1. Entriamo in
tema
Un lettore metteva in guardia contro qualcuno che «usa tale versetto
estrapolandolo dal contesto, facendogli dire che l’apostolo Pietro vuole che
l’interpretazione della Scrittura spetta al magistero romano! Cosa che non è
assolutamente cosi!». Poi, incolonnava diverse traduzioni di 2 Pietro 1,20s e
aggiungeva: «In poche parole Pietro sta dicendo di non usare filosofie e sofismi
vari, perché
la Scrittura è semplice e non ha bisogno di particolare interpretazione. La
Chiesa Cattolica sostituisce completamente le parole per fare dire loro il
contrario». Infine, terminava così: «Il fratello Nicola Martella, che conosce
bene il greco, è pregato d’intervenire, per turare per sempre la bocca a tali
persone!» {Giuseppe Diliberto; 29-08-2013} Visto che non mi ero accorto, che ero
stato chiamato in causa, insistette scrivendo: «Nicola Martella, secondo te,
partendo dall’originale, qual è la traduzione più corretta del brano in
questione?».
2. Le questioni
In 2 Pietro 1,20 la traduzione detta CEI riporta a senso che «nessuna
scrittura profetica va soggetta a privata spiegazione»,
suggerendo che qui si tratti dell’interpretazione delle sacre Scritture e che
essa debba essere esercitata solo da un magistero centrale.
Per capire questo testo,
bisogna comprendere che nel testo greco non si legge «scrittura
profetica» (gr.
profētikḗ grafḗ; cfr. 2 Pt 1,19
profētikós lógos
«parola profetica»), ma profēteía
grafẽs «profezia della Scrittura».
Inoltre, il termine greco profēteía intende semplicemente «proclamazione»
(ispirata), sia quella dei predicatori dell’AT (profeti), sia quella di Gesù,
sia quella degli apostoli e degli altri autorevoli credenti del NT, la quale poi
fu messa per iscritto e ci fu tramandata.
È stata richiesta una mia opinione sulle traduzioni. Non si comprende come la
forma verbale ghínetai (pres. ind. med. 3a sg.)
di ghínomai
«divenire, diventare, accadere, sorgere, apparire» possa essere stata tradotto
con «va soggetta a», stravolgendo l’intero significato del brano; lo
stesso vale per la cosiddetta Nuova Diodati, che riporta «è soggetta a»,
mostrano una chiara dipendenza dalla CEI. Similmente i revisori rispettivamente
della Riveduta e della Nuova Riveduta dovrebbero spiegare sufficientemente da
dove proviene tale «procede da» o «proviene da».
Una simile prevaricazione
dottrinale si trova specialmente alla fine della seguente singolare
parafrasi detta «Traduzione interconfessionale, Tilc», che fa
assolutamente violenza al testo greco: «Soprattutto sappiate una cosa: gli
antichi profeti non parlavano mai di loro iniziativa, ma furono uomini guidati
dallo Spirito Santo, e parlarono in nome di Dio. Perciò nessuno può spiegare
con le sue sole forze le profezie che ci sono nella Bibbia» (Ldc-Abu).
3.
L’approfondimento
Ecco la mia
traduzione letterale e radicale di 2 Pietro 1,20s dal greco: «…sapendo
questo, prima di tutto, che nessuna proclamazione della Scrittura sorge da
spiegazione propria. [21] Infatti, la
proclamazione non fu mai prodotta da volere
d’uomo; ma uomini condotti dallo Spirito Santo parlarono da parte di Dio».
Tali versi esprimono quanto segue. Come abbiamo visto
profēteìa grafẽs «proclamazione della Scrittura» intende ogni
parte della Scrittura, sorta in origine come proclamazione ispirata (profēteúō
intende «proferire pubblicamente», quindi proclamare). In termine greco
epílysis
intende «soluzione, confutazione, spiegazione, chiarimento»). Tale
termine è accompagnato dall’aggettivo ídios «privato, proprio,
particolare, personale, individuale». Quindi, nessun proclamatore biblico
presentò le sue vedute personali.
Quindi, nel momento, in cui i proclamatori (profeti, apostoli) parlarono, essi
non presentarono le proprie interpretazioni delle cose; infatti, ciò che
dissero, non sorse dal volere umano. Ma, quando tali uomini parlarono da parte
di Dio (apò Theũ), ciò avvenne sotto ispirazione dello Spirito Santo (hypò
pneùmatos haghìū), essendo essi «uomini guidati» (ferómenoi ánthrōpoi)
da Lui. Qui non si parla, quindi, dell’interpretazione odierna della Scrittura,
ma del fatto che la proclamazione (e quindi la fissazione per iscritto d’essa)
non proveniva da proprie congetture.
La spiegazione migliore
dell’evento pneumatico la diede allora Gesù ai suoi apostoli: «Quando
vi metteranno nelle loro mani, non preoccupatevi di come parlerete o di
quello che dovrete dire; perché in quel momento stesso vi sarà dato ciò, che
dovrete dire. [20] Poiché non siete voi che parlate, ma è lo Spirito
del Padre vostro che parla in voi» (Mt
10,19s). E ancora: «Quando però sarà venuto lui, lo Spirito della
verità, egli vi guiderà in tutta la verità, perché non parlerà di suo, ma
dirà tutto quello, che avrà udito, e vi annuncerà le cose a venire»
(Gv 16,13). Ciò avvenne proprio così, e poi gli apostoli ci trasmisero le loro
proclamazioni per iscritto.
4. Aspetti
conclusivi
Per il resto, la Bibbia
si spiega con la Bibbia.
Tra coloro che ci hanno
trasmesso le loro proclamazioni per iscritto, c’erano Pietro e Giovanni,
semplici pescatori, di cui i detentori del magistero in Israele (Sinedrio)
dissero che essi erano
«popolani senza istruzione», e perciò si meravigliavano del loro
parlare e riconoscevano che essi erano stati con Gesù
(At 4,13). Essi parlavano e scrivevano con l’autorità, che proveniva dallo
Spirito di Dio. Non si arrogarono la funzione di un magistero centrale.
Gli apostoli ben conoscevano
le parole del Signore, che disse in preghiera al Padre: «Io ti rendo
lode, o Padre, Signor del cielo e della terra, perché hai nascoste queste
cose ai sapienti e agli intelligenti, e le hai rivelate ai piccoli
fanciulli. Sì, Padre, perché così t’è piaciuto»
(Mt 11,25s). Gesù parlava dei suoi discepoli, a cui Egli aveva rivelato se
stesso e il Padre (v. 27).
E, come affermò lo stesso
Pietro, ci sono negli scritti di Paolo e nel resto della sacra Scrittura «alcune
cose difficili
a comprendere, che gli uomini ignoranti e instabili torcono… a loro propria
perdizione» (2 Pt 3,16). Tuttavia, si tratta solo di «alcune cose» e ciò
riguarda dettagli, spesso secondari. Le cose, che attengono alla salvezza e alla
«sana dottrina» sono chiare e evidenti per tutti. Lo stesso vale per le
dottrine centrali del nuovo patto e per la sua etica.
Interpretare le Scritture
non era compito di specialisti, ma di tutti i credenti (1 Gv 2,20.27),
specialmente di coloro che erano maturi nella fede (1 Cor 2,6), avevano
ricevuto un
dono d’insegnamento (Rm 12,7) ed erano chiamati a guidare una chiesa locale
come conduttori (1 Tm 3,2; Tt 1,9).
► URL:
http://puntoacroce.altervista.org/_Den/A1-2-Pietro-1_20s_EdF.htm
04-09-2013;
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