Quando la Legge fu data da Dio mediante Mosè, erano chiari i
confini fra adorazione legittima e idolatria, fra azione divina e magia, fra
parola profetica e divinazione.
■ «Non praticherete alcuna specie di divinazione o di magia. […] 31Non
vi rivolgete agli spiriti, né agli indovini; non li consultate, per non
contaminarvi per mezzo loro» (Lv 19,26.31).
■ «E se qualche persona si volge agli spiriti e agli indovini per
prostituirsi dietro a loro, io volgerò la mia faccia contro quella
persona, e la sterminerò dal mezzo dei suoi popoli. […] 27Se un uomo
o una donna ha uno spirito o indovina, dovranno esser
messi a morte; saranno lapidati; il loro sangue ricadrà su loro» (Lv
20,6.27).
■ L’indovino Baalam (Nu 22,7; Gs 13,22) dovette ammettere: «In Giacobbe non
v’è magia, in Israele, non v’è divinazione;
a suo tempo viene detto a Giacobbe
e a Israele qual è l’opera che Dio compie» (Nu 23,23).
■ Anche nel patto rinnovato con la nuova generazione Mosè diede precetti contro
lo spettro dell’occultismo in tutte le sue sfaccettature (Dt 18,10-14). Si noti
che al riguardo si parla di «abominio» (v. 12), a cui Dio mise in contrasto con
l’essere «integri verso Jahwè» (v. 13). In contrasto con pronosticatori e
indovini, i profeti legittimi dovevano rispecchiare il modello di Mosè («un
profeta come me»; v.15).
Riassumendo, bisogna notare che non si sarebbe trattato di arti occulte
esercitate solo dai pagani, ma di Israeliti che avrebbero divinato e
pronosticato in mezzo al popolo e, non di rado, in nome di Jahwè! Dio però parlò
al riguardo dei seguenti pericoli che sarebbero scaturiti da tali persone:
contaminazione, prostituzione spirituale, abominio, a cui sarebbe seguito un
pesante giudizio storico.
Cominciando dal tempo dei
Giudici (cfr. Gdc 9,37 quercia degli indovini), l’apostasia ha serpeggiato per
tutta la storia d’Israele con una tendenza crescente alla decadenza
spirituale. Gli Israeliti impararono la divinazione dalle nazioni pagane (cfr. 1
Sm 6,2; Is 19,3) e la interpretarono in senso spiritualista con elementi della
religione legittima di Jahwè, sebbene Dio parlasse esplicitamente del «peccato
della divinazione» (cfr. 1 Sm 15,23); perciò, iniziando da Saul (1 Sm 28.3.9),
essi furono cacciati o sterminati da coloro che si volevano attenere alla Legge.
Troviamo personaggi chiave che traviarono spiritualmente il popolo di Dio, ad
esempio Geroboamo I (idolatria e apostasia), Achab e Izebel (religione di Ba`l
accreditata) in Israele; l’idolatra Achaz e l’occultista Manasse in Giuda.
Tra i gravi peccati che
portarono Israele
(Efraim) alla disfatta totale e alla deportazione in Assiria (722 a.C.) ci fu
questo: «Si applicarono alla divinazione e agli incantesimi, e si dettero a
fare ciò che è male agli occhi dell’Eterno, provocandolo a ira» (2 Re
17,17). Non si creda che ciò fosse fatto fuori della religione di Jahwè! Al
contrario, avvenne tutto in modo sincretistico, mischiando l’uno con l’altro.
In Giuda le cose non
andarono meglio. Se non fosse stato per i pochi cosiddetti «re di risveglio»,
l’evoluzione sarebbe stata molto più rapida anche in Giuda. Al tempo d’Isaia,
egli menzionò l’uno accanto all’altro il profeta e l’indovino come figure
accreditate, accanto alle altre, nella vita pubblica (Is 3,2s l’abile
incantatore). E sebbene il profeta indicasse come alternativa la Legge da
consultare, tali medium piamente confezionati (profeti – indovini - incantatori)
venivano normalmente consultati dalla gente (Is 8,19s). Essi comparivano tra il
popolo come «saggi» o «sapienti» che conoscevano cose nascoste e potevano fare
presagi, sebbene Dio li considerasse impostori e insensati (Is 44,25; v. 26
contrasto con i profeti legittimi). Nei culti degli «alti luoghi» la religione
di Jahwè venne mischiata a quella di dèi e patroni locali (ba`alim), a elementi
magico-esoterici piamente interpretati. Anche Michea, contemporaneo di
Isaia, mise le une accanto alle altre visioni e divinazioni, veggenti e indovini
(Mi 3,6s; v. 8 profeta legittimo).
