Caro fratello, ti chiedo riguardo all’«io
sono», che ricorre in Giovanni 18, quando arrestano Gesù. In una giusta
traduzione a che cosa riferisce quell’«io sono»: «io sono qua» in senso eccomi,
o all’«io sono» di Esodo 3? Se puoi aiutarmi, grazie. {Raffaele Repoli;
18-03-2014} |
1. GIOVANNI 18: Esodo 3 fu scritto in ebraico (1400 a.C.
circa). Giovanni 18 fu scritto in greco (1° sec. d.C.). A Gerusalemme e
in Giudea la gente comune parlava aramaico. Gesù in croce «gridò con
gran voce: “Elì, Elì, lamà sabactanì?”; cioè: “Dio mio, Dio mio,
perché mi hai abbandonato”» (Mt 27,46). Gli astanti capirono fischi per
fiaschi: «Costui chiama Elia» (v. 47; cfr. Sal 22). Questo per
farti capire come era difficile già la comprensione di cose usuali in ebraico
per chi parlava in aramaico.
Eccoti alcune riflessioni su Giovanni 18, accompagnate da alcune domande per la
riflessione. Nel Getsemani Giuda venne là con la
gente armata e ostile, per arrestarlo. E vuoi che Gesù facesse discorsi di
teologia sofisticata proprio in tale circostanza di grande stress e
pericolo? Fin dalla deportazione in Assiria prima (722 a.C.) e in Babilonia poi
(586 a.C.), gli Israeliti non dicevano più «Jahwè» (non significa «io
sono», essendo la 3a sg., non 1a sg.), ma «Adonaj»
(Signore). E vuoi che lì si sia svegliato improvvisamente il loro amore per
l’ebraico?
All’affermazione che stavano cercando Gesù il Nazareno, quest’ultimo disse loro:
«Sono io» (v. 5), ossia sono colui, che cercate. Che cosa doveva
rispondere altrimenti, per spiegarlo agli altri? Quando chiese la seconda volta
che cosa cercassero ed essi diedero la stessa risposta, Gesù disse: «V’ho
detto che sono io; se dunque cercate me, lasciate andare questi» (v.
7).
La prima volta, tale gente armata cadde all’indietro, non perché
egṑ
eimí «io sono [Gesù il Nazareno], son io
[quello]» significasse qualcosa di particolare, ma perché conoscevano la sua
autorità, avevano visto i suoi prodigi e temevano per la loro vita,
ritenendolo un profeta di Dio (cfr. Elia che fece cadere il fuoco dal cielo; 2
Re 1,10.12). La seconda volta non cadde nessuno, sebbene Gesù usasse le
stesse parole. Il suo dire «sono io» intendeva mettere al riparo i suoi
discepoli (cfr. v. 9).
2. APPROFONDIMENTI: Già prima, Quando la Samaritana parlò
del Messia atteso, Gesù le disse a conferma: «Lo
sono io, io che ti parlo!» (Gv 4,25s).
Anche dinanzi al Sinedrio, quando gli fu chiesto:
«Sei tu il Cristo, il Figlio del Benedetto?», Gesù rispose: «Lo sono»
(Mc 14,61s; cfr. Lc 22,70).
Inoltre,
Gesù usò tale espressione per rassicurare
(Mt 14,27), confermare chi Egli fosse (il
Messia promesso Gv 8,24.28; 9,9; 13,19), che fosse Lui realmente (Lc
24,39 «sono proprio io»)
e affermare cose specifiche (Gv 8,18 testimone; 11,25
risurrezione e vita; 14,6 via, verità e vita; 18,37
re). Gesù usò tale locuzione per parlare di sé in modo illustrativo
(Gv 6,35.41.48.51 pane; 8,12 luce; 10,7.9 porta;
10,11.14 buon pastore; 15,1.5 vera vite).
3. ASPETTI CONCLUSIVI: La locuzione
egṑ
eimí «sono io; io sono;
lo sono» faceva parte del linguaggio comune,
allora come oggi, senza alcun altro significato. Se si leggono gli Evangeli, ci
si rende conto che la usarono Dio (Mt 22,32), un angelo (Lc 1,19
Gabriele) e varie persone umane (Mt 24,5 falsi
cristi; 26,22 i discepoli; 26,25 Giuda). I
contemporanei di Gesù non pensavano certo di fare così un sacrilegio. Il
verbo essere è da solo o come ausiliario uno dei verbi più usati in ogni
lingua (cfr. egṑ
eimí qui: dove io sono Gv 7,34.36;
dove sono io 12,36; 14,3; 17,24).
Per maggiore approfondimento sullo stesso tema, si veda il seguente
articolo:
Giovanni 18,5-8 e «son io»
{Nicola Martella} (D)
Si vedano
inoltre i seguenti scritti:
►
Giovanni 8 e «io sono»
{Nicola Martella} (T/A)
►
Una «teologia dell’io sono» nell’Evangelo di Giovanni? Parliamone
{Nicola
Martella} (T)
► URL:
http://puntoacroce.altervista.org/_Dot/A1-Sono-io_gramm_OiG.htm
14-04-2014;
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