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1. La tesi
{Fiorina Pistone}
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Caro Nicola, […] ti
mando un testo riguardo al culto dei santi. Sugli altri punti di quest’ultimo
argomento avevamo già discusso sul tuo sito, nel dibattito «Che
pensare del culto a Maria e ai santi?», ed è inutile che mi
ripeta.
Io ho notato che il verbo (proscuneo) utilizzato in Apocalisse 21,8 è lo stesso
d’Apocalisse 3,9. Questo verbo significa «prostrarsi». In Apocalisse 21,9
Giovanni viene rimproverato per essersi prostrato davanti a un angelo, mentre in
Apocalisse 3,9 è Gesù stesso che dice al conduttore della Chiesa di Sardi: «Ti
faccio dono d’alcuni della sinagoga di Satana — di quelli che si dicono Giudei,
ma mentiscono perché non lo sono: li farò venire perché si prostrino ai tuoi
piedi e sappiano che io ti ho amato».
Che cosa significa questo? Tu dici che la Bibbia non fa distinzione tra venerare
e adorare, ma a me sembra che la faccia, perché nel primo esempio il gesto viene
proibito, nel secondo Gesù stesso promette d’incoraggiarlo. Non è il gesto
esteriore (inginocchiarsi, come noi cattolici facciamo anche quando preghiamo
Maria o altri santi) ma è lo spirito con cui il gesto viene compiuto che fa la
differenza. Davanti a Dio un cristiano s’inginocchia offrendo tutto il proprio
essere; davanti a un essere umano egli può inginocchiarsi per onorare quella
determinata persona. Aggiungo che nel Nuovo Testamento il verbo proscuneo è
usato in molti passi ed è utilizzato anche nella traduzione dei Settanta, per
esempio per esprimere il gesto di Giuseppe che si prostra davanti al padre
Giacobbe e in molti altri casi. {14-02-2008}
2. Osservazioni e obiezioni
{Nicola Martella}
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Entriamo in tema
Premetto che il verbo «venerare» e il sostantivo «venerazione» nella Bibbia non
esistono per nulla. Quanto al verbo «prostrarsi» (gr. proskyneō) esso è
usato in differenti contesti e con diversi usi, ma non significa mai «venerare»
in senso religioso, non esistendo tale vocabolo in ebraico e nel greco del NT.
Prima di rispondere alla questioni poste, come mi è proprio, faccio una ricerca
in tutta la Bibbia sul verbo «prostrarsi».
Premetto che tale analisi mi porta a distinguere i seguenti diversi aspetti, che
non bisogna confondere fra di loro: l’uso politico, l’umiliazione sociale, il
costume culturale e l’uso religioso. Per non appesantire questo tema con una
lunga ricerca, metto quest’ultima extra; la si legga comunque prima di
proseguire. [►
Prostrarsi ai tempi della Bibbia]
Approfondiamo le
questioni
Qui rispondiamo alle questioni sollevate dalla lettrice. Come abbiamo mostrato
nell’articolo, l’annuncio di Cristo al conduttore della chiesa di Filadelfia
(non Sardi), secondo cui i Giudei sarebbero venuti a «prostrarsi dinanzi ai tuoi
piedi» (Ap 3,9) non aveva nulla a che fare con un atto cultuale, ma rientrava
nel costume d’allora di umiliarsi
dinanzi all’avversario, pur di sopravvivere. Gesù annunziava in pratica che i
persecutori d’allora (i Giudei) un giorno si sarebbero umiliati socialmente
dinanzi a chi essi stavano perseguitando (il conduttore), quando — mutando tempi
e circostanze — i cristiani avrebbero avuto la meglio.
Il resto dei brani in Ap 4-18 descrive varie scene, in cui gli esseri presenti
in cielo (ventiquattro anziani, quattro creature viventi, angeli, ecc.) e sulla
terra (anzi in tutto il creato) si prostrano
dinanzi a Dio e/o all’Agnello per adorare. Ciò viene accompagnato
da strumenti e vari atti cultuali: cetra, coppe d’oro piene di profumi (=
preghiere), canto, celebrazione cultuale. Qui è un prostrarsi per adorare, come
viene espressamente ripetuto (Ap 4,10s; 5,8ss.14; 7,11).
L’attività dell’apostolo Giovanni non rientrava nel primo caso, ossia
l’umiliazione sociale per sopravvivere dinanzi a un avversario diventato troppo
forte. Essa rientrava esplicitamente nella seconda categoria: prostrarsi ai
piedi di qualcuno per adorarlo! (Ap 19,10; 22,8s). Solo che in tale atto
d’adorazione l’oggetto era sbagliato. Non fu un caso che l’inviato
celeste lo proibì per due volte, indicando la via legittima: «adora Dio!»
