono mandati
in missione, sono adatti per tale compito; ● 4. Non tutti sono capaci di
collaborare in un team.
Aquila e Priscilla, invece, pur non essendo
prevalentemente missionari, ma artigiani, aprivano la loro casa e cominciavano
una chiesa in casa (p.es. a Roma; Rm 16,3); quando venivano cacciati da un posto
(At 18,2) o non c’era abbastanza lavoro nel
loro settore (costruivano tende), si spostavano altrove e ricominciavano
d’accapo (Efeso; cfr. At 18,18s.26; 1 Cor 16,19; 2 Cor
4,19).
Se c’è accordo, rispetto e lealtà, ognuno può
essere di motivazione e sprono per l’altro; allora quest’ultimo, sebbene non
abbia intenzione e voglia di fare qualcosa di particolare al momento, lo fa
insieme a lui per amore dell’altro, per solidarietà, per non deluderlo o per non
lasciarlo solo. Quando c’è sinergia e lealtà ci si integra e si produce
di più che due in posti differenti da soli. Così è anche nel matrimonio.
► URL: http://puntoacroce.altervista.org/_TP/A1-Due_serviz_OiG.htm
21-11-2016; Aggiornamento: |