Al tempo di Giosia la Legge di
Dio era stata del tutto smarrita e il ritrovamento di una copia nel tempio,
durante i restauri, innescò l’ultimo risveglio. Tale riforma spirituale durò
poco, perché alla morte repentina di Giosia, l’apostasia e la commistione
spirituale crebbero a dismisura; la fine venne ben presto. In questo periodo
prima della deportazione babilonese, tranne pochi profeti legittimi di Jahwè
(Geremia, Ezechiele), il resto dei «profeti» era composto da indovini che
divinavano in nome di Jahwè!
Questo fenomeno medianico del
falso profetismo scoppiò particolarmente verso la fine del regno di Giuda.
Mediante il suo profeta legittimo, Geremia, Dio denunciò aspramente tali
medium che divinavano nel suo nome e si presentavano come «profeti di Jahwè».
■ «Quei profeti profetizzano
menzogne nel mio nome. Io non li ho
mandati, non ho dato loro alcun ordine, e non ho parlato loro. Le profezie che
vi fanno sono visioni menzognere,
divinazione, nullità, imposture del loro proprio cuore» (Gr 14,14).
Tali «profeti che profetano nel mio nome benché io non li abbia mandati»
propagavano dottrine contrarie all’impianto predizionale della Legge (Dt 28;
30); perciò il loro giudizio sarebbe stato drammatico (Gr 14,15s). Lo stesso
avviene anche oggigiorno mediante tali presunti «unti», «veggenti» e «profeti»:
è un deviare continuo dalla esegesi della Parola a favore di una «teologia
dell’esperienza», basata su uno spiritualismo di diversa genesi! Al tempo di
Geremia, c’erano diverse tecniche per arrivare al responso divinatorio, perciò
Dio disse: «Voi dunque non ascoltate i vostri profeti, né i vostri indovini,
né i vostri sognatori, né i vostri pronosticatori, né vostri maghi… 10Poiché
essi vi profetizzano menzogna…» (Gr 27,9s); e ciò avrebbe avuto pesanti
conseguenze storiche. Quanta somiglianza c’è in ciò con i nostri tempi e con gli
attuali profeti carismaticisti! Perciò, vista la grave situazione d’allora, Dio
ripeté nuovamente: «I vostri profeti che sono in mezzo a voi e i vostri
indovini non v’ingannino, e non date retta ai sogni che fate. 9Poiché
quelli vi profetano falsamente nel mio
nome; io non li ho mandati» (Gr 29,8s).
Sebbene Ezechiele fosse stato deportato, esercitò anche nella diaspora il
suo ministero profetico fedele alla Legge. Anch’egli contrappose l’attività del
profeta legittimo alla «visione vana» e alla «divinazione ingannevole» (Ez
12,24ss; 13,23). Tali profeti «profetano di loro senno» in nome di Jahwè (Ez
13,2), sono «profeti stolti, che seguono il loro proprio spirito» (v. 3),
fanno danno come le volpi (vv. 4s), «hanno delle visioni vane, delle
divinazioni menzognere», le presentano in nome di Dio e «sperano che la
loro parola s’adempirà» (vv. 6ss). Il giudizio annunziato sarebbe stato
pesante (v. 9), nonostante la «divinazione bugiarda» o proprio a causa d’essa
(Ez 21,28s.34).
Anche dopo il ritorno da Babilonia, l’idolatria e la falsa profezia (o
divinazione) continuarono a esistere e furono denunziate. Dio disse mediante
Zaccaria: «Gli idoli domestici dicono cose vane, gli indovini vedono
menzogne, i sogni mentiscono e danno un vano conforto; perciò costoro vanno
errando come pecore, sono afflitti, perché non v’è pastore» (Zc 10,2). Anche
qui Dio annunziò il suo giudizio contro tali capi (pastori) e contro il gregge
(popolo; v. 3; v. 4 contrasto con Messia).
▬ Letteratura■
Nicola Martella,
Manuale Teologico dell’Antico
Testamento
(Punto°A°Croce, Roma 2002), articoli: «Profeta (ambito ministeriale)», pp.
279ss; «Falsi profeti», pp. 281s; «Falsi legittimi», p. 283; «Profetismo:
fenomeno», pp. 283s; «Profezia: proclamazione», pp. 284s.
■
Nicola Martella (a cura di), «Che cos'è
la "profezia"?», Escatologia biblica essenziale.
Escatologia 1 (Punto°A°Croce,
Roma 2007), pp. 21-24.
► URL:
http://puntoacroce.altervista.org/DizBB/Profeti_falsi_AT_MeG.htm
24-10-2007; Aggiornamento:
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