Prostrarsi dinanzi a una creatura per fini cultuali è quindi adorazione
spuria (idolatria, paganesimo), poiché l’adorazione spetta legittimamente
solo a Dio. È comprensibile che Giovanni, dinanzi a tante sublimi rivelazioni
avesse perso ormai la «bussola», ossia il controllo razionale, quando per due
volte si prostrò dinanzi all’inviato celeste. La lezione dell’angelo che gli
ingiunse per due volte che bisogna adorare Dio, deve essergli comunque servita,
visto che concluse la sua prima epistola proprio con queste parole: «Figlioli,
guardatevi dagli idoli» (1 Gv 5,21). Paolo osava addirittura affermare: «Quand’anche
un angelo dal cielo vi annunziasse un Evangelo diverso da quello che v’abbiamo
annunziato, sia egli anatema» (Gal 1,8).
Per il cristianesimo apostolico, che proveniva dal giudaismo, non solo era un
abominio rendere il culto o la devozione religiosa a un essere celeste, ma anche
a un essere umano. Quando Pietro arrivò a Cesarea e stava entrando nella
casa di Cornelio, quest’ultimo «fattoglisi incontro, gli si gettò ai piedi e
l’adorò. Ma Pietro lo rialzò, dicendo: “Lèvati, anch’io sono uomo!”» (At
10,24ss). La chiesa apostolica non conosceva e anzi avversava una devozione
religiosa verso i dignitari della chiesa.
Il NT non riporta nessun caso in cui i credenti abbiano offerto il culto,
in qualsiasi forma possibile, a un essere umano vivente o morto o a una creatura
celeste, poiché ciò sarebbe stato idolatria e abominio. Il culto dei santi è
estraneo alla logica biblica. È la cristianizzazione di costumi religiosi dei
pagani nei secoli successivi all’epoca apostolica.
Quanto all’affermazione che non sarebbe il gesto esteriore ma sarebbe lo spirito
con cui il gesto verrebbe compiuto a fare la differenza — questa la tesi della
lettrice — l’analisi biblica non corrobora tale tesi. Lo stesso gesto è
adorazione, se rivolto a Dio; ed è idolatria, se rivolto a dèi, protettori
spirituali, uomini, persone meritevoli e creature celesti. Non sarà la
dialettica a rendere l’idolatria meno grave. Anche nella pratica tale differenza
intellettuale tra venerazione (vocabolo inesistente in ebraico e in greco) e
adorazione non è sostenibile: basta osservare il culto che la maggior parte dei
devoti rivolge a una delle Madonne o a uno dei santi (p.es. padre Pio, san
Gennaro).
Poi perché bisognerebbe «inginocchiarsi per onorare quella determinata persona»,
ossia pregare Maria o altri santi, visto che tale pratica è estranea alla sacra
Scrittura ed è anzi denunciata, come abbiamo visto, come idolatria? L’apostolo
Giovanni ha affermato nell’Apocalisse che stregoni, idolatri e bugiardi, tra
altri, sono destinati allo stagno ardente di fuoco e di zolfo, che è la morte
seconda (Ap 21,8).
Si tenga anche presente che nella sacra Scrittura i redenti morti, fin quando
non risuscitano, sono considerati come impuri e non possono stare alla presenza
di Dio in cielo (contaminerebbero il santuario celeste!), ma aspettano in
Paradiso; quindi, in tale luogo di risposo non vedono e non sentono né Dio né
gli uomini. Per l’approfondimento si veda in Nicola Martella (a cura di),
Escatologia biblica essenziale.
Escatologia 1 (Punto°A°Croce, Roma 2007), la sezione
«Lo stato intermedio», pp. 182-212.
Qui la lettrice dovrebbe rivestire l’onestà intellettuale di chi cerca la verità
che rende liberi (Gv 8,32) e fare una scelta radicale. Oppure continuerà a
trovare altri pretesti dottrinali e religiosi per non mettere in pratica la
Parola di Dio? Chi aggiunge o toglie alla Parola, il proprio giudizio lo ha già
scritto (Ap 22,18s). Diciamo con i profeti, gli apostoli e addirittura gli
angeli: «Adora Dio e
solo a lui
rendi il culto!» (Dt 6,13; 10,20; 1 Sm 7,3; Sal 29,2; Mt 4,10; Ap 19,10;
22,9). Dinanzi al giudizio di Dio, Egli non farà valere le scuse religiose né le
acribie dogmatiche inventate dagli uomini.
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Adorare e venerare? Parliamone
{Nicola Martella} (T)
► URL: http://puntoacroce.altervista.org/_Den/A1-Adorare_venerare_EnB.htm
27-02-2008; Aggiornamento: 21-04-2008
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